Viale dei ciliegi

/ 09.03.2020
di Letizia Bolzani

Pinin Carpi, Mauro e il leone, Piemme Il Battello a Vapore. Da 8 anni. 

Il 2020 non è solo l’anno di Rodari. Un altro grande scrittore per l’infanzia è nato cent’anni fa: Pinin Carpi. Milanese, appartenente a una famiglia di artisti (il padre, Aldo Carpi fu un importante pittore del Novecento italiano, nonché amatissimo docente di pittura all’Accademia di Brera, alla cui scuola si formeranno molti noti pittori, anche ticinesi, come Giuseppe Bolzani, Edmondo Dobrzanski, Alberto Salvioni, il locarnese d’adozione Italo Valenti), Pinin Carpi scrisse e illustrò meravigliosi libri per bambini, curò innovativi progetti editoriali (l’enciclopedia «Il mondo dei bambini» con Emme Edizioni di Rosellina Archinto; la collana di Vallardi «L’arte per i bambini»), fu saggista, giornalista e – come tutti i suoi famigliari – uomo dal fermo impegno civile e antifascista. Il padre fu internato a Mauthausen, il fratello Paolo venne ucciso, ancora adolescente, a Flossenburg, Pinin stesso venne più volte arrestato. Eppure, da queste tenebre che costituirono la sua memoria di ragazzo, Pinin seppe tirar fuori lampi di luce e di vitalità, da offrire come dono di speranza a tutti i bambini che avrebbero letto i suoi libri. Tutti i bambini, anche quelli di oggi, restano incantati dalle sue storie. Il loro ritmo narrativo; la musicalità della scrittura; l’umorismo che le pervade, nonostante l’intensità dei temi; e quella scrittura così «orale», che sembra fatta apposta per la lettura ad alta voce (Pinin fu un vero e proprio cantastorie), rendono i suoi romanzi dei classici assoluti, tuttora in grado di sprigionare la freschezza di cui sono intrisi. Sono editi da Piemme, ve li segnalo tutti, nella speranza che tornino ad essere pubblicati anche quelli che ora sono fuori catalogo.

La copertina che apre questa recensione è quella di Mauro e il leone, una storia che racchiude molti dei temi prediletti dall’autore: il magico nel quotidiano, l’avventura, il viaggio, il mondo salvato dai ragazzini (e da creature innocenti o emarginate che collaborano con loro), l’allegria vitalissima pur nella prova, le atmosfere oniriche, un certo esilarante gusto per il paradosso e l’iperbole. E soprattutto la straordinaria capacità di mantenere uno sguardo bambino (che è lo sguardo dell’artista): puro e irriverente, mai scontato, in grado di aprire scorci inediti sul mondo.

Philip Giordano, Gerald, stambecco gentile, Lapis. Da 4 anni. 

Una terza storia dell’autore e illustratore Philip Giordano imperniata su un animale «non allineato»: dopo Il pinguino che aveva freddo e La rondine che voleva vedere l’inverno, arriva Gerald, stambecco gentile. Il tema dell’animale che non si conforma ai comportamenti del gruppo rischia di diventare un po’ stereotipato nella letteratura per l’infanzia, già così ricca di personaggi analoghi (si pensi ad esempio al Gufo che aveva paura del buio e agli altri titoli di Jill Tomlinson), però Philip Giordano conserva una sua profonda delicatezza nell’affrontarlo, riuscendo ad offrirci storie con un loro senso compiuto, anche grazie al suo stile illustrativo e alla coerenza dell’assetto grafico e editoriale del libro, in questo caso di formato verticale, alto come la montagna su cui abita Gerald, stambecco che alle battaglie con scontri di corna preferisce l’esplorazione del suo bel territorio. Così Gerald abbandona il gregge e sale sulla cima della montagna, accogliendo dagli altri animali tanti consigli di sopravvivenza. Questi segreti della montagna gli saranno utili per aiutare il suo branco, al quale si riunirà, finendo per guadagnarsi, grazie alla sua saggezza, la fiducia di tutti. Stagione dopo stagione la vita trascorre e Gerald diventa vecchio: sarà tempo per lui di intraprendere una nuova salita sulla cima del monte. Una salita che lo porterà Altrove, ancora più in alto, tra le stelle; ed è un congedo la cui malinconia è stemperata da un bellissimo dono che Gerald lascerà, in ricordo, ai suoi amici stambecchi e a tutto il popolo delle montagne.