Un talk show intelligente

TV - Corrado Augias e Giorgio Zanchini nel nuovo programma Rebus, su Rai 3
/ 15.11.2021
di Marco Züblin

Non sono un estimatore incondizionato di Corrado Augias: intellettuale laico, polemista cortese, a tratti apodittico e asseverativo, con un po’ di quella sottile arroganza da wannabe «venerabile maestro» (cit. Arbasino). Nel nuovo talk di Rai3, Rebus (domenica, 16.30), Augias continua il dialogo con Giorgio Zanchini, meno deferente di quanto fosse quando Augias lo accompagnava in Quante storie, accampandosi un po’ come imprevedibile e maestrino genius loci. Per inciso: quest’ultima trasmissione (Rai3, 12.45, quotidiana) è uno dei pochi tentativi riusciti di «invito alla lettura», un tema (ci tornerò) sul quale i media audiovisivi si sono spesso rotti denti e corna, ma che non per questo deve essere abbandonato – almeno dal servizio pubblico – se non si vuole fallire in uno dei suoi ruoli fondamentali, cioè quello di luogo di mediazione culturale.

La strada è lunga e la china è ripida, tuttavia… Tornando a Rebus, si tratta di un raro esempio di talk show intelligente. Un risultato che nasce da una scelta precisa, quella di non fare appunto quello che fanno gli altri, cioè mettere decine di persone nell’arena e guardarle scannarsi su temi diversi, con il coordinatore un po’ a dirigere il traffico, un po’ ad accendere i fuochi e un po’ a spegnerli. Con pochi o punti risultati per la comprensione del tema.

Qui invece un dibattito a due-tre con una bella riscoperta della capacità degli interlocutori di ascoltarsi a vicenda, di rispettarsi; roba d’altri tempi, di bei tempi. Qualche simpatico siparietto tra Zanchini e Augias, baruffe innocue tra persone che (credo) si stimino. Con l’aiuto di ospiti di livello va in scena un dialogo profondo, ma anche ironico, su fatti e temi della settimana. «Un punto di vista diverso dalla stretta cronaca, per leggere l’attualità con le lenti della storia, della cultura e della politica. Una bussola settimanale per orientarsi nel confuso tempo presente» dice la presentazione, ed è anche così che succede. 

In queste prime puntate si è parlato (due temi a puntata) di eutanasia legale e di limiti alla satira politica, di cambiamento climatico e di criminalità organizzata, di razzismo e di qualità della classe politica, di omofobia e di aborto e obiezione di coscienza, di nuove famiglie e di robotica. Il dibattito in studio viene arricchito da filmati, ma piace soprattutto l’intervento e i contributi dei corrispondenti esteri, in una bella trasversalità dove tutti sembrano dare il meglio approfittando del passo e del respiro lento, profondo senza piaggeria, ironico e auto-ironico di una trasmissione che ci riconcilia un po’, dopo tante delusioni da palinsesto, con l’arte del colloquio, dell’ascolto e del confronto di idee.