Se il nome Lee Miller vi dice qualcosa sono sicura che non vi lascerete sfuggire questa mostra a lei dedicata dal titolo Fotografin zwischen Krieg und Glamour visitabile al Museum für Gestaltung di Zurigo fino a gennaio 2021. Se, invece, sentite il nome per la prima volta dovete assolutamente avvicinarvi a questa donna che nel secolo scorso ha eccelso in tutti i campi nei quali si è cimentata e in particolare nella fotografia. Nata nel 1907 a Poughkeepsie New York da una famiglia borghese benestante, Elizabeth Miller è stata una modella di successo molto ambita da Condé Nast e da alcuni dei maggiori fotografi del tempo come Edward Steichen, George Hoyningen-Huene e Arnold Genthe, poi fotografa a sua volta. I primi passi li ha mossi guardando il padre Theodore ma la svolta è arrivata negli anni parigini, le frequentazioni con la scena surrealista e il suo legame professionale e personale con il fotografo e autore di film d’avanguardia Man Ray.
Nel corso di una lunga carriera durata oltre tre decenni entrò in contatto con le maggiori personalità artistiche e letterarie del suo tempo. Assidua frequentatrice della Svizzera e di St. Moritz, da dove raccontava come l’alta società trascorreva l’inverno, durante la Seconda guerra mondiale Lee Miller divenne un’acclamata corrispondente di guerra per «Vogue» documentando la Battaglia di Normandia, la liberazione di Parigi e dei campi di concentramento tedeschi. Trattasi, come ci racconta la curatrice della mostra Karin Gimmi, di una donna eccezionale la cui vita è stata costellata di avventure, incontri e successi professionali.
Fotografa tra guerra e incanto, quale delle tante Lee Miller ci racconta la mostra?
L’esposizione mira a mettere in evidenza lo stretto rapporto che lega l’evoluzione biografica di Lee Miller alla sua esperienza e competenza fotografica. In questo modo si percepisce come le diverse fasi della sua vita abbiano influito sulla sua tecnica e il suo sguardo fotografico cambiandoli e nutrendoli ogni volta di nuovi elementi e prospettive. È la prima volta che la sua opera completa viene mostrata con tale ampiezza.
Come si sono sviluppate l’arte fotografica e la tecnica di Lee Miller nel tempo?
Theodore, il padre, era un fotografo che amava sperimentare tutte le ultime tecniche. È stato lui il primo mentore di Lee Miller che però ha investito molto nella sua formazione frequentando corsi in scenotecnica, scenografia e illuminazione scenica. Anche nel ruolo di fotomodella non le sfuggivano gli aspetti tecnici della professione e ha lavorato con i più famosi fotografi del tempo al di qua e al di là dell’Atlantico, facendo confluire tutte le esperienze e gli scambi nel suo bagaglio personale.
Partendo dagli esordi, nella sua prima biografia pubblicata dal figlio Antony Penrose, si narra di un fortuito incontro avvenuto nel 1926 quando era una studentessa di scenografia alla Art Students League di New York. Si racconta che l’editore Condé Montrose Nast salvò Lee Miller da un incidente rimanendo colpito dalla sua bellezza ed eleganza. Si potrebbe dire che l’inizio è stata una fortuita coincidenza?
Si può vedere così, ma deve sapere che attorno a questa storia aleggia una buona dose di mito e fantasia. Il figlio è stato il primo a scrivere di lei (The Lives of Lee Miller) e questo fa pensare perché avrebbe per esempio potuto farlo suo marito Roland Penrose quando Lee Miller era ancora in vita. Nel frattempo, di pubblicazioni postume se ne sono aggiunte altre, alcune di carattere più scientifico alle quali personalmente do più credito. Dobbiamo ricordare che il padre era un fotografo esperto con molti contatti nell’alta società e nel mondo della fotografia newyorchese. Sicuramente già in passato c’erano stati dei contatti con l’editore di «Vogue» così come è molto probabile che questa bellezza bionda e androgina dal capello corto e una presenza da palcoscenico fosse già stata notata da tempo. Ci sono molti indizi a suffragio di questa tesi. Questa abitudine di raccontare la storia della sua vita come se la sua vita fosse stata una somma di casi fortuiti non la condivido affatto. Questa donna è stata l’artefice del suo destino.
Certo, però ha avuto delle frequentazioni importanti, amicizie con grandi artisti del suo tempo come Pablo Picasso, Max Ernst, Fred Astaire e Marlene Dietrich.
