Sebbene il panorama rock angloamericano offra molteplici casi in cui un artista di raro talento è stato negletto in modo pressoché criminale dal grande pubblico, a tutt’oggi il caso di Warren Zevon (1947-2003) appare particolarmente grave. Per chi scrive è infatti inconcepibile che Zevon venga oggi ricordato quasi esclusivamente per la hit Werewolves of London, orecchiabile brano pop che ha finito per offuscare la genialità assoluta di un artista di ben altro spessore; ed è ironico che uno degli sforzi migliori di Warren sia proprio l’album che include quello storico tormentone da classifica, ovvero il capolavoro Excitable Boy – il quale, proprio in questi giorni, ha beneficiato di una ristampa rimasterizzata, condita da bonus tracks, e perfino di una raffinatissima versione su vinile per veri puristi del suono.
E dire che all’uscita di questo disco, nel lontano 1978, Warren Zevon era solo un promettente (e quantomeno eccentrico) giovane cantautore, dalla singolare storia personale: figlio di una mormone e di un tirapiedi mafioso, il geniale Warren (il cui quoziente d’intelligenza era pari a quello di Albert Einstein) si era fatto le ossa nel pianobar di un pub irlandese in Spagna e, soprattutto, come supporter dei leggendari Everly Brothers; e, dopo essere stato scoperto nientemeno che da Jackson Browne, era infine riuscito a incidere il suo secondo album (1976) per la Asylum Records.
Ma quel che, all’epoca, nessuno poteva immaginare era che questo ventenne occhialuto avrebbe portato sulla scena rock statunitense una visione a dir poco unica: refrattario alle mode del momento al punto da preferire alla chitarra elettrica la sicurezza offerta dal pianoforte dei suoi studi classici, dopo i timidi esordi giovanili Zevon stava infatti per trovare la propria voce, contraddistinta da un’ironia a dir poco graffiante e un sarcasmo caustico e spietato. Ancora oggi, il modernissimo Excitable Boy mostra infatti come l’irresistibile cinismo di Warren, accompagnato da un liberatorio anticonformismo, gli abbia permesso di scavalcare a pié pari l’enfatica drammaticità di più celebri contemporanei (su tutti, il «finto proletario» Springsteen) per buttarsi invece su una chiave espressiva totalmente inedita.
Vista sotto questa luce, la title track dell’album appare rivoluzionaria nel suo voler stigmatizzare la tendenza piccoloborghese (non solo americana) a minimizzare, per quieto vivere, i segnali del più grave disagio psichico: il protagonista del brano, dai più liquidato con compassione come un semplice «ragazzo eccitabile», finirà infatti per violentare e uccidere l’amichetta del liceo. L’irresistibile humor nero di Warren fa così di Excitable Boy un album intriso di critica sociale – seppur in una forma mai del tutto apprezzata dal pubblico, forse perché la chiave interpretativa beffarda (eppure acutissima) di Zevon richiede un coraggio che non in molti possono vantare.
Tuttavia, in quest’album come nell’arco di tutta la sua discografia, egli si dimostra in grado di passare con estrema disinvoltura da un registro all’altro: così, accanto a satire dissacranti come Lawyers, Guns and Money (storia di un ragazzo viziato che, continuamente nei guai con la legge, chiede al ricco padre di inviargli «avvocati, armi e denaro» per cavarsi d’impaccio), troviamo pezzi drammatici e struggenti quali la ballata Accidentally Like a Martyr e il misconosciuto Veracruz, incentrato sull’ormai dimenticata occupazione della città messicana da parte degli americani (1914), vista attraverso gli occhi di chi fu costretto a fuggire davanti all’invasore. Per non parlare dell’epico inno rock Roland the Headless Thompson Gunner, versione moderna dell’ottocentesca leggenda del cavaliere senza testa firmata da Washington Irving, il cui protagonista è un mercenario che torna dalla tomba per vendicarsi di chi lo ha tradito durante una missione in Congo. In più, questa versione rimasterizzata contiene quattro tracce extra, che mostrano altre sfumature dell’inesauribile immaginario del cantante: su tutte, la spendida Frozen Notes, piccolo capolavoro di songwriting intimista.
Certo è che, davanti a un album giovanile di tale livello, è davvero difficile spiegare perché Zevon sia stato trascurato dalla critica internazionale – soprattutto quando colleghi del calibro di Bob Dylan, Tom Petty e del già citato Springsteen lo stimavano sinceramente; a questo punto c’è quasi da essere grati per l’esposizione mediatica offerta dalla grave malattia che nel 2003 si portò via l’artista, permettendogli però di ottenere un ultimo guizzo di fama grazie a un magistrale album d’addio. Soprattutto, però, la vera eredità di Zevon, che questa ristampa riporta una volta di più alla luce, è quella della sua personale visione del mondo – destinata a rimanere inconfondibile nel panorama rock non solo americano, ma mondiale; il che dovrebbe essere sufficiente a restituire infine a Warren lo status che merita come uno dei più grandi, e sottovalutati, cantautori di sempre.