Woody, ci lasci?

Le voci sul suo abbandono della scena sono un’occasione per ripercorrerne la carriera
/ 24.10.2022
di Giovanni Medolago

L’annuncio del suo ritiro dalle scene non ha certo suscitato lo sconcerto provocato dalla decisione di Roger Federer di lasciare i campi da tennis. Anche perché non è stato chiaro e perentorio come quello di King Roger: «Woody Allen non girerà più un film», scrive un quotidiano spagnolo; non è vero, si affretta a ribattere il suo entourage, Woody è solo deluso dall’industria cinematografica ormai fagocitata dai serial televisivi, ma vedrete che tornerà sul set.

Che Allen non nutra molta simpatia per la TV è cosa nota: «Gli americani non buttano mai i loro rifiuti: li trasformano in show televisivi» disse in un’intervista, mentre a J.L. Godard che gli chiedeva cosa pensasse dei film sul piccolo schermo (erano appena apparse le videocassette VHS) rispose: «Il cinema è un’arte, la televisione è un elettrodomestico». Un’avversione che si spiega con le traversie vissute negli studi televisivi, dove iniziò la sua carriera e vide stravolto il suo umorismo. Gli chiedevano di puntare di più su sesso e violenza, temi lontano un miglio dalla sua vis comica; lui se andò sbattendo la porta e rimanendo disoccupato. Fu anche per questo che decise di offrirsi personalmente al pubblico vestendo i panni dello stand up comedian. Reggendosi al microfono per vincere la timidezza, sparava battute come questa: «Sono stato fulminato dalla filosofia leggendo Kant e la sua Critica della ragion pura. Ho subito sentito, d’istinto, d’aver nella testa quello che sarebbe diventato il mio primo bestseller: Critica del torto marcio».

Arriva al momento giusto: gli USA vivono ancora l’euforia della guerra appena finita, si godono l’American Way of Life, il numero di laureati è quadruplicato in pochi anni e non è più di nicchia il pubblico che ride a crepapelle sentendolo confessare: «Mi hanno espulso dal corso di metafisica! Durante un test mi hanno beccato a sbirciare nell’animo del mio compagno di banco». Declina – e rinnova a suon d’ironia – l’umorismo yiddish dei Fratelli Marx. Si accorgono di lui anche i produttori cinematografici, che lo ingaggiano quale sceneggiatore di Ciao, Pussycat, affidandogli una particina accanto a Ursula Andress, Peter Sellers, Romy Schneider e Peter O’Toole. Il film incassa parecchio, ma per lui è un’altra ferita al suo talento e promette a sé stesso che avrebbe continuato nel cinema solo quando gli fosse stato garantito il controllo assoluto su un film. Deve aspettare sino al 1969, ma quando esce Prendi i soldi e scappa è il boom!

Si accorgono di lui non solo i critici cinematografici, bensì pure intellettuali come Umberto Eco («Tenete d’occhio quell’omino lentigginoso», avvertì su «L’Espresso»), entusiasti sia del film sia dei suoi libri umoristici, basati su una comicità che spazia con disinvoltura dai racconti chassidici alle cronache sportive (Woody è un ultras del baseball), da Kirkegaard a Mickey Spillane, dalla psicanalisi agli amatissimi Groucho Marx e Ingmar Bergman, da Antonioni a Fellini. Quando gli chiedono se si considera già un grande comico risponde, col suo classico intercalare: «Beh… ecco… sapete, io ho ancora molto da imparare da Richard Nixon: da anni, col suo show Watergate sta facendo ridere mezzo mondo».

Da allora – e da più di mezzo secolo – Allen regge il ritmo infernale di un film all’anno. Lui dice che così facendo si garantisce il lavoro dei suoi fidati collaboratori: lo scenografo Santo Loquasto, la montatrice Susan Morse, il mago del b&n Gordon Willis e le sue attrici/compagne di vita Diane Keaton e Mia Farrow. Da allora conosciamo i suoi interessi e le sue idiosincrasie: la psicanalisi, la prestidigitazione, il jazz e quell’eterno femminino con cui riesce solo a sprazzi a venire a patti. Gli dobbiamo molti film memorabili: Amore e guerra, forse l’apoteosi del suo umorismo; Io&Annie, unica commedia ad aggiudicarsi ben 4 Oscar; Manhattan; il film nel film La rosa purpurea del Cairo, il suo personale amarcord Radio Days e tra gli altri Un’altra donna. Ha diretto il gotha hollywoodiano, le star facevano la coda pur di apparire in una sua pellicola, almeno sino a quando non sono ri/esplose nei suoi confronti le accuse di molestie sessuali, regolarmente respinte e finite in nulla nei tribunali. Una sua colpa certa? L’averci proposto anche alcune insulsaggini (Vicky Cristina Barcelona, To Rome with Love), girate tanto per far conoscere la Vecchia Europa a sua moglie Soon-Yi.

Tornerà ancora sul set, il buon Woody? Chissà: certo è che, a parte le sbandate dell’industria cinematografica verso la TV, l’anagrafe non è dalla sua parte: il 1° dicembre compirà 87 anni.

A lui i nostri auguri anticipati!