Viale dei ciliegi

/ 22.04.2019
di Letizia Bolzani

Delphine Perret, Björn. Una primavera di scoperte, Terre di Mezzo. Da 5 anni. 

Un anno fa avevamo presentato in questa rubrica il primo volume di racconti dell’orso Björn: Björn. Sei storie da orso. Come sono le storie «da orso»? Sono storie tranquille, allegramente meditative, piene di meraviglia e gratitudine per la bellezza che riserva il quotidiano, nelle sue pieghe più nascoste; sono storie piene di quei piccoli istanti di felicità da saper cogliere. Una tana comoda, una partita a carte con la lepre, una festa inaspettata. Ed ecco che ora arrivano sei nuove storie da orso, con il sottotitolo «una primavera di scoperte». Quante scoperte fa il nostro Björn al risveglio dal letargo! Ritrova gli amici, ascolta i racconti dell’inverno trascorso, vive momenti felici con gli altri animali del bosco. Ma soprattutto Björn e i suoi amici interagiscono, nel loro incantevole modo surreale, con il mondo degli umani: trovano tra l’erba una «scatoletta» che si illumina e parla, ci si divertono un po’ picchiettando sui tasti finché poi «tutti dimenticano il telefono e corrono a prendere le prugne succose e zuccherine»; provano a fare quella cosa che fanno gli umani quando «vanno a mangiare panini fuori da casa loro, su una coperta», ma se il picnic si fa fuori casa, «qui, nel bosco, gli animali sono ovunque a casa propria»... allora trovano una baita, vi entrano e scoprono com’è bello il panorama della valle incorniciato dalla finestra!

Il quotidiano senza la patina del già visto, dell’usurato: questo ci regala lo sguardo di Björn. Anche quando dal bosco va in città, dalla sua amica bambina, Ramona, con cui vivrà un’indimenticabile giornata in piscina. Può ricordare un po’ l’orso Paddington, questo gentile Björn, con la differenza che qui le storie alternano momenti nel bosco, tra animali, e momenti di confronto con gli umani della città. Inoltre quelle di Björn sono storie più esili, più brevi, ma proprio per questo molto adatte a chi sta compiendo i primissimi passi nel mondo della lettura, anche perché sono in stampatello, su pagine ariose e colorate con un tenue, accogliente, ocra, sul quale le delicate immagini in inchiostro nero contribuiscono non poco a raccontare le vicende.

Antonella Capetti – Silvia Molteni, La cura del ghiro, Edizioni Corsare. Da 4 anni. 

C’è un ghiro, che aveva fatto amicizia con un’allodola. Ma l’allodola vola via. Il ghiro la rimpiange, finché, alla primavera successiva, sente il canto di un tordo, e nel cuore gli nasce la speranza che anche un tordo potrà essere un buon amico. Questo, in sintesi, il succo della storia. È una storia semplice, ma ciò che la rende intensa è l’armonica interazione di testo e immagini: un testo, di Antonella Capetti, poetico e intenso, e delle illustrazioni, di Silvia Molteni, capaci di esprimere con sensibilità il trascolorare delle emozioni di ghiro. A cominciare dai risguardi: un paesaggio di foreste, colline e torrente, molto vasto ma desolato e vuoto tra le prime brume dell’autunno nei risguardi d’apertura; e in quelli di chiusura lo stesso paesaggio, ma ravvivato dai toni di verde primaverili e soprattutto dall’ingresso, da destra, di uno stormo di uccelli. Un volo di ritorno, nuove vite, nuove speranze di felicità.

I temi toccati da questa piccola storia sono tanti, e si prestano bene ad essere elaborati dai bambini: la malinconia di un distacco, il senso di mancanza, l’essere in mezzo a creature troppo indaffarate per farci caso (ogni altro animale del bosco «aveva le proprie faccende a cui badare»), l’ambivalenza tra il desiderio di dimenticare e quello di ricordare la «sua» allodola (al risveglio dal letargo, ghiro «era felice di non essersene dimenticato. Ma era triste perché se la ricordava»), il fatto che tutti i tesori della sua tana – il filo d’erba, la foglia di castagno, la spiga, il sasso – sembrano perdere di senso a causa di quella tristezza («sembravano spenti, ingrigiti»). E poi, nel finale, la forza vitale ritrovata, grazie a un elemento uditivo, espresso dal testo («le prime note di un canto») e a un elemento visivo (il raggio di sole di una nuova alba). La felicità, a volte, può prendere le sembianze di un battito d’ali.