È come l’amore. Anzi, è proprio amore. Il Cinema non si può fare senza urgenza, senza bisogno, senza essere in due. Due sguardi, una cinepresa e uno spettatore. Stefano Knuchel sembra saltare quando parla, anche se è calmo e racconta con voce pacata della passione, quella vera. Sembra sgambettare di gioia ma non si muove: sono le sue parole che arrivano come un treno in corsa. Lui è uno dei responsabili, fin dall’inizio, fin dal 2011 quando con Carlo Chatrian si è voluta creare l’Academy del Locarno Film Festival: un luogo dove giovani registi, attori, critici, produttori si potevano incontrare, parlare e conoscersi. Nei primi anni tutti insieme, poi divisi in tre sezioni: chi sta entrando nel mondo dell’industria cinematografica (Industry Academy, la cui responsabile è Marion Klotz), chi desidera scrivere di film sui media (Critics Academy, il cui responsabile è Christopher Small) e chi i film vuole farli (Filmmakers Academy).
Knuchel si occupa dei filmmakers, dei cineasti. E parla di tortura. «Quando si deve scegliere quella dozzina di partecipanti all’Academy, come fai? Ricevi centinaia di proposte, gente da tutto il mondo che ti manda le sue idee, la sua biografia, i cortometraggi già realizzati... Lasci in panchina gente che adori», dice. E ne scegli pochissimi. Quest’anno saranno sedici (al posto dei venti in anni senza pandemia), alcuni che vengono da altre scuole o festival con cui si collabora, una dozzina invece che peschi nei cinque continenti. Ragazzi, ragazze sotto i trent’anni, sui 25-26 di solito, in quell’età in cui escono dalla formazione e muovono i loro primi passi nell’ambiente del Cinema. Giovani che nel loro pezzetto di mondo sono magari già apprezzati e conosciuti, e che adesso sono pronti a fare il grande salto, quello internazionale.
«Non è la tecnica, non è il successo, a volte non è neanche l’idea che conta: è lo sguardo», spiega Knuchel. L’intenzione, il cuore. Come in amore. I cineasti dell’Academy possono anche arrivare con dei difetti, ma quello che li ha contraddistinti e li ha fatti scegliere è un certo modo di essere. Ed è quello che va preservato, curato, fatto esplodere. Quando ti innamori e sei corrisposto, tutto gira vorticosamente intorno a voi due e non pensi ad altro; poi d’un tratto ti viene paura. Paura di perdere tutto, paura che finisca, paura di non essere amata. E provi a essere diversa, migliore, un’altra te stessa. Ma perché temere, se sei proprio tu, così come sei, che lo hai fatto innamorare?
Ecco, racconta Stefano Knuchel, lui stesso professionista cinematografico, succede così anche nel Cinema: a un certo punto uno si dimentica chi è e cerca di uniformarsi al gusto dominante. «Il rischio della perdita d’identità artistica è dietro l’angolo; noi dobbiamo ricordare a ognuno che se è arrivato fino a qui è perché aveva qualcosa di personale, di unico, di irripetibile ed è quello che va tenuto nello scrigno prezioso della creazione. Poi se uno ha davvero qualcosa da dire le possibilità finanziarie, i mezzi, la tecnica, arrivano. Ma se non c’è un’anima, allora è tutto inutile. Per questo, più che di dargli quelle possibilità finanziarie, quei mezzi e la tecnica, si cerca di creare il punto di vista e la fiducia in quel punto di vista».
Alla Locarno Academy arrivano i talenti; è sostenuta da fondazioni – numerose – perché è missione di Locarno come festival spingere i giovani, le scommesse di domani. Si cerca un equilibrio e una varietà tra le aree di provenienza del mondo, gli uomini e le donne, il documentario e la fiction, tra chi qualcosa ha già fatto e chi è proprio agli inizi.
Knuchel, dice, ama questo momento in cui il fuoco avvampa e la personalità non è ancora del tutto definita: questi giovani arrivano a Locarno all’Academy con un concentrato di energia e passione. Non per forza con un progetto preciso. «Ci interessa la vita, non il singolo progetto. Questo è il Cinema d’autore: il rapporto con il mondo circostante messo a fuoco in un modo particolare», spiega. «In tutti i registi che amo c’è forse un solo punto in comune: sono scontenti del mondo così com’è. E allora lo dicono, ognuno a modo suo, chi poetico chi impegnato chi tragico chi buffone: guarda come potrebbe essere bello, guarda come ci sbagliamo». L’Academy dà a questi ragazzi dieci giorni di incontri con registi, direttori di fotografia, case di produzione e responsabili di festival, specialisti di Cinema di ogni paese, anche svizzero ma al contempo lascia anche tempo per gironzolare, a piacere nelle sale del cinema o in città vecchia, nel lago o alle feste. Per intessere relazioni, scambiare esperienze (che se già lavori è come fare pratica, dice Knuchel), e soprattutto per scoprire il proprio potenziale e fidarsene.
«Prepariamo il programma dell’Academy solo con prodotti freschi», scherza il project manager della Filmmakers Academy. «Mano a mano che vengono invitati i professionisti del settore a Locarno, noi chiediamo loro se durante questi dieci giorni sono disponibili a incontrare i nostri studenti. E loro di solito accettano volentieri, perché hanno voglia di conoscere le nuove generazioni e sanno già che vi troveranno gente intelligente, aperta, curiosa».
Naturalmente ci sono sinergie con le altre due categorie, la Critics e la Industry Academy e insieme agli altri due responsabili, Marion Klotz e Christopher Small: ci si presenta, ci si scambiano i punti di vista e le esperienze, si impara a parlare con qualcuno che in generale la quotidianità non ti spinge a incontrare, si acquista consapevolezza di far parte della generazione che nel futuro vivrà dentro e intorno ai film.
E poi Locarno li segue, questi ragazzi che diventano donne, uomini, registi, critici, produttori, per anni ancora; c’è chi vince a Cannes, chi torna a Locarno, chi scrive su grandi giornali o lavora per qualche casa di produzione, chi viene all’Academy a insegnare in qualità di esperto, per raccontare come si passa dall’inizio carriera a un lavoro più maturo. Come sempre, il Locarno Film Festival è in grado di creare un gruppo di affezionati, che cambiano ruolo ma che continuano a passare da qui, perché è bello, perché è rilassato e totalizzante, perché in questo festival davvero si va al cuore del Cinema urlando con dolcezza continua che i film danno più senso alla vita, eccome.