Viale dei ciliegi

/ 21.03.2022
di Letizia Bolzani

Ruth Krauss-Marc Simont, Il giorno felice, Camelozampa. Da 2 anni.

Ci sono molti modi per raccontare l’arrivo della primavera, e molti di essi sono cardini della letteratura poetica di tutti i tempi. Ma si può anche raccontarla senza stemperare l’effetto meraviglia che ogni volta ci coglie al suo arrivo, in un modo minimo, semplicissimo, affidandosi solo a pochi verbi, a illustrazioni in bianco e nero, e alla narrazione essenziale del risveglio degli animali. Gli animali sono i topi di campagna, gli orsi, le chioccioline, gli scoiattoli, le marmotte. Prima dormono, poi aprono gli occhi e annusano, poi corrono fuori dalla tana. Dormono. Annusano. Corrono. Ogni verbo per ogni categoria di animale, elencate sempre in questa sequenza. Una sequenza che diventa immediatamente ritmica, un ritmo crescente, perché gli animali che escono dalle tane sono sempre di più, la loro corsa diventa sempre più veloce, le loro zampe, piccole e grandi, lasciano sempre più impronte nelle neve.

Un climax narrativo e ritmico che sembra fatto per la lettura ad alta voce. Il culmine è raggiunto: «si fermano». È come un fiato sospeso nella lettura, perché gli animali si fermano in cerchio attorno a qualcosa, ma noi non vediamo ancora cosa, è una cosa piccola, nascosta dal grosso corpo degli orsi. E poi il ritmo riprende, leggero: «Si fermano. Ridono. Ridono. Danzano». Solo verbi, scanditi, e gli animali attorno a qualcosa. Ed eccola, la sorpresa, nella pagina finale. È spuntato un fiore nella neve. Una sorpresa piccola, umile, che diventa però straordinaria per come è resa, con due tocchi, due soli sapienti tocchi, di testo e di immagine. Due tocchi capaci di farci cogliere il cambiamento, la meraviglia della vita che si rinnova, il respiro dell’universo. Il testo non è più descrittivo e diventa, per la prima e unica volta, un discorso diretto: «Oh! È spuntato un fiore in mezzo alla neve!» L’illustrazione non è più in bianco e nero ma viene illuminata, proprio al centro, dal giallo rilucente di una margheritina. Un capolavoro del 1949 (Caldecott Honor Book), di due tra i più grandi autori per l’infanzia, ora fortunatamente proposto in traduzione italiana da Camelozampa.

Cipì e Bandiera in scena!, sceneggiature originali di Mario Lodi, a cura di Giorgio Scaramuzzino, Einaudi Ragazzi. Da 7 anni.

Un secolo fa, o poco più, nasceva un quartetto di grandi maestri della letteratura per l’infanzia: nel 1920 Gianni Rodari e Pinin Carpi, nel 1921 Lele Luzzati, e nel 1922 Mario Lodi. Quest’anno si celebra dunque il centenario di Mario Lodi, pedagogista innovatore, insegnante amatissimo dai suoi alunni, scrittore di racconti che sono diventati dei classici, a cominciare da quel Cipì, che nasce come esperimento in una prima elementare di Vho di Piadena nel 1961, quando egli invitò i bambini ad aprire la loro prospettiva visiva oltre la finestra, e a liberare l’immaginazione. Ed ecco allora l’avventura del passerotto Cipì che (come l’infanzia) scopre il mondo, tra gatti, margherite, sole, pioggia, farfalle. E tra amicizia, paura, gioia di vivere, libertà. E poi il racconto Bandiera, in realtà scritto un anno prima di Cipì, sempre dai bambini di Vho. L’idea della storia nasce dall’osservazione di una foglia di ciliegio che resiste sul ramo più alto: una foglia ribelle, che non vuole cadere perché è curiosa di sapere, di vedere…

In occasione del centenario, Einaudi Ragazzi presenta in libreria un volume che raccoglie entrambi i racconti di Lodi, in versione teatrale. Lo stesso Lodi ne aveva tratto due copioni, che la figlia Cosetta ha scovato in un cassetto, e che ora vengono riadattati dal regista (nonché attore e drammaturgo) Giorgio Scaramuzzino, così che possano essere fatti rivivere e interpretati dai bambini di oggi. Un bel modo di proporre il teatro a scuola. O a casa, perché no?

Sempre da Einaudi Ragazzi escono, per celebrare il grande maestro, anche una nuova edizione preziosa di Cipì e una nuova edizione di La mongolfiera con le illustrazioni originali di Angelo Ruta.