Victor Fleming, il regista di Via col vento e del Mago di Oz, traspose sul grande schermo, nel 1941, il celebre romanzo di Louis Robert Stevenson Lo strano caso del Dr Jekyll e del signor Hyde. L’adattamento cinematografico, uno dei molti nella storia del cinema, non è forse il più riuscito (alcuni critici preferiscono la versione del 1932 di Rouben Mamoulian), ma è quello più conosciuto e che può contare su un cast stellare. Il protagonista è infatti Spencer Tracy e accanto a lui recitano due star di prima grandezza all’epoca come Ingrid Bergman e Lana Turner.
La pellicola, al contrario del lungo racconto pubblicato nel 1886, non ha al centro dell’analisi i motivi per i quali un integerrimo scienziato come il Dr. Jekyll cerca il suo lato oscuro. Questo aspetto è certamente presente, ma è integrato in un discorso più vasto, un discorso, se si vuole, più hollywoodiano. Lo spiega Jacques Lourcelles nel suo Dictionnaire du cinéma: «La sceneggiatura riprende fedelmente l’adattamento molto infedele del film di Mamoulian (n.d.r. nello scritto di Stevenson non c’è traccia delle due eroine), ma ambienta la pellicola in un’atmosfera più convenzionale e moralizzante». Ed è anche più chiaro Georges Sadoul nel suo Dictionnaire des films: «Fleming ha insistito più sull’aspetto psicologico e sulle contraddizioni vittoriane che non sul mostruoso, coadiuvato in questo da un ottimo Spencer Tracy e dalla fresca e provocante Bergman».
Fleming concentra la sua attenzione sulle dinamiche tra il protagonista, la futura sposa (Lana Turner) e la conturbante barista di cui s’innamora Hyde (Ingrid Bergman). Tra l’altro invertendo le aspettative dell’epoca quando tutti si aspettavano una Bergman fidanzata e ricca e una Turner ragazza di strada.
Anche la poca cura tecnica che il regista pone sulla trasformazione da Dr Jekyll a Mr Hyde «una banale sovraimpressione di primi piani» (Lourcelles), è la dimostrazione di quanto poco interessato fu alla psicologia del doppio. Un aspetto, invece, curato nei minimi dettagli (una decina di anni prima) da Mamoulian.
Con questo non si vuole dire che il film non abbia molti pregi, ma solo che Fleming ha preso spunto dal lungo racconto per trasformarlo in qualcosa d’altro, che possiamo definire appunto più glamour. L’interpretazione eclettica di Tracy (nei due ruoli) è il sicuro valore aggiunto dell’opera, accompagnato da quello delle due attrici, sapientemente messe in luce dalla fotografia molto elegante (che evidenzia soprattutto il loro volto perfetto), del quattro volte premio Oscar Joseph Ruttenberg.
La differenza tra il romanzo e il film è evidente anche nella scelta del punto di vista usato per descrivere la vicenda. Nel libro ci sono diverse prospettive che si alternano a narrare la storia. Si segue certamente l’indagine dell’avvocato Utterson, ma il caso si rivela e diventa chiaro soprattutto grazie all’accumulo di alcuni atti notarili, relazioni scientifiche, memoriali, confessioni e testi di cronaca nera. Un modo, questo, che permette al lettore, attraverso le varie tracce lasciate dai documenti, di ricostruire la storia e arrivare alla scoperta sconvolgente: alla soluzione dell’enigma. Ma ciò succede solamente alla fine. Nel film, invece, il punto di vista è più neutro. Lo spettatore segue la trasformazione in diretta. Nel senso che scopre Mr Hyde nello stesso istante del protagonista. È lì sulla scena, a fianco di Tracy, mentre cambia i connotati.
Il film e il libro sono due mezzi espressivi che hanno peculiarità ben distinte. Ed è quindi ovvio che la materia narrata venga usata in modo differente. L’uso della parola scritta permette a Stevenson di concludere la storia con una sorta di memoriale lasciato dal Dr Jekyll. Un testo, piuttosto corposo, in cui vengono spiegate le radici e le ragioni del suo comportamento. Uno scritto che scava nell’animo umano e che spiega (qualche anno prima di Freud) quanto esso sia complesso. «Il mio peggior difetto era una certa irrequieta gaiezza di temperamento, che in me stentava a conciliarsi con il desiderio categorico di esibire agli occhi della gente un’autorevolezza inusitata». E ancora: «Giorno dopo giorno, mi avvicinai sempre più a quella verità la cui parziale scoperta mi condannò a una spaventosa catastrofe, e che riconosce come l’uomo non sia unico, bensì duplice. Vidi che se potevo considerarmi con legittimità sia l’uno che l’altro dei due esseri che si dilaniavano nella mia coscienza, ciò era dovuto unicamente al fatto che ero ambedue fin nei precordi del mio intimo».
Da parte sua Fleming utilizza la trasformazione, l’ultima, da Mr Hyde a Dr Jekyll per concludere la pellicola. Nella scena finale, infatti, viene ucciso, nel suo laboratorio, dai suoi persecutori. E senza più anima il suo viso si trasforma nel dottore, mentre il suo uccisore, l’amico George Lanyon recita l’ultima preghiera. Una parola rivolta al cielo che richiama quella iniziale del film la quale recita: «Se siamo puri di cuore e retti nel pensiero sfideremo sempre tutti i perversi assalti del male». Una frase seguita, subito dopo, da una ancora più importante per il lungometraggio: «La nostra Inghilterra celebra oggi il giubileo di sua maestà». Eccola spiegata, la differenza fondamentale: il romanzo scava nell’animo umano e nella sua duplicità, il film è una critica sociale all’epoca vittoriana.