Liz Hyder, Boccadorso, Giunti (Da 14 anni)
Quando cominci a leggerlo, resti stranito da quella scrittura arrancante, sgrammaticata. Ma già dopo un paio di pagine sei trascinato dentro, nella pulsante oscurità della miniera, e ne vieni fuori – dal romanzo e dalla miniera – solo alla fine, e quella scrittura straniante te la divori perché ti diventa familiare, ti avvolge come l’empatia che provi per Newt, la giovane voce narrante. Una voce, perché quella scrittura è più un linguaggio parlato che scritto, e dire solo che è sgrammaticata non rende l’idea, perché è proprio il suo essere «sbagliata» (grezza, ruvida, primitiva, senza la fluidità della correttezza linguistica) che la rende potente. E questo è davvero un romanzo potente, che non a caso ha avuto riconoscimenti prestigiosissimi (tra cui miglior libro del 2019 per «The Times»; tra i migliori libri 2019 per «The Financial Times»).
Un romanzo di formazione, certo, perché Newt è entrato in miniera a quattro anni senza più uscirne, come tutti gli altri, uomini e bambini, e piano piano scopre il proprio linguaggio (anche letteralmente, in quanto analfabeta) e la propria identità. Ma è anche un romanzo di riscatto dallo sfruttamento, un’avventura profondamente etica di coraggio, di speranza e di amicizia, un percorso verso la libertà. Ed è una storia, potremmo dire, sulla ricerca della luce: quella letterale, fuggendo da quelle tenebre soffocanti, e quella simbolica, nell’interrogarsi su una dimensione spirituale che ci trascenda. E allora Dio, il Signore (anzi «il Sinniore») non può essere in quella statua che gli spietati oppressori obbligano a venerare durante le funzioni, per tenere gli schiavi incatenati alla paura del castigo divino e alla rassegnata sottomissione allo stato delle cose, ma è Altrove, nella luce interiore che risplende dentro i protagonisti. Non in tutti però risplende, il Male esiste, così come il Buio, e come la morte. Ma la speranza – come ci mostrano le ricorrenti immagini di candele e fiammelle, nei momenti più drammatici della storia – tiene accesa la luce, nei cuori di coloro che la accolgono.
Una storia intensa, il primo romanzo ad essere pubblicato dell’autrice inglese Liz Hyder, nato dopo una visita a una miniera di ardesia del Galles. Un plauso va naturalmente anche al difficile e ottimo lavoro del traduttore Marco Astolfi.
Luigi Ballerini-Paolo Domeniconi, Fuori freddo, Il Castoro (Da 4 anni)
Il tempo di un battito d’ali, quelle dell’uccello nei risguardi, che vola, nero, tra il bianco dei fiocchi di neve, entra nel libro nei risguardi iniziali, esce in quelli di chiusura: il tempo di un battito d’ali, o di poco più, qualche ora di una giornata d’inverno. Un tempo fugace, effimero come un pupazzo di neve, ma che può racchiudere scintille di infinito, perché illuminato dall’amore di una mamma, creativo, giocoso, gratuito come dev’essere un amore. Una mamma che per il suo bambino costretto in casa dalla febbre si inventa di portargli la neve dentro – uscendo in strada con un piatto su cui raccogliere i fiocchi che scendono dal cielo – e con quella neve sul piatto (vero cibo – dal cielo – per l’anima), messo poi in casa sul tavolo, costruire un pupazzetto. E l’ultima immagine racchiude suggestivamente i quattro personaggi di questa storia, la mamma e il bambino in primis, nel loro abbraccio in primo piano, ma anche il pupazzo di neve e l’uccellino nero, un merlo, sul davanzale. Due creature umane di questo mondo e due piccoli emissari di un Altrove, la creatura alata e l’omino freddo, che però tramuta questo freddo in qualcosa di caldo come l’amore. Il freddo può essere brutto (soprattutto quando è il «freddo dentro» del bimbo febbricitante che si sente solo e non può uscire) ma anche molto bello, così come il caldo, a dipendenza se è quello della febbre o dell’abbraccio della mamma.
Le illustrazioni di Paolo Domeniconi sono incantevoli, e nei caldi e freddi cromatici ben esprimono tutto questo; e Luigi Ballerini riesce a dire tante cose profonde con le sue frasi brevissime, incisive, ritmate. Anche l’ansia per il distacco e la gioia del ritrovarsi.