Una lucciola dalla Corea del Nord

Bandi offre uno scorcio della quotidianità in Corea del Nord
/ 14.08.2017
di Simona Sala

In questi giorni il mondo se ne sta con il fiato sospeso di fronte alle tensioni stellari tra la superpotenza statunitense e un Paese misterioso e minaccioso come la Corea del Nord. Ma se con gli USA siamo praticamente in un modo o nell’altro connessi giorno e notte, della Corea del Nord sappiamo poco o nulla. Le rare fotografie che ci giungono sono inquietanti per molti aspetti, e ogni altra forma d’arte è bandita dallo Stato. A raccontare la Corea del Nord ci provano gli altri, quelli che stanno «fuori», come ad esempio lo statunitense Adam Johnson ne Il signore degli orfani (Marsilio, 2012, Premio Pulitzer) o il sud coreano Park Chan-wook, che in Joint Security Area (2000) illustra la dolorosa quotidianità sulla linea di confine tra i due Stati.

Ora però attraverso la frontiera del paese più blindato del mondo, qualcuno ha avuto il coraggio di contrabbandare un manoscritto di sette racconti scritti a matita, raccolti sotto il titolo di L’accusa (Rizzoli). Autore un certo Bandi, pseudonimo che in coreano significa «lucciola». Un piccolo faro come a suo tempo Arcipelago Gulag di Solzenicyn, cui Bandi è stato subito paragonato.

Sull’autenticità della storia che sta dietro il libro, tradotto immediatamente in 15 paesi, hanno dibattuto in molti; un’analisi della lingua originale in cui è stato scritto Denuncia, dimostrerebbe però a scanso di ogni equivoco come alcuni dei vocaboli utilizzati siano in uso unicamente nella Corea del Nord.

I sette racconti di Bandi si leggono d’un fiato per l’agilità con cui sono stati scritti, ma anche con un costante senso di amarezza e di soffocamento. Dalle piccole storie di gente comune raccontate con empatia, esce una quotidianità fatta di rinunce a denti stretti, di restrizioni, divieti, e del collante numero uno di ogni dittatura: la paura. D’altronde, come restare tranquilli in uno Stato che deporta un’intera famiglia solamente perché la madre si ostina a tenere le tende chiuse affinché il figlioletto, sensibile e di salute cagionevole, non abbia a vedere la spaventosa gigantografia del caro leader? O come riporre fiducia nel futuro se un povero cristo qualsiasi, desideroso di vedere per l’ultima volta la madre moribonda, si vede a più riprese negato il permesso di viaggiare? O come mettere in dubbio la potenza di una nazione che in meno di un’ora riesce a radunare oltre un milione di persone su una piazza?

La tacita violenza che permea i racconti di Bandi sottintende in qualche modo a quella delle brutalità che si attribuiscono ai temuti campi di lavoro. Bandi ha la grazia e il talento di fermarsi sempre un attimo prima, ma fa male comunque, perché i suoi personaggi sono inermi e non hanno modo alcuno di sottrarsi al destino di essere nati da quella parte del confine.