Annet Schaap, Lucilla, La Nuova Frontiera Junior. Da 11 anni.
Lampje, «piccola luce» in olandese, diventa Lucilla nel titolo italiano: sebbene per noi esso sia un nome proprio, non dobbiamo dimenticarne il significato, relativo appunto alla luce, che la bambina protagonista – coraggiosa, resiliente, «con la stoffa dell’eroe» – espande attorno a sé. E dire che all’inizio tutto precipita proprio per un’assenza di luce, di quei fiammiferi che lei, figlia di un guardiano del faro depresso e alcolizzato, dimentica di comprare. La lanterna del faro non si accende, e una nave finisce contro gli scogli. Per riuscire a rimborsare il danno, Lucilla sarà costretta a lavorare come inserviente alla casa dell’Ammiraglio, la Casa Nera, su cui circolano cupe dicerie. E da qui, con un ritmo molto ben gestito da un’autrice al suo esordio (Annet Schaap è un’illustratrice affermata ma questa è la sua prima prova letteraria), si dipana l’avventura della piccola protagonista e di tutti gli intensi personaggi che incontrerà.
Personaggi spesso provati dal dolore, induriti o infragiliti, verso i quali lei sempre proverà compassione, offrendo il suo aiuto e cambiando il destino di molti di loro, mentre altri, i «cattivi» (e qui ce ne sono, di adulti freddi o abbietti) preferiranno le ombre e non ne accoglieranno la luce. Sin dal topos della «casa maledetta», troviamo in questa storia una serie di riferimenti ad archetipi fiabeschi o a temi letterari. C’è la «stanza proibita» in cima alla torre, dove vive, rincantucciato sotto il letto, uno strano bambino «mostruoso», un bambino triste e diffidente, un bambino reietto dalla coda di pesce. Il richiamo alla Sirenetta di Andersen emergerà sempre più chiaramente, ma con sviluppi interessanti e originali, così come il richiamo a certi aspetti del Giardino Segreto, e persino di Heidi: basta guardare la prima illustrazione del volume (la Schaap naturalmente è anche l’autrice delle illustrazioni), dove si vede una donna che trascina per mano una bimbetta recalcitrante portandola alla Casa Nera da dove inizierà il suo viaggio iniziatico. La donna qui è una gelida maestra che svolge funzioni di «servizio sociale», lo scenario è il mare e non la montagna, ma sembra di vedere zia Dete che trascina Heidi (anche lei eroina di luce) all’isolata baita del Vecchio dell’Alpe. Può anche venire in mente – oltre agli archetipi dei freaks, degli ibridi, dei fenomeni da baraccone, ben presenti nel romanzo, che ha a cuore l’emarginazione e la diversità – nel commovente rapporto tra Lenny (il figlio grande e grosso ma ritardato della governante) e il bambino «pesce» (con un handicap fisico, almeno per quanto riguarda la vita sulla terraferma, ma molto colto e intelligente) quel meraviglioso classico moderno che è Basta guardare il cielo di Rodman Philbrick.
Tutti questi riferimenti, inconsci o no che siano, lungi dal togliere freschezza e originalità alla storia, la rendono più potente, nonché ben condotta da una scrittura (e dall’ottima traduzione di Anna Patrucco Becchi) che non rischia mai di diventare enfatica. Ben ritmato e tutt’altro che piatto è anche il meccanismo narrativo, basato sull’alternanza delle prospettive dei personaggi principali e su minimi scivolamenti avanti o indietro dell’asse temporale, a seconda del personaggio in cui in quel momento è focalizzata la storia.
Kateryna Mikhalitsyna – Oksana Bula, Chi vive nel giardino?, Jaca Book. Da 4 anni.
Un duo di autrici ucraine dà vita a questo bell’albo che porta i bambini a fare conoscenza con alcuni alberi di un vecchio giardino. Di Oksana Bula, l’illustratrice, abbiamo già avuto modo di parlare a proposito del suo Orso non vuole dormire, di cui firmava anche il testo. Qui i testi sono invece di Kateryna Mikhalitsyna, insegnante di biologia, oltre che scrittrice. E in effetti c’è sia l’aspetto scientifico, seppure delineato in modo semplice, adatto ai più piccini, sia l’aspetto narrativo, attraverso l’espediente di un usignolo che cerca l’albero più adatto ove fare il suo nido. Nel corso di questa ricerca, avrà modo di dialogare con vari alberi e arbusti (resi espressivi dalle poetiche illustrazioni) e di conoscere le loro particolarità. Sullo sfondo, vengono evocate dagli alberi anche una nonna e una bambina, che curano il giardino e ne raccolgono i frutti. Sarà alla voce della nonna, e al melodioso canto dell’usignolo, che verrà affidato il finale. Suoni, quindi, e anche profumi, i profumi dei frutti del giardino, tanto buoni «che perfino il nonno sorriderà da lassù nel cielo».