Bibliografia

Carl Spitteler, Il Gottardo a cura di Mattia Mantovani Armando Dadò 2017, 245 pagine.


Una montagna che vale un viaggio

Tradotto per la prima volta in italiano Il Gottardo di Carl Spitteler
/ 02.10.2017
di Pietro Montorfani

Un monumento forse no, ma un’imperitura riconoscenza dovrà pure tributarla la Svizzera italiana a Mattia Mantovani, un traduttore che da anni si spende per diffondere la conoscenza della letteratura di lingua tedesca (soprattutto elvetica) in contesto italofono. Tecnicamente non «uno dei nostri», perché nato a Como nel 1966, nel suo costante varcar frontiere, sostenuto da editori illuminati, ha contribuito come pochi all’incontro tra le due parti più vicine-lontane della Confederazione, divise non a caso dal massiccio alpino.

Chissà se Mantovani ha pensato alla natura misteriosa del proprio lavoro, avanti e indietro lungo binari molto simili a quelli delle ferrovie federali, nel metter mano al Gottardo di Carl Spitteler, unico Premio Nobel per la letteratura di passaporto rossocrociato (Hesse era mezzo tedesco) e scomparso da tempo, non senza ragione, dall’orizzonte dei lettori comuni.

La storia del libro, ricordata da Orazio Martinetti su queste stesse pagine nel maggio dello scorso anno, è singolare e curiosa: per celebrare i dieci anni dal traforo ferroviario del San Gottardo la società che gestiva la tratta chiese a Spitteler, poeta di media celebrità ancora lontano dai riconoscimenti internazionali, di scrivere un reportage che ne raccontasse le bellezze e le peculiarità. Le motivazioni turistiche e celebrative (insomma politiche) non devono distrarre dal fatto principale, cioè che sia stato chiesto a uno scrittore di raccontare il «proprio» viaggio attraverso le Alpi in un’epoca che inaugurava la modernità. 

Che uno scrittore possa avere uno sguardo diverso dagli altri, un punto di vista preciso sul mondo, una sua etica, è cosa tanto ovvia da rischiare di passare inosservata. Io stesso, convinto di trovarmi tra le mani l’ennesimo Baedeker, ho cullato per un istante l’idea di ripercorrere la tratta battuta da Spitteler innumerevoli volte, prima, dopo e durante la stesura del libro, per verificare la tenuta delle sue osservazioni, delle sue riflessioni, delle sue storie. Sono felice di non averlo fatto (avrei potuto, i binari, se non gli stessi, sono lì da 140 anni) per la semplice ragione che il libro funziona soprattutto in assenza. Qui sta il merito dello scrittore, che non scrive una guida turistica ma ha l’ambizione di ricreare un’esperienza, aspira a far vivere il mondo sulla carta persino più che nella vita reale.

Tolta una patina retorica tipicamente ottocentesca, giustamente preservata (in parte) dal traduttore, bisogna ammettere che il libro di Spitteler continua a cogliere nel segno. Nel suo ripercorrere passo passo le valli del massiccio alpino, nel suo continuo insistere su verbi di percezione, di sguardo e di ascolto, nell’invenzione di metafore piane e calzanti (Giornico come un’oasi di storia e cultura chiusa tra vette impervie, Bellinzona città dei giardini che preannuncia l’Italia, i cipressi come punti esclamativi del sud!), Il Gottardo ha il merito di richiamare alla mente in modo efficace tutto un immaginario che il nuovo tunnel di base di Alptransit ha di fatto mandato in pensione. Nelle sue pagine vivono ancora la chiesetta di Wassen e le gallerie elicoidali del Piottino, con in più il gelo delle carrozze invernali e il fumo delle locomotive a vapore.

Con parsimonia l’autore distilla informazioni storiche, culturali, geografiche o etimologiche, e nel complesso tratta il mito del Gottardo con il giusto distacco e la giusta ironia. Snobbato dagli antichi romani, che gli preferirono sempre il Lucomagno e il Sempione, il passo inizia la sua storia soltanto in epoca medievale, quando il monastero di Disentis vi eresse una cappella dedicata all’omonimo Santo (vescovo di Hildesheim). La consacrazione ferroviaria agirà a ritroso, costruendo un mito tutto novecentesco, fatto di ridotti alpini e di fieri arroccamenti nella tradizione. L’opinione di Spitteler, un mite lucernese che inevitabilmente guardava (e pensava) da nord a sud, è di quelle utili ancora oggi: «A proposito di Gottardo e natura alpina. Il mio più grande desiderio, adesso, sarebbe di far saltare per aria con la dinamite il Gottardo e tutte le Alpi, in modo tale da avere libero accesso all’atmosfera italiana». Una provocazione, naturalmente, ma anche una boccata d’aria.