Film, fumetti e serie tv, strettamente intrecciati tra loro per sfruttare tutto il potenziale dei supereroi del leggendario marchio. Che il Marvel Cinematic Universe fosse un generatore di prodotti spettacolari lo sapevamo già. Che fosse anche in grado di esplorare forme narrative tutt’altro che stereotipate ce lo dimostra WandaVision. Alla recentissima serie prodotta dai Marvel Studios per Disney+ il compito di aprire in modo sorprendente la fase 4 dell’MCU, quella che con una carrettata di film per il cinema e prodotti televisivi, accompagnerà gli spettatori dal 2021 al 2023.
Wanda Maximoff e Visione: lei una sorta di strega dotata di enormi poteri, lui un androide creato da un’intelligenza artificiale e da forze cosmiche, macchina razionale ma capace anche di innamorarsi. Lo avevamo lasciato morto in Avengers: Infinity Wars del 2018. Interpretati come sul grande schermo da Elizabeth Olsen e Paul Bettany, questi due personaggi secondari della saga supereroistica ora sono protagonisti di uno show tutto loro.
E quando diciamo show, lo intendiamo nel più classico dei modi. Ambientata dopo gli eventi del blockbuster Avengers: Endgame del 2019, la serie si apre infatti in maniera straniante, come una sit-com degli anni Cinquanta e Sessanta: in bianco e nero, in formato 4/3, con episodi iniziali di circa mezz’ora e tanto di risate registrate a sottolineare le ingenue gaffe dei nostri eroi. Invece dei soliti sgargianti costumi, Wanda e Visione vestono i panni di una (quasi…) comune coppia marito e moglie della classe media. Siamo a Westview, un paesino come tanti della provincia americana.
L’atmosfera è quella di serie d’altri tempi come I Love Lucy o il Dick van Dyke Show. Ma richiama anche Pleasantville e Truman Show, visto che già gli ultimi secondi del primo episodio ci suggeriscono che quella che stiamo guardando non è l’unica realtà. Per un attimo tornano i colori e il formato consueto. Qualcuno sta osservando i protagonisti da un altrove non meglio identificato. Si intuirà presto che Westview è una specie di anomalia spazio-temporale. E che fuori dalla cittadina, i governativi stanno monitorando il fenomeno, pronti ad agire…
Di più non sveliamo, né sulle motivazioni dell’azione né sugli altri personaggi. Perché più che nella trama intrigante, più che nella sfarzosa produzione ad alto budget, il punto di forza di WandaVision sta nel modo originale in cui la linea narrativa legata alla sit-com e quella che si svolge fuori da Westview, si intrecciano, si modificano e plasmano il racconto mentre gli episodi (nove in tutto) aumentano di durata e l’una prende il sopravvento sull’altra. La scelta della «modalità sit-com» è saldamente ancorata nella trama dove alla fine tutto torna. Ma è anche un nostalgico e geniale omaggio ai linguaggi televisivi e alla loro evoluzione. Di episodio in episodio si allude a prodotti di vari decenni, ora a Vita da Strega, ora a Casa Keaton, ora a Friends o Modern Family, fino a un finale di serie che, fra botti ed effetti spettacolari ci riporta allo stile Marvel che conosciamo. Tutto questo inserendo persino tematiche più intime: amore, morte, mancanza e perdita, con un tocco che ha del poetico.
Forma (anzi forme, al plurale) e contenuto si sostengono a vicenda. La showrunner Jac Schaeffer – coadiuvata dal regista Matt Shakman – ha fatto uno splendido lavoro nel mettere in piedi un virtuosistico e divertente gioco di prestigio narrativo. Intanto nel Marvel Cinematic Universe quanto seminato in WandaVision proseguirà nel film Doctor Strange in The Multiverse of Madness. Ne vedremo delle belle.