Viale dei ciliegi

/ 17.10.2022
di Letizia Bolzani

Piero Schiavo-Angela Marchetti, Anna e Anna, uovonero (Da 4 anni). 

Il secondo Anna è scritto come se fosse l’ombra del primo, perché (anche) di ombra tratta questo libro. Quello dell’ombra è un tema ricorrente in letteratura, e nella letteratura per l’infanzia in particolare. Qui la scrittura non dice tutto, affida alle illustrazioni il compito di integrarla, così che tutto diventi più lieve e simbolico, pur affrontando temi profondi. Anna è una bambina, come tante, ha cose che le piacciono tanto e altre poco (e le immagini ce le mostrano), con l’immaginazione diventa tante cose (che sempre le immagini ci mostrano), ma c’è una cosa che per lei è difficilissima da fare, ed è qui che le illustrazioni si fanno maggiormente evocative, perché sono loro soprattutto a far trapelare cos’è questa cosa difficilissima: è l’uscire fuori, lo stare in mezzo agli altri «fuori è tutto così appariscibile, dice Anna, dove c’è troppa luce mi sento inutile e sparisco». Ma un aiuto le verrà da un’amica che esiste solo dove c’è luce: la sua ombra. Sarà lei, l’ombra, parte di lei stessa, a darle coraggio e fiducia, a starle vicina, ricordando ad Anna, e ai lettori, che le risorse per affrontare i problemi sono già parte di noi. Così Anna potrà uscire dalla sua comfort zone in autonomia, incarnando lei stessa la fiducia della sua ombra, e potrà aprirsi agli altri, dando loro, a sua volta, aiuto e sostegno. Via via che Anna prende il coraggio di aprirsi agli altri, i due ambiti, quello circoscritto della casa, dove Anna sta nella sua rassicurante solitudine, e quello del «là fuori», dove ci sono gli altri, dove non tutto è controllabile, si fondono serenamente, e nell’ultima immagine vediamo Anna e la sua ombra felici, al parco giochi, insieme ad altri bambini.

Hilary McKay, La guerra delle farfalle, Giunti (Da 12 anni). 

Un romanzo che ricorda la delicatezza malinconica e vitale delle storie di guerra di Dick King-Smith (penso in particolare a Binnie), o di Michael Morpurgo (La guerra del soldato Pace, War Horse, L’isola delle balene, e molti altri). Anche Hilary McKay, come loro, è inglese, e forse è proprio dall’Inghilterra che scaturisce questa capacità particolare, dolente e leggera insieme, di raccontare la Grande Guerra. Anzi, di raccontare i ragazzi nella Grande Guerra. Poco più che adolescenti, arruolatisi per incoscienza, obbligo, convinzione o voglia di riscatto, strappati a fidanzate, amici, famigliari, e buttati sul Fronte Occidentale, fatto di «trincee, bunker sotterranei, filo spinato, barattoli vuoti di marmellata, noia, boschi ridotti a distese di moncherini scheggiati, case in macerie, passerelle di legno, calzini smarriti, latrine, tombe scavate troppo in fretta, lettere d’amore[...]». Lì c’era Rupert, quello bello, intrepido, carismatico. E da qualche altra parte, ma sempre lì, in guerra, tra il tuonare intermittente dei cannoni e il tintinnìo del filo spinato, c’era anche Simon, detto Tutt’Ossa, alto e magrissimo, che scrive poesie, non è bravo in ginnastica, detesta il fango, ma è coraggioso, ed è disperatamente affascinato da Rupert.

Tuttavia questa è una storia al femminile, perché la protagonista è principalmente Clarry, cugina di Rupert, con cui ha condiviso tante estati d’infanzia nella grande casa dei nonni in Cornovaglia. E protagonista è un po’ tutta questa famiglia, fatta di nonni accoglienti, di un padre gelido e scostante, di una mamma che non c’è più, morta subito dopo la nascita di Clarry, di un fratello maggiore, Peter, che non va in guerra per via di un incidente alla gamba, di amici, amiche, signore zelanti, commesse, animali, rigattieri. La prima parte della storia racconta questa realtà domestica, di bambini che diventano adolescenti, vanno in collegio (i maschi) o hanno la fortuna di studiare in scuole femminili. Ci sono amicizie, amori, scambi di lettere, avventure. E poi c’è la guerra, che entra nella seconda metà del romanzo, innestandolo di venature drammatiche, ma senza mai perdere quella grazia narrativa che regge fino alla fine e che si manifesta già dall’incipit: «Più di cent’anni fa, al tempo dei lampioni a gas e delle candele, quando i negozi avevano il bancone in legno e le strade erano piene di cavalli, nacque una bambina. Nessuno se ne rallegrò, solo la madre. Al padre non piacevano i bambini, nemmeno i propri, e a Peter, il fratellino di tre anni, non interessava aggiungere altre persone al proprio mondo». Premio Andersen 2022.