Sharon G. Flake, The skin I’m in. Il colore della mia pelle, Giunti. Da 13 anni.
Esce in italiano, nella bella collana Link di Giunti, un romanzo che è un vero e proprio classico contemporaneo, l’opera con cui l’autrice americana Sharon G. Flake, oggi considerata tra i più importanti autori per adolescenti, esordì più di vent’anni fa. The skin I’m in: un titolo che allude alla pelle ma non solo, un po’ come nel francese «se sentir bien (ou mal) dans sa peau», con una connotazione più legata all’autostima, allo stare bene (o male) nella propria pelle, felici (o insicuri) di essere proprio così come si è. Certo, c’è anche il discorso del colore, perché Maleeka, la tredicenne protagonista, ha la pelle nera e la discriminazione di cui è oggetto è rilevante nel romanzo. Ma non è il razzismo il fulcro, il discorso è molto più potente e ampio: Maleeka subisce le vessazioni di un gruppo di bulle perché è «brutta» e veste «male». Naturalmente lei non è brutta, né veste male: è alta, magra e si veste con gli abiti che le cuce sua madre. Il problema è che Maleeka si vede con gli occhi delle altre, che la fanno sentire inadeguata, con i capelli da pettinare con «un rastrello», con stracci addosso, senza neanche un po’ di «tette o un po’ di fianchi da metterci dentro». E allora, con una dinamica purtroppo tipica nelle relazioni improntate al bullismo, cercherà di diventare amica della compagna più violenta e più dura, finendo però per diventarne la serva, e avviluppandosi sempre di più nelle catene di questa falsa amicizia.
C’è un altro motivo che scatena le angherie delle compagne, ed è l’intelligenza di Maleeka, la grande potenzialità che si intuisce in lei, nonostante proprio lei sia la prima a tarparla. Fino all’arrivo di un’insegnante coraggiosa e sensibile. La professoressa Saunders, pure lei schernita dalle ragazze per una macchia che ha sul viso («ma guardatevi... due fallite con la faccia da buttare»), sarà per Maleeka un esempio di equilibrato senso della propria dignità, che non si lascia scomporre dall’odio altrui. Insegnerà a Maleeka a guardarsi con i suoi occhi: «Devi imparare a guardarti con i tuoi occhi. È l’unico modo per sapere chi sei davvero». Grazie a lei, Maleeka troverà anche la sua voce e il suo talento, perché verrà incoraggiata ad esprimersi nella scrittura: nascerà così il personaggio di Akeelma, schiava nera trasportata su una nave e suo anagramma e alter ego. Maleeka dalle sue catene invisibili riuscirà a liberarsi, con una chiave che si chiama fiducia in se stessa. Un romanzo che – a parte il bullismo che oggi si esplica purtroppo non solo di persona ma anche online – resta attualissimo e intenso.
Le favole dimenticate di Babrio, Gribaudo. Da 6 anni.
Conosciamo Esopo, conosciamo Fedro, ma non conosciamo Babrio. In effetti l’opera di questo poeta di lingua greca, vissuto nel secondo secolo, è rimasta finora confinata in ambito accademico: ben venga dunque questa bella edizione Gribaudo, che per la prima volta fa conoscere al grande pubblico, a cominciare dai bambini, le garbate favole che Babrio riprende per lo più da Esopo o da altre fonti della tradizione. A curare e tradurre l’edizione è Eliano Zigiotto, il quale nella prefazione sottolinea come queste favole furono tradotte, a partire dall’Ottocento, in latino e in tutte le principali lingue europee, tranne che in italiano. Finalmente questo vuoto è colmato, e in una traduzione elegante ma anche ritmata e leggera, adatta ai bambini. Un’edizione filologicamente accurata ma senza inutile pedanteria, non perdendo mai di vista l’intento divulgativo.
I testi sono brevi, il font è grande e spaziato, la vivacità è data anche dalle illustrazioni di Giulia Lombardo, che su ogni doppia pagina accompagnano il lettore, per tutte le cento favole. Cento favole di animali parlanti e di umanità alle prese con le grandi domande della vita. Favole di saggezza antica e sempre nuova, a cominciare dalla prima, in cui il vento perse la scommessa con il sole, perché nonostante il suo soffio fortissimo non riuscì a strappare il mantello dalle spalle del viandante. Ci riuscì invece il sole, scaldandolo pian piano: «questo dice la favola: ragazzo, usa la dolcezza! Otterrai di più con la persuasione che con la forza».