Come sta accadendo per l’industria cinematografica in generale anche a Locarno c’è un’apertura sempre maggiore verso pellicole inclusive, aperte alla diversità che non temono di raccontare e rappresentare la complessità umana e di genere. Che si tratti di film sui tormenti dell’adolescenza, di storie di donne libere e personaggi queer ribelli o ancora di comunità nomadi dove diventare adulti in totale autonomia, le voci dissidenti hanno marcato a fuoco l’ultima edizione del Locarno Film Festival. Numerosi infatti sono stati i film selezionati che hanno saputo raccontare storie di eroi e anti eroi assetati di esperienze comunitarie che si scostano dal modello eteropatriarcale.
Tra queste ritroviamo Patagonia, il film potente e toccante del giovane regista italiano Simone Bozzelli (nella foto) presentato al Concorso internazionale. Giovane speranza del cinema italiano contemporaneo, Simone Bozzelli è stato scoperto dal pubblico e dalla critica grazie ai cortometraggi Amateur e J’ador, presentati alla Settimana della critica di Venezia e Giochi, selezionato nel concorso Pardi di domani del Locarno Film Festival, senza dimenticare il videoclip dei Måneskin I Wanna Be Your Slave. Patagonia mette in scena Yuri e Agostino, una coppia improbabile di amici-nemici, amanti e rivali che si nutre di piccoli momenti di tenerezza vissuti all’interno di una comunità di outsiders che ha scelto di vivere al ritmo della musica techno. Il primo lungometraggio di Bozzelli si insinua sotto pelle, tocca nel profondo con la forza devastante di un uragano. I personaggi che mette in scena rifiutano ogni via di fuga normativa, non si scusano per il fatto di essere violentemente diversi, al contrario si nutrono delle piccole rivoluzioni del quotidiano esibendo con fierezza le cicatrici che hanno sul corpo e le esperienze di vita che marcano per sempre.
Anche Of Living Without Illusion, della giovane regista svizzera Katharina Lüdin, è incentrato su una relazione tossica che di dipendenza che si autoalimenta. Il suo primo lungometraggio possiede una strana e disperata forza distruttiva che si insinua in una relazione d’amore ormai diventata campo di battaglia. Sebbene Merit e Eva, le due protagoniste di Of Living Without Illusion, si consumino mutualmente, Lüdin non le giudica, ne osserva da vicino le reazioni evidenziandone i punti d’ombra ma anche riconoscendo il coraggio delle loro scelte. In bilico tra violenza e ricerca ossessiva di tenerezza, Merit e Eva si distruggono per poi ritrovarsi, cercano di tracciare la loro strada basandosi su regole che, benché insensate, appartengono a entrambe.
Ad affrontare senza tabù una relazione che si prende gioco delle norme sociali ci ha pensato anche Claudia Rorarius con il suo Touched. Storia crudele ma magnetica come il canto di una sirena, Touched narra il rapporto d’amore tormentato tra l’infermiera sovrappeso Maria e il suo paziente disabile Alex. In modo pressoché coreografico, Rorarius mette in scena un desiderio che si ribella alle norme sociali basandosi esclusivamente sulle sensazioni brucianti che legano due esseri che si riconoscono nella diversità. Decisamente non convenzionale è anche la relazione tra l’omicida seriale Mads Lake e la sua psicoterapeuta Anna Rudebeck, protagonisti dello struggente e lynchiano What Remains dell’artista cinese Ran Huang. Con inquietante poesia Huang riesce a trovare la luce anche nei luoghi più bui della mente umana.
Improntati sugli scombussolamenti dell’adolescenza sono invece Excursion di Una Gunjak – regista originaria della Bosnia Erzegovina – e La morsure del giovane regista francese Romain de Saint-Blanquat. Sostenuto da un cast di attori alle loro prime armi, Excursion mette in scena un’adolescente che, innamorata di un ragazzo più grande racconta ai suoi compagni di classe di aver fatto sesso con lui. Invischiata sempre più in bugie che pesano come macigni, Iman inventa di essere rimasta incinta diventando così la protagonista di una vera e propria caccia alle streghe. Excursion è la storia di una ragazza libera che sfida con coraggio le regole assurde della società nella quale vive. Con La morsure torniamo invece indietro nel tempo, negli sfavillanti anni Sessanta, tra le mura di un collegio gestito da suore fanatiche nel quale due (anti)eroine moderne danno il via alla loro personale rivoluzione. Decise a vivere intensamente la loro gioventù, Françoise e Delphine non intendono piegarsi alle restrizioni imposte alle ragazze della loro epoca, al contrario, spinte da una sete d’esperienza che non le abbandona mai, si addentrano nel buio della notte come se il domani non esistesse.
Liberi e coraggiosi, questi film partecipano alla costruzione di narrazioni alternative che sfidano la pericolosa tendenza attuale alla normalizzazione.