Viale dei ciliegi

/ 16.05.2022
di Letizia Bolzani

Anna Vivarelli, La luna e il soldato, Giunti (Da 9 anni)

La guerra, purtroppo, è argomento più che mai richiesto nella letteratura per ragazzi. Tanti sono gli albi illustrati che la raccontano ai bambini (e tra questi segnalo La guerra che cambiò Città Tonda, degli artisti ucraini Romana Romanyshyn e Andry Lesiv, pubblicato in italiano da Jaca Book); e tanti sono i romanzi che raccontano la guerra agli adolescenti (un autore su tutti, il britannico Michael Morpurgo). Ma meno numerose sono le proposte per la fascia «middle age», 8-12, per dire. I due racconti di Anna Vivarelli che Giunti propone ora nel volumetto La luna e il soldato si rivolgono proprio a ragazzini di quell’età, e raccontano la guerra – la Seconda guerra mondiale – dal punto di vista di due bambini, una in città e uno in campagna: Magda, che passa le notti dei bombardamenti su Torino nel rifugio antiaereo; e Gabriele, che andando a raccogliere legna nei boschi s’imbatte in un soldato tedesco che ha disertato.

La prospettiva narrativa, in prima persona in entrambi i racconti, gioca un ruolo fondamentale nel rendere l’assurdo tragico della guerra, che lo sguardo dei due bambini restituisce con acuta e non scontata immediatezza. Magda ci fa sentire quelle sirene «che sembravano lupi» e che la fanno balzare fuori dal letto, quasi in automatico, «la testa ancora lontana», e precipitarsi giù per le scale, con la mamma e gli altri vicini, verso la cantina, dove notte dopo notte si crea un piccolo microcosmo di varia umanità, tra le paure, le parole, gli odori del secchio per i bisogni corporali, i rumori delle bombe. Lei si porta un quadernetto come talismano della memoria, per ricordare meglio le cose, anche se scriverci era impossibile, per via della luce fioca. E la sua memoria di bambina ci restituisce personaggi vividi, come il vecchio Signor Satta, burbero e svanito, con cui instaura un rapporto speciale; o la signorina De Lellis, modista in via Po e «sempre perfetta, sempre impettita perfino sulla panca della cantina». Dopo le cantine, non più sicure, c’è il ricovero pubblico cittadino, che ospitava duemilacinquecento persone, e che per raggiungerlo bisognava «correre per un bel pezzo di strada», e dopo ancora lo sfollamento in campagna, scenario in cui si conclude il primo racconto, «La luna», e si apre il secondo, «Il soldato». Qui il protagonista è Gabriele, che scopre nel bosco un soldato disertore tedesco e coraggiosamente decide di non fare finta di niente. La scelta di Gabriele sarà la «più tortuosa» e se la assumerà responsabilmente, perfetta metafora di quella legna che si carica sulle spalle. Ma solo così egli potrà dire di avere fatto «la propria parte».

Bruno Tognolini – Viola Niccolai, Versi di bestie, Topipittori (Per tutti)

Non ci sarebbero parole per descrivere questo libro splendido. Anzi non ci sono, perché questo è un libro non da descrivere, e neanche propriamente da leggere. Questo è un libro da ascoltare. Come un concerto, sacro e solenne (ma anche caldo, leggero, allegro e commovente) di voci animali. Ma non voci impostate e arroganti di noi animali umani: queste che la sapienza poetica di Tognolini fa sgorgare dalle pagine sono voci primordiali di animali non umani. Versi di bestie, appunto. Versi nel senso di suoni e versi nel senso di ritmi. Versi poetici che una metrica precisa tiene insieme, diversa ogni volta: decasillabi e endecasillabi in marcia, con i «cuori giganti» e i «piedi pesanti» degli elefanti: «marciano insieme, corrono in branco / sfilano in fila ma alcuni di fianco…»; o ternari e ottonari sempre sdruccioli, come «rondine / c’è tanto cielo, prendine…»; o enjambement che rallentano l’andamento del «lentissimo bradipo», perché «solo / in un posto bellissimo / vale / la pena di andarci / solo / in un posto che merita / tempo / per arrivarci…» Ma questi non sono che pochi esempi, tratti da poesie più lunghe, e ce ne sono molte altre. Ogni animale è reso con un rispetto fraterno e profondo; e l’uomo qui è l’antagonista, che ammala, distrugge, inseguendo i suoi demoni di dominio, così come insegue – nella struggente poesia Versi di volpe fiamma – la volpe.
Notevoli anche le illustrazioni di Viola Niccolai.