Helga Schneider, Un amore adolescente, Salani. Da 14 anni
Liesèl ha quattordici anni quando viene allontanata di casa dalla matrigna. Sembra un incipit fiabesco e invece è totalmente ancorato alla realtà, e in parte autobiografico, il nuovo romanzo di Helga Schneider. Siamo in un villaggio austriaco, nel 1952. La madre di Liesèl se ne è andata dalla famiglia da anni, abbandonando lei e il fratellino Lukas; il padre si è risposato con una donna che accetta solo il piccolo Lukas, facendogli addirittura credere di esserne la vera madre. Il rapporto con Liesèl, che (diversamente dal debole padre) costituisce la limpida e intransigente memoria storica della famiglia, va vieppiù deteriorandosi, fino al suo allontanamento verso un collegio, il Seeburg. Al contrario delle speranze della matrigna, il collegio non è una tetra prigione ma un luogo gestito da adulti illuminati, che permetteranno a Lièsel e agli altri ragazzi di crescere in maniera serena e equilibrata, nonostante gli inevitabili conflitti interpersonali e interiori che ogni adolescente si trova ad affrontare.
Il romanzo è tutto ambientato nel collegio, tranne le brevi vacanze a casa e le prime pagine dedicate al viaggio verso il Seeburg di Liesèl e della matrigna, che non vede l’ora di lasciarla lì, un incipit che ricorda quello di Heidi (romanzo non a caso citato nel testo), con la zia Dete che la trascina su all’Alpe dal nonno. In entrambi i casi, quella che doveva essere un’esperienza cupa si rivela un’occasione profonda di crescita interiore. In questo libro, un ruolo importante è giocato dal Direttore, l’Heimvater austero e serio, ma sensibile e attento, che saprà essere un prezioso educatore, nel senso più nobile del termine. Siamo nel ’52, l’incubo della guerra e del nazismo è ancora cocente: nessuna manifestazione di emarginazione o razzismo è tollerata in collegio, e anche gli episodi di bullismo (dovuti all’arrogante Annika, vera antagonista di Liesèl in questa storia), vengono gestiti con intelligenza. Il Direttore saprà inoltre incoraggiare Liesèl nel suo progetto di dare vita a un giornale, «Il giornale del Seeburg», gestendo una vivace redazione di giovani compagne e compagni.
È un solido senso civico, quello che viene insegnato al Seeburg: i ragazzi crescono come cittadini, non solo come studenti. E non manca, lo sappiamo fin dal titolo, la dimensione sentimentale: il romanzo racconta anche di un amore tormentato, vitale, assoluto, come lo è, appunto, ogni amore adolescente. Helga Schneider (1937) è una scrittrice tedesca che oggi vive in Italia e scrive in italiano. Trascorse l’infanzia a Berlino, subendo l’abbandono della madre, che lasciò i suoi due bambini per entrare nelle SS come ausiliaria e poi come sorvegliante nei campi femminili (da ciò e dai successivi laceranti incontri con lei nacque il libro Lasciami andare, madre, Adelphi, 2001). Anche Helga, come la sua giovane protagonista, venne internata in collegio dalla matrigna. Ma anche per lei, fortunatamente, il coraggio e la capacità di mettere per iscritto i propri mondi interiori saranno balsamo, salvezza e preziosa risorsa espressiva.
L’orsetto, e altri titoli, collana «Sbucaditino», Edizioni Abracadabra. Da 1 anno
La collana «Sbucaditino» mette nel titolo un cucciolo: L’orsetto, Il tigrotto, Il pesciolino, Il coniglietto, eccetera. Diminutivi, non per leziosità, ma perché raccontano le storie di cuccioli, perché sono libri molto piccoli, adatti a bambini molto piccoli. Nella loro estrema semplicità, hanno innegabili punti di forza: pagine in cartonato davvero robusto, a prova di morsi, strappi, cadute dal seggiolone o dal passeggino; angoli stondati, a norma di sicurezza; storie legate alla quotidianità affettiva, relazionale, cognitiva dell’animaletto, in cui tuttavia anche i bambini si possono identificare; testi semplicissimi ma in rima, adatti alla primissima infanzia, che si nutre della dimensione fonica e ritmica del linguaggio. Il vero tratto caratterizzante della collana è il fatto che questi libretti hanno un buco al centro, da cui sbuca il muso in peluche del cucciolo in questione, che quindi è animabile con un dito (del bimbo o prima ancora dell’adulto narratore), rendendo ogni pagina una vera, piccola, messinscena. Per un teatrino intimo delle storie e degli affetti.