Questo è un altro elemento che ne ha connotato la grandezza e ha giocato a suo favore: la capacità di muoversi con la stessa disinvoltura in ambito maschile e femminile. Ha curato e coltivato i suoi amori e le sue amicizie per tutta la vita. Ce lo dice ad esempio la sua relazione con Man Ray. È andata da lui a Parigi presentandosi come assistente (e lui di assistenti non ne voleva), è diventata la sua compagna e poi collega per poi lasciarlo tre anni dopo perché voleva crescere ancora professionalmente. È stata lei che per tutta la vita ha scelto, ha preso le decisioni. Proveniva da un contesto privilegiato, di questo va tenuto conto, ma ha sempre preso in mano le redini della sua vita.
Quest’anno cade un anniversario importante, sono 75 anni dalla fine della Seconda guerra mondiale. Lee Miller insieme ad altre fotografe del suo tempo ha avuto una marcia in più nel raccontarla. Quale?
Con la sua macchina fotografica è andata a vedere come le donne trascorrevano la loro vita mentre gli uomini erano al fronte. Nessuno lo aveva fatto prima. Poi si è spinta al fronte come reporter di guerra americana con la qualifica di ufficiale. Non si è curata delle norme che imponevano alle donne di limitarsi a fotografare i lazzaretti, a stare fuori dal campo di guerra. Si è spinta in prima linea. A Saint-Malo è stata l’unica giornalista di guerra a mischiarsi nei conflitti. Lo sguardo surrealista conquistato negli anni precedenti le fu vitale in quei momenti e poi di fronte alle atrocità dei campi di concentramento di Buchenwald e di Dachau il suo sguardo cambiò di nuovo.
Realizzò un reportage per «Vogue» che fece il giro del mondo in cui accanto a una foto che ritrae un cumulo di ossa e un piccolo gruppo di deportati tratti in salvo dice Believe it! Se si comparano le sue fotografie a quelle di altre reporter di guerra come Margaret Bourke-White, prima donna fotografa del settimanale «Life», si capisce come l’obiettivo di Lee Miller sia più vicino agli accadimenti e ai soggetti ritratti. È anche evidente che i suoi scatti non sono improvvisati, le persone sanno di essere ritratte in quel momento e guardano in camera consapevoli.
Ripensando alla biografia postuma del figlio Antony, sorprende che non vi sia stata nessuna pubblicazione precedente che desse conto delle imprese, della vita eccezionale di Lee Miller. Come se lo spiega?
Lee Miller è stata una star della fotografia per 40 anni. Finita la guerra ha smesso l’uniforme che portava, ha messo da parte la macchina fotografica e ha chiuso tutto in soffitta. Ha chiuso un capitolo della sua vita e ha trascorso il successivo come Lady Penrose, moglie del pittore Roland Penrose, trasformandosi in una superba cuoca gourmet e intrattenitrice delle molte cene e feste che nel weekend animavano la casa in campagna della famiglia nell’East Sussex. Lo testimoniano ad esempio le bizzarre foto della serie Working Guests in cui vediamo l’illustratore Saul Steinberg nel giardino dei Penrose alle prese con la canna dell’acqua o Alfred Barr, il primo direttore del Museum of Modern Art di New York, intento con giacca e cappello a dar da mangiare ai maiali. Solo una personalità come quella di Lee Miller avrebbe potuto convincerli a prestarsi al gioco.
Perché, mi sono chiesta, nelle biografie degli anni sessanta di Man Ray, Lee Miller compare soltanto nelle note a margine come musa? Perché nei racconti di Roland Penrose, con il quale è stata sposata tanti anni, Lee Miller compare soltanto nel ruolo di moglie o di musa e mai come fotografa o magnifica cuoca? Non ho trovato ancora una risposta, un uomo al suo posto si sarebbe sicuramente preoccupato dell’immagine che avrebbe voluto lasciare in eredità ai posteri.

Dove e quando
Lee Miller – Fotografin zwischen Krieg und Glamour, Zurigo, Museum für Gestaltung (Toni Areal). Orari: ma-do 10.00-17.00; me 10.00-20.00; lu chiuso. Fino al 3 gennaio 2021. museum-gestaltung.ch
Una vita eccezionale
Gli scatti coraggiosi di Lee Miller
/ 02.11.2020
di Natascha Fioretti
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