Viale dei ciliegi

/ 04.09.2023
di Letizia Bolzani

Eulàlia Canal, La felicità è una tazza di tè, illustrazioni di Toni Galmés, Terre di Mezzo (Da 5 anni)

È una di quelle narrazioni teneramente filosofiche, sulla ricerca del senso della vita, che spesso troviamo nella letteratura per l’infanzia, attraverso la prospettiva di personaggi animali. A volte sono libri che si limitano a una dimensione meditativa, colta forse più dagli adulti, ma questa è una di quelle che si distingue, perché c’è anche una storia, condotta con un buon ritmo, dove accadono delle cose e dove ci si affeziona ai personaggi. E le illustrazioni di Toni Galmés, catalano come l’autrice del testo, contribuiscono molto a darle calore. Il punto di partenza di questa ricerca esistenziale è molto pratico e proprio in questa alternanza tra «alto» («la felicità non è fuori è dentro», dice il saggio ed enigmatico Serpente) e «basso» («magari si riferisce allo stomaco – pensa il simpatico e più terre-à-terre Lupo – il mio brontola quando ho fame») risiede in gran parte l’umorismo del libro. Il punto di partenza di questa recherche sono gli occhiali, persi, di Orso, che dovrà uscire a cercarli. Sul suo cammino Orso incontrerà altri animali che stanno cercando qualcosa, ma di ben più astratto. Scoiattolo cerca la felicità, Tasso il sonno perduto, e Lupo degli amici. Formeranno un bel quartetto, conversando amabilmente nel tepore della casa di Tasso, davanti a un tè alla fragola e a dei biscotti al cioccolato (o a panini con le sardine). Dei quattro, Scoiattolo è il più inquieto, vuole cercare il segreto della felicità, e allora ogni tanto va per il mondo, scoprendo che la felicità è qualcosa di molto diverso per ognuno, e forse per lui – non solo il più inquieto ma anche il più socratico – essa sta proprio nello spirito della ricerca. Gli altri le loro cose nel frattempo le hanno trovate, e Orso non solo ha trovato gli occhiali, ma anche un sentimento che assomiglia molto all’amore, e che ha a che fare con un’Orsa con cui fare lunghe passeggiate al fiume.

Janosch, Troviamo un tesoro, Logos (Da 4 anni)

L’atmosfera del libro precedente mi fa venire in mente le storie di un autore che anni fa era molto noto e oggi è purtroppo un po’ dimenticato, nonostante la pregevole operazione di Logos Edizioni, che ne sta ripubblicando gli incantevoli piccoli libri: Janosch, nome d’arte di Horst Eckert, scrittore, illustratore e drammaturgo, nato nel 1931 a Zabrze, nell’attuale Polonia, e poi trasferitosi a Monaco di Baviera, fino al 1980, per poi spostarsi a Tenerife, dove tuttora vive, conducendo una vita semplice, lontana dai media, apprezzando le piccole essenziali cose della vita. Come fanno, in fondo, anche i suoi personaggi, soprattutto Orso e Tigre, protagonisti di avventure alla ricerca della felicità che finiscono sempre per far loro scoprire che essa è più vicina di quanto si pensi, e spesso diversa da come si immagini. Sin da Oh, com’è bella Panama, luminoso esempio «circolare» di saggezza del quotidiano (uscito nel 1978, portò Janosch alla fama, ed è oggi considerato un vero e proprio classico), in cui si scopre che la vera magia era sempre stata con noi, come le scarpette di Dorothy nel Mago di Oz, Orso e Tigre ci deliziano con le loro tenere peripezie.

In Troviamo un tesoro, il tema è ancora una volta questo, qui declinato con un viaggio dei due amici alla ricerca di oro e denaro per poter comprare tutto ciò che si desidera: un gommone, un dondolo da giardino, una cuffia da pilota, una lampada, degli stivali… Attraverseranno campi, boschi e mari, faranno incontri felici e altri un po’ meno, l’oro lo troveranno anche, ma non riusciranno a tenerselo per molto. Meglio così, il vero tesoro è poter far ritorno a casa, sentendosi più leggeri, più felici, più amici, più pronti ad apprezzare ciò che già si ha. Less is more, insomma. In perfetto stile Janosch.