Dove e quando
Dance First. Think Later. Rencontre entre danse et arts visuels, Ginevra, Le Commun, Bâtiment d’art contemporain. Fino al 13 settembre 2020. pavillon-adc.ch


Voglio vederti danzare

Dance First. Think Later, quando danza contemporanea e arti plastiche si fondono
/ 31.08.2020
di Muriel Del Don

La danza e l’arte contemporanea sono da sempre due forme espressive che si nutrono e alimentano mutualmente malgrado funzionino, vengano prodotte e messe in scena in modi molto diversi. Ormai da secoli gli artisti cercano di catturare i corpi in movimento attraverso la tela, la scultura o più recentemente l’installazione e la performance: a partire dal Discobolo (V secolo a.C.), passando per il celeberrimo L’homme qui marche di Giacometti (1960) o ancora le performance video di Bruce Nauman, fino ad arrivare a Tino Sehgal che ha basato tutta la sua produzione artistica sulla creazione di coreografie per musei.

Nel ventesimo secolo molte sono le collaborazioni tra coreografi e artisti visivi: Simone Forti e Robert Morris o Andy Warhol e Merce Cunningham (Rain Forest) negli anni 1960, Pina Bausch e Peter Pabst (Les oeillets de l’espoir) negli anni Ottanta, fino ad arrivare, per esempio, alle più recenti e fruttuose collaborazioni tra il coreografo bulgaro Ivo Dimchev e il monumento dell’arte contemporanea Franz West (I-ON e X-ON) o quella della sempre sorprendente coreografa francese Mathilde Monnnier con il pittore Dominique Figarella (Soapéra, 2010).

Nella creazione di queste opere volutamente ibride e pluridisciplinari, l’artista plastico non è mai un semplice collaboratore del coreografo, ma un vero e proprio co-autore della coreografia e della scenografia. Cosciente dell’impatto che quest’ultima può avere sul pubblico e sulla coreografia stessa, l’artista viene letteralmente inglobato nel processo creativo. Oggigiorno, il legame indissolubile tra queste due forme espressive è oggetto di numerose mostre in musei, spazi d’arte e festival in tutto il mondo, tra queste: Danser sa vie-Art et danse de 1900 à nos jours al Centre Pompidou di Parigi (2011-2012), Judson Dance Theater-The Work Is Never Done al MoMA di New York (2018-2019), Lucina Child/Sol Lewitt alla galleria Ropac di Parigi o ancora Simone Forti alla Kunsthaus Baselland per rimanere nei confini del nostro paese.

Numerosi curatori si sono interessati al soggetto e coreografi famosi, tra i quali la radicalissima Anne Teresa de Keersmaeker (Work/Travail/Arbeid al Wiels di Bruxelles nel 2015), hanno preso d’assalto i musei con progetti creati proprio per questi luoghi. I corpi, concreti e tangibili dei ballerini diventano un tutt’uno con lo spazio espositivo, lo arricchiscono e complessificano permettendo al pubblico di vivere un’esperienza unica e destabilizzante.

Il progetto artistico si iscrive giustamente in questa corrente prefiggendosi di evidenziare i legami tra queste due forme espressive attraverso una selezione di artisti che lavorano principalmente nel campo dell’arte contemporanea, della danza o di entrambe le discipline. Come affermato dal curatore della mostra Olivier Kaeser «il progetto si prefigge lo scopo di riunire i pubblici rispettivi dell’arte contemporanea, della danza e della performance, nonché un pubblico più ampio interessato alla cultura contemporanea».

Fino al 13 settembre Le Commun di Ginevra, in collaborazione con la Maison des arts du Grütli, il Musée d’art et d’histoire, il MAMCO, l’ADC (Association pour la danse contemporaine), il Festival La Bâtie e il sempre controcorrente Cinéma Spoutnik (Usine), accoglierà questo progetto sorprendente, pluri e transdisciplinare che mette sotto i riflettori opere create negli ultimi vent’anni. Il titolo del progetto è ispirato da una citazione di Samuel Beckett (En attendant Godot) diventata con il passare del tempo uno slogan che si può ritrovare su magliette, poster e cartoline postali.

I curatori della mostra sono stati colpiti dal contrasto tra l’uso popolare che si è fatto di questa citazione e il suo contesto originale, nonché dal legame tra «Dance» e «Think». La danza può essere in effetti vista come un’attività popolare e festiva ma anche come un’arte rigorosa e considerata da molti elitaria, gesto di ribellione e rivendicazione o al contrario come mezzo per creare un’identità comune. Insomma, all’interno di questi molteplici significati il corpo umano si pone al centro di una riflessione che va ben al di là della performance fisica diventando vettore di trasformazione politica, identitaria, sociale e di genere.

Per ventitré giorni il pubblico può così scoprire 22 artisti provenienti da 11 paesi, tra i quali sette svizzeri: Alexandra Bachzetsis & Julia Born con il loro video This Side Up, Pauline Boudry & Renate Lorenz che con Salomania ricostituiscono la «danza dei sette veli» del film muto Salomé (1923) di Alla Nazimova, Marie-Caroline Hominal che esporrà per la prima volta le sue opere inedite, La Ribot con un’installazione/performance/danza che darà il via a un ciclo di ricerca che durerà tre anni (Pièce distinguée no.54), Olivier Mosset & Jacob Kassay con un’installazione creata appositamente per la mostra, Samuel Pajand che metterà in scena la sua prima opera e Gregory Stauffer, presente con la première della sua nuova coreografia Sitting.

Tra le opere nuove o create appositamente per l’occasione ritroviamo la performance Clockwork degli artisti statunitensi Gerard&Kelly al MAMCO, una versione inedita per due performer di Re-collection di Alexandra Pirici al Musée d’art et d’histoire, il nuovo progetto dell’artista, poeta e coreografo italiano basato a Parigi Alex Cecchetti che si interessa alle gonne Dervish, una serie fotografica intitolata Self Unfinished creata a partire da una coreografia di Xavier le Roy, un video dell’artista tedesca Melanie Manchot e ovviamente l’attesissima Parade Genève di Marinella Senatore nelle strade di Ginevra.