Viale dei ciliegi

/ 18.04.2022
di Letizia Bolzani

Elisa Mantoni-Vincenzo Covelli, Kamimano, Artebambini (Da 2 anni)

Il Kamishibai, come ben sanno gli animatori e i raccontastorie di tutte le biblioteche per ragazzi, è un efficace strumento di narrazione, soprattutto per un pubblico di piccolissimi. Si tratta di un antico metodo giapponese di raccontare storie: kamishibai significa letteralmente «teatro di carta». È una sorta di valigetta in legno, portatile (i cantastorie giapponesi, nel periodo di massimo fulgore, tra gli anni ’20 e gli anni ’50 del Novecento, la trasportavano sulla bicicletta), con due ante che si aprono, rendendola, appunto, un teatrino; e con una fessura laterale nella quale si fanno scorrere i fogli di carta con le immagini della storia. Dalla parte del pubblico c’è l’illustrazione, mentre sul retro, dalla parte del cantastorie, c’è il testo. L’incanto del racconto, semplicissimo e d’effetto, è garantito.

Artebambini è stata la prima casa editrice a portare in Italia il Kamishibai, rendendo disponibile sia la valigetta in legno, sia delle storie in fogli appositi da far scorrere al suo interno. Le storie in formato kamishibai, proposte da questa casa editrice, costituiscono ormai una nutrita collana; la novità che qui presentiamo è invece Kamimano, una storia particolare, perché i fogli di cui si compone non sono semplicemente fronte-illustrazione e retro-testo: ogni illustrazione ha un buco, nel quale il cantastorie farà passare le dita della mano (da cui il titolo Kami-mano), e queste dita diventeranno, ogni volta, parte della storia. Un dito (l’indice) è la coda del cane, due dita (indice e medio) sono le orecchie del coniglio, se si aggiunge l’anulare le dita diventano tre, e diventano la cresta del galletto, e così via. Come potrete intuire, non c’è solo l’incanto della storia, ma anche la possibilità di apprendere il nome delle dita, e di contare fino a cinque, e di fare somme e sottrazioni (le dita si aggiungono progressivamente, e progressivamente diminuiscono). Ma soprattutto, con l’ingresso sulla scena della mano del cantastorie, viva e reale, si rende ancora più «calda», più presente, più corporea, la magia del teatro di narrazione.

Shelley Moore Thomas – Christopher Silas Neal, Dal ramo al mare, EDT Giralangolo (Da 4 anni)

Sono molti i libri per bambini sulle emozioni, è una conclamata tendenza editoriale quella di parlare loro di rabbia-tristezza-paura-gioia-frustrazione eccetera. Alcuni sono molto belli, altri troppo didascalici, altri ancora sembrano ignorare che, come afferma la psicoterapeuta Margot Sunderland, direttrice dell’Institute for Arts in Therapy and Education di Londra, «il linguaggio di tutti i giorni non corrisponde per i bambini al linguaggio con cui esprimere le emozioni. Il loro linguaggio naturale delle emozioni è fatto di immagini e metafore, come quello delle storie e dei sogni» (Raccontare storie aiuta i bambini, Erickson). Un bambino può non dare nessun valore alla parola «tristezza», o «frustrazione», o «umiliazione», ma se utilizzo la metafora del «mi sento come una pietra presa a calci», ecco che immediatamente c’è consonanza, e riconoscimento di parole per dirlo, per dare un nome a quell’emozione. E riconoscere un’emozione apre alla possibilità di digerirla, di elaborarla, prima che diventi un groppo indigesto, non scioglibile, dannoso. «Le pietre mi insegnano a rimanere forte. Se qualche volta mi sento preso a calci, come un sasso sulla strada, continuo ad avanzare rotolando». Il bellissimo albo Dal ramo al mare fa proprio questo, fornisce ai bambini delle preziose metafore con cui dare un nome al loro sentire. E non solo dare un nome, ma anche un senso. Oltretutto lo fa prendendo a prestito immagini dal «mondo» («il mondo mi insegna molte cose»), offrendo quindi anche una prospettiva profonda, e profondamente ecologica, di unione con l’universo, sentendosi parte di un tutto che ci trascende, nei confronti del quale provare rispetto, perché la Natura siamo noi. Gli alberi mi insegnano la resilienza («anche quando il vento cerca di abbattermi, mi muovo danzando con l’aria. E non cado»), le api mi insegnano la collaborazione, gli uccellini mi insegnano a trovare il coraggio di spiccare il volo, le nuvole mi insegnano la leggerezza. Quante cose mi insegna il mondo.