Mentre qualcuno ipotizza scenari di euforia senza freni dopo il periodo pandemico e altri paventano epoche di oscurantismi, le maggior parte di noi si riaffaccia con una certa timidezza e quasi con stupore alle attività normali. Ogni settimana l’agenda culturale è più consistente e anche le gallerie d’arte stanno tornando a proporre nuovi progetti strutturati, non più allestimenti d’emergenza approntati per fare fronte all’imprevedibile susseguirsi di chiusure e riaperture. La scena dell’arte contemporanea è però in buona parte un fenomeno di socialità, di costume: si va ai vernissage per incontrarsi ancor più che per studiare con diligenza le opere esposte e si frequentano le fiere anche per il clima di mondanità che le circonda. In questo momento, però, ovunque i galleristi si stanno interrogando su modalità nuove per richiamare il pubblico dopo che la componente sociale è venuta mancare.
A Lugano si riscontra un impulso verso progetti di qualità. La Divisione eventi comunica che si dovrà probabilmente aspettare il prossimo inverno per una nuova edizione di Open Gallery, la manifestazione che coinvolge gli spazi d’arte pubblici e privati della città. Ma vale certamente la pena dedicare un pomeriggio ad una passeggiata fra le gallerie che hanno già riaperto.
Partiamo a piedi da Via Franscini, dove la Kromya Art Gallery propone una retrospettiva sull’opera di Flavio Paolucci. Una ventina di opere dell’artista nato a Torre in Valle di Blenio nel 1934, caposcuola della scultura ticinese contemporanea, raccontano bene la sua linea di ricerca che si dipana seguendo il rapporto fra uomo e natura. Interessante l’approfondimento fatto in quest’occasione sui lavori cartacei – sempre realizzati per sovrapposizione di livelli consecutivi – e sulle sculture che raccontano le forme abitative della montagna. Uscendo, vale la pena di tornare ad osservare Occhio verde, opera del 2007 dall’eleganza quasi orientale nel contrasto fra il legno chiaro e le foglie di carta, che imitano il bronzo ossidato.
In Via Dufour, apre il 20 maggio l’esposizione collettiva Past/Present alla Dip Contemporary Art. Il concetto di partenza è la diversa percezione del tempo che ha caratterizzato le nostre vite nell’ultimo anno e mezzo, determinata da incertezza sommata all’impossibilità di pianificare il futuro. L’artista francese di origini armene Melik Ohanian da tempo interroga il concetto di tempo lineare, esperienza individuale contrapposta a quella collettiva. Nelle fotografie scelte per la mostra, Ohanian presenta un soggetto apparentemente astratto, in realtà raffigurante la liquefazione del cesio, elemento utilizzato negli orologi atomici per determinare la durata esatta del secondo. Occasione anche per vedere opere delle artiste italiane Liliana Moro ed Elisabetta Benassi, anch’esse parte dell’esposizione.
Ci dirigiamo ora verso il centro città per visitare presso la Galleria Buchmann la personale dedicata al celebre scultore inglese Tony Cragg, di cui sono esposte anche alcune opere su carta, oltre alle due sculture Untitled e Stack. Salendo per Via Cattedrale arriviamo fino allo spazio di Daniele Agostini dove, da inizio maggio, sono sviluppati tre nuclei espositivi. Fra questi, si segnala il dialogo fra due artisti rappresentati dalla galleria – Tonatiuh Ambrosetti e Marco Scorti – attorno all’idea di sublime, rintracciato nell’osservazione della natura, in connessione alle esperienze del Romanticismo. Un approfondimento viene dedicato al giovane artista Giovanni Chiamenti che qui presenta opere realizzate con la ceramica raku a partire dal concetto di rizoma, metafora del pensiero che avanza per associazioni, piuttosto che per gerarchie.
Riprendiamo la nostra passeggiata, imboccando il tunnel pedonale di Besso; superiamo il cantiere che in questi mesi circonda la zona della stazione per raggiungere la Galleria Doppia V, dove andiamo a visitare Atomik magik circus. La mostra si sviluppa sui due piani dell’edificio ed è dedicata interamente all’artista autodidatta François Burland, nato a Losanna nel 1958, che per più di trent’anni è stato frequentatore di tribù Tuareg, con le quali ha condiviso segni e colori, oltre che l’abitudine al riutilizzo dei materiali. Si comincia con la serie di opere su carta – sacchetti del supermercato, imballaggi per pacchi – sui quali sono dipinti soggetti più che noti, emblemi della cultura di massa, accompagnati però da slogan ironici che ne sovvertono il significato. Di recente Burland si è dedicato al lavoro con rifugiati ospitati in strutture di accoglienza della Svizzera romanda, spostando l’attenzione dall’opera finita alla creatività quale processo di coinvolgimento sociale.
Se decidessimo di tornare verso il centro città, si potrebbe percorrere la Scalinata degli angioli in direzione del lago, a fianco dell’ex Hotel Bristol, per raggiungere Riva Caccia. La Collezione Olgiati conclude il nostro pomeriggio: è un’eccezione al nostro giro fra gallerie giustificata dalla qualità dei lavori esposti per la mostra Terre. Non perdete il cretto bianco e nero di Alberto Burri, il rilievo Deux oiseaux di Max Ernst e la grande tela di Anselm Kiefer, oltre ai lavori di Enrico Prampolini.
Dove e quando
Kromya Art Gallery, Flavio Paolucci. A confronto. Opere di ieri e di oggi, fino al 20 giugno.
Dip Contemporary Art, Past/Present, fino al 10 settembre.
Buchmann Lugano, Tony Cragg, fino al 26 giugno.
Galleria Daniele Agostini, fino al 3 luglio.
Galleria Doppia V, Atomik magik circus. François Burland, fino all’11 giugno.
Collezione Giancarlo e Danna Olgiati, Terre, fino al 7 giugno, Entrata gratuita