Un viaggio di carta, parole, immagini e riflessioni

Come riscoprire lo spirito del viaggiatore in Alla ricerca di don Chisciotte. Un viaggio nella Mancia, di Claudio Visentin e Stefano Faravelli
/ 28.11.2016
di Manuela Mazzi

Non me l’aspettavo. O forse un po’ sì, quantomeno potevo immaginarmelo. Alla ricerca di don Chisciotte. Un viaggio nella Mancia dei nostri collaboratori Claudio Visentin e Stefano Faravelli è un piccolo (nel senso che non è di grande formato) gioiellino della letteratura «anche» di viaggio. 

Devo fare una premessa: Don Chisciotte della Mancia di Miguel de Cervantes è uno dei libri che più ho amato. Quindi il rischio che il progetto a me potesse risultare indigesto era alto. 

Mi aspettavo una banale descrizione di un viaggio nella Mancia, e un po’ è così. Dico un po’ perché lo è solo se si resta in superficie, mentre tutto, in questo libro, suggerisce di fare molto altro, di guardare altrove. E lo fa con una tale spontaneità da rendere l’operazione molto facile. È questa la sua forza: permette al lettore di seguire due moderni avventurieri in una continua riflessione più idealista e affascinante che non filosofica, nel senso stretto del termine, se si considera che solo la vita può serbare quel fascino sincero che sta all’interno di ogni sguardo e non fuori, che sta in certi valori e molto meno in altri. Il tutto con un linguaggio semplice, con un narratore complice del lettore, con un piglio divertente, con immagini che raccontano tanto quanto le parole. 

Accattivante è soprattutto il «paradosso» che permea questo bel libretto (sì, bello anche nella sua forma e grazie alle belle illustrazioni del maestro dei carnet). Un gioco di contrapposizioni, si diceva, neanche tanto mascherato. Presi due viaggiatori del tutto simili ai protagonisti, il racconto li vede partire, sì, per la Mancia, ma non per esplorare i luoghi di questo celebre romanzo, non davvero. Il loro obiettivo è seguire le impronte di Ronzinante alla ricerca dello spirito di Don Chisciotte. Senza mai trovarlo (o forse sì, ma non voglio fare spoiler). 

I luoghi son quelli ma del nostro pare sempre non esserci traccia. Non del suo spirito. E il lettore prosegue in questa ricerca perennemente disillusa senza tuttavia sentirne la frustrazione, quella mancanza è solo strutturale, non sentita. Ed è chiaramente questo il paradosso. I due viaggiatori moderni cercano fuori quel che è palesemente dentro; lo spirito di Don Chisciotte, non è nient’altro che lo spirito del viaggiatore e, quando lo si intuisce, quel mondo spolverato di magia si trasforma in altre realtà possibili. E chi ha letto l’originale storia del Seicento sa di che si parla.

L’obiettivo dei due viaggiatori è di seguire le impronte di Ronzinante alla ricerca dello spirito di Don Chisciotte

La storia viene arricchita e gli autori sembrano suggerire a tutti di partire per dare anche il loro contributo: servono sempre nuove avventure per tenere in vita lo spirito di Don Chisciotte. Per farlo basta un pizzico di sana interpretazione della realtà senza far caso ai Sancio Pancia che si incontrano per la via, senza badare, insomma a chi, ingenuamente, dovesse prendervi per folli.

Un applauso va certamente, dunque, ai due viaggiatori per come hanno saputo ben impersonare, con un’interpretazione totalmente svecchiata, due eroi magnifici, reinventando peraltro un classico che non ha tempo. Perché come viene detto a pagina 58: «Se l’utile mantiene in vita, solo il bello guarisce».

 

Bibliografia

Claudio Visentin e Stefano Faravelli, Alla ricerca di don Chisciotte. Un viaggio nella Mancia, Ediciclo, 2016, pp 106.