Vincoli umani inscindibili

Ritorna il progetto di Ravenna Festival «Vie dell’amicizia»: quest’anno, partendo da Paestum, l’attenzione e i pensieri vanno alla Siria e alle lotte del popolo curdo
/ 29.06.2020
di Giovanni Gavazzeni

Lo scorso anno avevamo compiuto il pellegrinaggio culturale e morale delle «Vie dell’amicizia», il progetto di Ravenna Festival che dal 1997 visita luoghi simbolo della storia antica e contemporanea, con Riccardo Muti al Teatro di Erode Attico ad Atene. Fu l’occasione per sperimentare l’emozione di un luogo così bello e storicamente fondante. Il maestro Muti, alla conclusione del concerto aveva domandato: «Cosa significa Europa senza l’Italia e senza Grecia?» La risposta fu un boato di grida e di applausi, la più bella replica alle pantomime di tanti euro-isolazionisti e fautori delle varie «exit». In quell’occasione si ricordò che «Europa», fra i vari significati del nome, ha quello di «ampio-sguardo» e che furono i Greci a chiamare così le terre a nord dell’isola di Creta, in omaggio alla fanciulla rapita e amata da Zeus, poi moglie del re dell’isola.

Le Vie dell’amicizia in questo anno doloroso ripartono verso la Magna Grecia, legando Ravenna a Paestum, la straordinaria sub-colonia fondata dai sibariti, che non erano altro che achei provenienti dal Peloponneso, dove sorgono tre templi straordinari dedicati a Poseidone e ad Era. Guidati da Riccardo Muti, i musicisti dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini accoglieranno fra le proprie fila colleghi siriani nelle due date, venerdì 3 luglio alla Rocca Brancaleone di Ravenna e domenica 5 luglio, a Paestum, che al sito siriano di Palmira – mutilato dal terrorismo – è unita dal comune passato Romano, dal riconoscimento UNESCO e dal più recente gemellaggio.

Così a Paestum, attraverso Paestum, Le Vie dell’amicizia raggiungono la Siria. Infatti la dedica di questa edizione alla nazione martirizzata siriana vuole ricordare anche alcune figure emblematiche come quella dell’archeologo Khaled Al-Asaad, per decenni direttore del sito siriano di Palmira, vittima dell’Isis, a cui si era opposto: esempio di dignità, resistenza e amore per la cultura in circostanze drammatiche.

Non si dimentica nemmeno la giovane segretaria generale del Partito del Futuro siriano, Hevrin Khalaf, attivista per i diritti delle donne, in prima linea per il riconoscimento dell’identità del popolo curdo e per un dialogo pacifico fra curdi, cristiani e arabi, uccisa in un agguato lo scorso ottobre. I concerti di Ravenna e Paestum renderanno omaggio anche alla libertà e al coraggio della musicista Aynur Doğan e dell’artista Zehra Doğan; entrambe curde impegnate sul tema della questione femminile, fra attacchi e censure di estrema violenza e drammaticità. Aynur, è una cantante che connette la tradizione del suo popolo con una sensibilità contemporanea, collaborando con musicisti del prestigio di Yo-Yo Ma; Zehra con un dipinto sulla distruzione della città di Nusyabin, condiviso sui social media, è stata condannata a due anni, nove mesi e ventidue giorni di carcere (ma non ha smesso di dipingere nemmeno nelle carceri turche).   

Le Vie dell’amicizia si confermano una manifestazione unica nel suo genere. Non solo perché porta il messaggio affratellante della musica, soprattutto quella di un umanista come Ludwig van Beethoven con la sua sinfonia Eroica, ma perché sono sempre un momento di profonda riflessione. Non lanciano proclami, non si firmano protocolli, ma si riannodano vincoli umani inscindibili.