Giorgio Vasari è ricordato soprattutto per le Vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architetti, ma in realtà era architetto e pittore. La critica si è concentrata quasi esclusivamente sulle Vite che, soprattutto nella seconda edizione Giuntina del 1568, rappresentano la prima vera biografia della situazione artistica della storia. Vasari pittore non è stato molto studiato e i giudizi non particolarmente lusinghieri. Bene che vada si parla di «sincretismo» pittorico all’interno di uno scontato manierismo. Adolfo Venturi sostiene che il «suo atteggiamento cerebralistico non è quello di un Pontormo che si tormenta in ricerche di colore e di linea, in ardui problemi di estetica, ma è quello di un letterato che ama i temi dottrinari, di un michelangiolista che vorrebbe, senza sentirle, interpretare le passioni eroiche, e che meglio riesce quando, inconsciamente, rinuncia a tutto per veder nella composizione un puro gioco decorativo. Esempio le divertenti battaglie di Palazzo Vecchio». Analogo giudizio ne dà Paola Barocchi ne Il Vasari pittore, salvando forse solo i pennacchi della Camera di Apollo e delle Muse nella sua casa aretina.
Vasari (Arezzo 1511 – Firenze 1574) inizia i suoi studi prima nella città natale e in seguito nelle botteghe di Andrea del Sarto e di Baccio Bandinelli. Studia pittura e architettura. Viaggia molto: Venezia, Roma, Mantova ed è famoso soprattutto per la decorazione pittorica di Palazzo Vecchio e la fabbrica degli Uffizi a Firenze; lavori affidatigli da Cosimo de’ Medici. A Roma Pio V gli dà l’incarico di affrescare le scene della battaglia di Lepanto nella Cappella Regia del Vaticano. Delle sue opere egli stesso scrive: «Se bene elle non sono di quella perfezione che io vorrei, si vedrà nondimeno da chi vorrà con sano occhio riguardarle che elle sono da me con istudio, diligenza ed amorevole fatica lavorate, e perciò se non degne di lode almeno di scusa». D’altronde dipinge con grandissima facilità e senza stento. Per la sua sterminata opera pittorica si avvale di parecchi collaboratori come Cristofano Gherardi, Marco da Faenza, Giovanni Stradano, Giovanni Battista Naldini, Jacopo Zucchi, Francesco Morandini detto il Poppi. Purtroppo non ci sono analisi specifiche, anche per la mancanza di documenti, per poter dipanare l’annosa questione di chi ha dipinto cosa.
In questo grande girovagare due sono le case, attualmente visitabili, abitate da Vasari. La prima si trova in Borgo Santa Croce a Firenze la quale, saltuariamente, apre le porte per una visita guidata nell’unica Sala Grande decorata dall’artista. Un ciclo di affreschi incentrati sul tema delle arti e il primato del disegno realizzati in tarda età. Terminati i restauri nel 2011, oggi si può ammirare in tutto il suo splendore. Alessandro Cecchi scorrendo con lo sguardo le pareti avverte la presenza «inconfondibile» dello Zucchi e l’apporto circoscritto del Poppi.
L’altra casa del Vasari si trova ad Arezzo, città di origine della famiglia. Nell’Autobiografia della Giuntina delle Vite scrive di aver acquistato nel 1540 «una casa principiata in Arezzo con un sito per fare orti bellissimi, nel Borgo di San Vito nella miglior aria della città». Una casa che gli consente di programmare con calma il suo matrimonio, avvenuto nel gennaio 1550, completati i lavori. Vasari è oramai trentenne e sposa Niccolosa, la figlia quattordicenne del facoltoso Francesco Bacci. Ristruttura l’edificio rendendolo vario e modificando le altezze dei solai. Al piano nobile, dove abita, esegue personalmente la decorazione pittorica dal 1541 al 1548. Qui l’artista lavora solo per sé e di conseguenza con maggiore libertà così da lasciare «alcune tra le più fresche e originali decorazioni».
Nel pianerottolo di ingresso alla Camera della Fama e delle Arti c’è una nicchia con un putto con squadra e compasso. Nelle Ricordanze scrive: «Dipinsi nella volta d’una camera, che di mio ordine era stata murata nella già detta mia casa, tutte le arti che sono sotto il disegno o che da lui dipendono. Nel mezzo c’è l’allegoria della Fama che rappresenta il Bene e che siede sopra la palla del mondo e suona una tromba d’oro nascondendone una di fuoco finta per ingannare la Maldicenza et intorno a lei sono con ordine tutte le dette arti con i loro strumenti in mano. E perché non ebbi tempo a far il tutto, lasciai otto ovati per fare in essi otto ritratti di naturale de’ primi delle nostre arti». Sono esattamente Luca Signorelli, Michelangelo Buonarroti, Lazzaro Vasari, Spinello Aretino, Andrea Del Sarto, Bartolomeo della Gatta, il maggior artista attivo nell’aretino prima del Vasari e lo stesso Giorgio Vasari.
La camera di Abramo, destinata a camera nuziale, è sormontata da un cassettonato con al centro una tempera all’uovo con Dio che benedice il seme di Abramo. Una sorta di auspicio che per lui non si avvererà. Lo scorcio è arditissimo e grande la profondità spaziale. Ai lati 4 figure femminili che tengono in mano i simboli delle rispettive allegorie: la Pace con in mano il ramo di ulivo, la Virtù con un gran vaso pieno di fiori «per l’odore buono che essa virtù fa sentire», la Concordia rappresentata da «Le mazze rotte et un fascio delle sane» e la Modestia che sorregge un volume con scritto «MODESTIA VESTRA NOTA SIT OMNIBVS HOMINIBVS». Questi affreschi, scrive Diana Toccafondi, rappresentano «non solo il teatro della memoria ma anche quello della storia».
La camera di Apollo e delle Muse è composta da un tondo con appunto Apollo e i suoi attributi di poeta e cantore.
Infine la Sala del Camino con dipinti il Trionfo della Virtù e il primato dell’arte. Questa è la sala più complessa e ricca di decorazioni, forse destinata a funzioni di rappresentanza. Figure classiche, vedute fantastiche, episodi delle vite dei maggiori pittori dell’antichità. Un’allegoria della vita umana con l’attività artistica che ha ai suoi vertici la Pace e la Prosperità. L’ottagono centrale raffigura la Virtù che bastona la Fortuna e l’Invidia.
Casa Vasari dispone di altre sale. La quadreria allestita negli anni Cinquanta del Novecento e rinnovata nel 2011 contiene una settantina di opere del secondo Manierismo toscano fra le quali Cristo portato al sepolcro, opera prima dello stesso Vasari. Dipinta poco più che ventunenne tradisce «un certo eccesso di virtuosismo e di compiacimento erudito» anche se porta in sé effetti di epicità vigorosa e risentita tipicamente toscana», scrive Anna Maria Maetzke.
Infine c’è l’archivio vasariano con documenti fra i quali Le Ricordanze e Lo Zibaldone.