Bibliografia

Isaac Bashevis Singer, Max e Flora, Adelphi, Torino, 2023.


Una commedia umana

Romanzo  ◆  Per Adelphi è uscito Max e Flora, il testo inedito di Isaac B. Singer che ripropone il genere a lui caro del gangster novel
/ 07.08.2023
di Luigi Forte

Sembrava un amore indistruttibile. Con una buona dose di gelosia forse per la vita piuttosto disinvolta della moglie quando recitava al teatro Muranów di Varsavia. Ma erano altri tempi e dopo il loro incontro era sbocciata la passione e lui non aveva dubbi: «Il passato è passato, ma d’ora in poi per te ci saranno un solo Dio e un solo Max». Ma la vita riserva molte sorprese e può trasformarsi in uno splendido romanzo finora inedito come Max e Flora del Premio Nobel Isaac Bashevis Singer che Adelphi propone nell’ottima versione di Elisabetta Zevi, originariamente pubblicato a puntate sulla rivista yiddish di New York «Forwerts» nel 1972.

Il titolo originale è in realtà I visitatori con riferimento ai due protagonisti tornati a Varsavia da Buenos Aires per ritrovare i luoghi e gli amici della giovinezza. In Argentina avevano fatto fortuna con una catena di bordelli che Max sbandierava come fabbrica di borsette per la quale stava cercando durante il soggiorno in patria nuove e avvenenti collaboratrici. Nulla di nuovo in quei primi anni del Novecento, alla vigilia della Grande Guerra, quando negli shtetl polacchi vere e proprie organizzazioni criminali facevano commercio di ragazze.

Singer – dopo i romanzi Schiuma e Keyla la Rossa – ripropone qui il genere del gangster novel, narrazione di malavitosi e faccendieri ebraici che ebbe grande fortuna dalla fine dell’Ottocento in poi arrivando fino ai Racconti di Odessa di Isaak Babel e oltre. E Max Shpindler, detto Mottele il Bastardo, partito da Varsavia senza un soldo in tasca e diventato milionario in Argentina, non fa eccezione. I suoi compagni sono ladri, ruffiani, malviventi e il suo milieu è ancora il sottobosco criminale ebraico anche se ora alloggia con la sua amatissima Flora allo splendido hotel Bristol. E che gioia ritrovare il grande amico Meir Panna Acida, il re di via Krochmalna, che persino i poliziotti omaggiano, diventato ricettatore, ma con ottimi rapporti con la sinagoga e il rabbino. La realtà d’un tempo gli si dispiega in una dimensione nuova, aperta al godimento e al piacere, e alla moglie Flora, di cui soddisfa ogni capriccio perché possa vivere come una regina, ricorda che a quarant’anni suonati, non si deve più esitare, ma godere, «incendiare il mondo».

Max è in realtà un edonista pieno di dubbi come Hertz Minsker nel romanzo Il ciarlatano, inquieto nell’anima e nel corpo, o come l’incorreggibile dongiovanni Yasha Mazun nel Mago di Lublino, affezionato alla tradizione ebraica ma anche alla costante inosservanza delle regole dei Padri. E Max, a sua volta, non esita a ricordare scherzando che, diversamente dall’ebreo pio, lui deve lottare contro l’inclinazione al bene. In realtà i suoi costanti monologhi, le sue scombinate e discordi riflessioni mostrano un protagonista che sembra incapace di dominare le situazioni, teso fra vitalismo e autodistruzione, fra il bene e il male, alla ricerca di un piacere che la vita si affretta a dissolvere. Insomma, quello sciupafemmine deve combattere talvolta contro la follia e si sente vittima di forze che lo sovrastano. E certo non lo aiuta il fatto di scoprire, quando tutti gli amici già lo sapevano, che Flora non è quell’angelo che immaginava, ma una ragazza che un attore aveva tirato fuori da un bordello. «Sono il più grande imbecille del mondo. L’idiota numero uno», sospira. Ma intanto se la fa con Rashka, «bella come un dipinto» la giovanissima ragazza che l’amico Meir gli ha proposto di portare con sé in Argentina. Del resto, sentenzia, arriva sempre il momento «in cui avere una sola moglie diventa noioso». Per questo non disdegna neanche le attenzioni della fanatica Ida, che cerca di convincerlo ad aiutare finanziariamente un gruppo di anarchici, che come lei vorrebbero migliorare il mondo mentre progettano un favoloso colpo in banca.

Come molti personaggi di Singer, Max è preda di un eros insaziabile e consiglia anche a Flora di avere un altro uomo, magari l’ amante di un tempo, l’attore, il mimo Feivele Schechter. Ma l’ingarbugliata situazione si riverbera sul protagonista mettendone in luce fragilità e incertezze. Legge i giornali yiddish da cima a fondo e non di rado pensa a quel Dio indifferente al destino degli ebrei aggrediti, torturati e cacciati dalle loro case. Chissà se mai esiste. Non a caso è attratto dal «falso messia» Jacob Frank che predica la salvezza lungo un percorso di abiezione e immoralità. E non esita a interpellare il giornalista Kadishzohn dopo aver letto un suo articolo sui Giorni del Giudizio. Ecco i grandi interrogativi a cui non sapeva dare risposta, su vita e morte, speranza e disperazione. «Rabbi, insegnami! Dimmi cosa devo fare!», è la voce che gli viene dal cuore, ma a cui non troverà risposta.

Mentre sogna una sorta di riscatto, di affrancamento dalle bassezze di cui si è nutrito finora, Max s’inabissa sempre più nella sua solitudine. Non è felice con Rashka, che lo adora, attratto ancor sempre dalla mo-glie Flora, che infine tornerà da lui pronta a essere tenuta alla catena come un cane, né riesce a ritrovare un rapporto creativo con la città di un tempo, dove invece il lettore si addentra con grande emozione.

In un clima da romanzo d’appendice Singer mette a fuoco personaggi che dietro un ambiguo e ossessivo vitalismo celano ambiguità e fatali contraddizioni. Compresa una qualche fede in Dio, ma non nella sua bontà. «Sarà anche crudele – come diceva l’amico Meir – ma esiste».

Max non fa tempo ad accorgersene, perché viene ucciso dall’anarchica Ida insieme a sua moglie. Ora finalmente si è liberato di tutte le sue paure e chissà che prima o poi, come da ultimo cantano gli anarchici imprigionati, uomini e donne liberi da ogni tirannia non imparino a vivere come una grande famiglia felice.