«È così difficile scrivere che capisco Nadal, il tennista, con tutti quei gesti. Anch’io ho bisogno di rituali per scrivere: indosso scarpe pesanti, dispongo le matite in fila sulla scrivania e faccio tanti altri gesti autistici». È fatto così Marco Missiroli: è un gigante di 190 centimetri con un bella barba e un animo così candido da svelarti i segreti della sua letteratura. «Per rilassarmi ad esempio, confessa, passo un po’ di aspirapolvere per casa». I risultati di tanta «ritualità» sono una letteratura precisa, pagine di profonda umanità come quelle di Fedeltà (Einaudi, 2019). Il successo letterario – già tradotto in 32 lingue e diventato una serie di Netflix – in cui Missiroli narra per filo e per segno quell’avventura chiamata amore, e la magmatica pasta dei sentimenti nel 21esimo secolo.
Siamo a Milano. I protagonisti sono Carlo, professorino precario (e in crisi) di quella materia chiamata «scrittura creativa». E Sofia, una sua studentessa, con la quale un giorno – nei bagni dell’università – accade qualcosa, ma neanche loro due sanno bene cosa. Un po’ come la storia in cui scivola la moglie di Carlo, Margherita, donna forte, decisa, proprietaria di un’agenzia immobiliare. Ma che soffre di una grave infiammazione inguinale. Che la porta nelle mani di Andrea, giovane fisioterapista, bellissimo quanto oscuro e riservato (ma non tanto). Il quadrato entro cui si dipana la storia piena di desideri e rimorsi di Fedeltà è tutto qui. Saranno i cellulari o l’impatto di internet nelle nostre vite, «ma di fatto la fedeltà, spiega Missiroli, è un valore che oggi ricorda l’unicorno o la mosca bianca. Viviamo un’epoca di rapporti disgregatissimi, un’era non valoriale». E le storie ambigue di Carlo e di Sofia, di Margherita e Andrea – in cui passioni certamente nascono, ma di che tipo è difficile dire – rivelano, continua Missiroli «l’incertezza della nostra epoca. Il mio è un libro di dubbi, non di corna; un purgatorio intimo, di contrizioni e pentimenti dei protagonisti». Sono le ombre del dubbio, le perplessità che Carlo e Margherita hanno vivendosi le loro storie (sia di fedeltà che tradimento) il motivo del successo del romanzo. Che parte da una storia vera, realmente accaduta alla moglie di Missiroli. «Mia moglie ebbe realmente quell’infiammazione e fu veramente colpita dal giovane fisioterapista, e mi confidò il suo turbamento. Così mi venne l’idea di un racconto del dubbio che aleggia nella coppia, con la domanda terribile: ma avrà consumato o no? Sì, è il dubbio lo spirito del mio romanzo».
Certo, poi Netflix ne ha fatta una serie in sei puntate. Ma in che rapporto si trova l’immaginario della letteratura con le storie su Netflix & Co? «Per me Fedeltà era un libro non-girabile, risponde Missiroli. Nella serie hanno creato una struttura di grande velocità e godibilità. Mi dispiace però che così ne abbiano reso consumabili i personaggi. In questo senso non sono stati fedeli al romanzo, né per ragioni cinematografiche potevano esserlo». Quello che invece c’è di più reale, di tangibile nel romanzo è Milano. «Sono arrivato qui nel 2005 e per i primi tre anni ho odiato Milano, confessa Missiroli. Oggi però nutro un amore profondissimo per questa città. Alla fine l’unica vera salda architettura di questo romanzo sui dubbi è Milano». Il che è vero sino a un certo punto. Missiroli infatti è nato a Rimini, e quel suo modo così autoironico e aperto di raccontare viene da lì, dalla grande pianura, dal mare, dalla Romagna. Come Sofia che in Fedeltà volta le spalle a Milano, a Carlo, e se ne torna a Rimini. Possiamo ora discutere all’infinito sulle fonti di questo romanzo. Nelle ambiguità dei protagonisti ad esempio quanto è forte la delicata psicologia di Schnitzler? «Sì, conferma l’autore, la traccia di Doppio sogno c’è perché quel testo di Schnitzler si muove fra due binari paralleli. La coppia da un lato, e ciò che noi intenderemmo, al condizionale, della coppia. Come Fedeltà, tutto basato sui condizionali».
L’altra linfa del racconto sono i dialoghi così serrati, diretti (e carichi di dubbi) fra Carlo e la moglie, con Andrea e Sofia. Alla fine però il pilastro su cui poggiano tutte le reticenze e ombre dei più giovani è Anna: la madre di Margherita, una donna che ha passato una vita a cucire vestiti nel suo appartamentino-laboratorio al Giambellino. «Anna, spiega Missiroli, ha le idee chiare perché è alla fine del suo percorso, ed è il faro che illumina gli altri che le si muovono intorno nella nebbia dei sentimenti. Anna è un nome palindromo, abbraccia passato e futuro e quando compare lei la storia si rilassa». Il bello è che anche Anna, come la nevralgia al pube da cui parte il romanzo, è figura reale. «Sì, Anna è ispirata a una sarta che accomodò l’abito della signora Marella Agnelli, facendola salire nel suo appartamentino del Giambellino».
Così nel romanzo le generazioni e i loro modi di viversela, la vita, con tutte le passioni, gli errori e tradimenti si intrecciano fra loro. «È questo il motore di Fedeltà, spiega Missiroli, una storia che si chiede quali valori passino fra le generazioni, a quali si resta fedele e quali vengono dimenticati». Margherita e Carlo acquisteranno un bell’appartamento, in parte con i soldi dei genitori. E quel loro garbuglio sentimentale, almeno in parte, si rischiara, «anche grazie a un ricatto economico, dice l’autore, dei genitori». L’eterno incontro/scontro quindi fra passato, presente e futuro. Le forme che cambiano nel modo di gestire la follia dell’amore: il papà di Margherita ad esempio, un arcigno ferroviere, aveva una passione segreta (Anna ne trova le cartoline dell’amante in cantina). Mentre Carlo e Sofia si scambiano messaggini veloci fra una lezione e l’altra. Internet e i cellulari stanno radicalmente modificando le nostre «fedeltà», cambiando forme ad amori e passioni, e inseminando incertezze profonde. Ma non solo. La letteratura infatti continua a esistere, a resistere anzi con giovani autori come Missiroli. Ed è proprio questo il compito degli scrittori nell’era digitale. «La sfida della letteratura sta nella sua non istantaneità, conclude Missiroli, nel puntare oltre al clic dei messaggini per ricostruire delle storie a lungo raggio. Per certi scrittori anche la letteratura deve essere digeribile, la fotografia della nostra epoca. Ma non sono d’accordo: bisogna ricostruire e recuperare anche quegli archetipi che si stanno perdendo. La letteratura è interessante se non è subito consumabile e digeribile». Come le pagine di Fedeltà, che ci intrigano nonostante e forse grazie ai loro dubbi.