Un mondo di grafite

L’incredibile vicenda di Ferdinand Arnold Brader, lo svizzero di Kaltbrunn che emigrò in America e dedicò la sua vita a ritrarre la realtà rurale dell’America di fine Ottocento
/ 07.03.2022
di Benedicta Froehlich

Vi sono pochi universi apparentemente più contrastanti e distanti tra loro di quanto possano esserlo definiti le alpi svizzere e le sterminate pianure agricole dell’heartland americana. Eppure, vi è stato un artista di nazionalità elvetica (purtroppo spesso dimenticato e ignorato dai suoi stessi connazionali) la cui vita fu dedicata proprio a coniugare tra loro questi microcosmi, da molti considerati come agli antipodi – e a fungere da vero e proprio ponte tra due mondi tuttora, di fatto, poco affini.

Ferdinand Arnold Brader, questo il suo nome, era nato nel 1833 a Kaltbrunn, cittadina del Canton San Gallo, e fin da bambino aveva imparato a conoscere quel mondo agricolo di cui avrebbe poi ricercato l’equivalente nella seconda parte della sua vita, una volta emigrato oltreoceano. Ma prima di allora, avrebbe trascorso a Kaltbrunn ben quarant’anni di vita, praticando la professione di intagliatore del legno e specializzandosi nella realizzazione di forme per dolci, poi utilizzate nella panetteria di famiglia, aperta dalla madre dopo la morte prematura del marito Johann Baptist; e fu sempre a Kaltbrunn che, nel 1860, Brader convolò a nozze con Maria Katharina Karolina Glaus, da cui avrebbe avuto un figlio, Carl Ferdinand.

I pochi indizi che si hanno sulla vita dell’artista suggeriscono che, negli anni trascorsi in Svizzera, fosse divenuto estremamente abile nell’intaglio di decorazioni sempre più complesse e intricate, impreziosite da veri e propri virtuosismi – almeno fino al 1879, anno in cui il suo nome appare per la prima volta su suolo americano, per la precisione in Pennsylvania, dove era apparentemente emigrato in solitaria qualche tempo prima (nulla si sa della sua famiglia dopo il trasferimento negli Stati Uniti).

Lo sguardo pieno di meraviglia di Ferdinand ha immortalato per la posterità quella che oggi viene spesso definita come «architettura vernacolare» americana

Purtroppo, al pari di quanto accadde in quegli anni a molti europei diretti verso la tanto favoleggiata America, il futuro di Brader era destinato a essere contrassegnato da autentica povertà, e dalla necessità ad adeguarsi alla mancanza di beni di sussistenza basilari; infatti, anche a causa della salute cagionevole, Ferdinand si sarebbe spesso ritrovato a trascorrere lunghi periodi invernali nelle cosiddette «poor houses», specialmente alle Portage County e Stark County Infirmaries (Ohio). Nonostante ciò, fu proprio in terra americana che egli divenne un vero artista, producendo, tra il 30 ottobre 1879 (data del suo primo disegno ufficiale) e il 1895, circa un migliaio di opere monocromatiche realizzate a matita, tutte meticolosamente datate, firmate e titolate; nell’ultima parte della sua carriera, aggiungerà inoltre alla semplice grafite i pastelli, completando anche una serie di opere a colori.

All’epoca Brader non poteva averne idea, ma il suo lavoro avrebbe finito per divenire di grande rilevanza storica, assumendo il valore di vera e propria documentazione di prima mano della vita nel cuore dell’America rurale di fine Ottocento – quell’America da lui percorsa mentre, in qualità di artista itinerante, visitava famiglie di immigrati tedeschi o svizzeri, realizzando disegni e dipinti in cambio di vitto e alloggio.

Passando da una proprietà all’altra attraverso gli Stati adiacenti della Pennsylvania (dove viaggiò dal 1879 al 1884) e poi dell’Ohio (in cui, tra l’84 e il ’95, soggiornò soprattutto nella contea di Stark), Brader ritrasse i campi agricoli e le fattorie dei proprietari terrieri delle zone e townships da lui attraversate – realizzando suggestivi, e per molti versi struggenti, paesaggi dal gusto quasi fiabesco, che si distinguono, tra le altre cose, per la straordinaria capacità dell’autore di dare vita a visuali aeree, colte da punti di vista sopraelevati ai quali certo non poteva avere accesso: un esempio su tutti, il piccolo capolavoro venduto per 12’500 dollari dalla nota casa d’aste Christie’s nel 2015 e intitolato Residenza di Henry e Priscilla Heisa, Jackson Township: Stark County, Ohio (1888).

Per non parlare dell’unico manufatto di Brader non eseguito su carta, lo splendido Werley Family Quilt, il cui elaboratissimo disegno ricamato fu originariamente concepito e disegnato a matita su una tovaglia in un giorno del 1890 in cui, di passaggio nel villaggio di Osnaburg, Ferdinand si fermò a chiedere un piatto caldo nella casa dei Werley – per poi lasciarsi alle spalle un piccolo capolavoro.

In questo modo, Brader è divenuto uno degli esponenti più interessanti della folk art americana: i suoi quadri, solo apparentemente ingenui o naïf, sono in realtà caratterizzati da un taglio personalissimo, contraddistinto da suggestioni quasi oniriche, che sembrano infondere un senso di vera e propria sacralità al mondo da lui ritratto, portando chi li osserva a «perdersi» letteralmente nei mille dettagli. Lo sguardo pieno di meraviglia di Ferdinand ha immortalato per la posterità quella che oggi viene spesso definita come «architettura vernacolare» americana, fatta di granai, fienili e fattorie, persi in immense distese di campi coltivati che, come oceani le cui acque siano increspate dal vento, si stendono a perdita d’occhio fino a toccare l’orizzonte.

E chissà se nel 1896, quando fece infine ritorno in Svizzera dopo aver ricevuto notizia della morte del fratello Franz Aloys, Brader provò nostalgia verso le terre in cui aveva vissuto così tante esperienze; forse non riuscì più a sentirsi davvero a casa tra le antiche montagne e pascoli, dato che, nel corso dell’anno 1900, si persero del tutto le sue tracce, e le autorità di San Gallo furono costrette a dichiararlo ufficialmente scomparso: un destino che, incredibilmente, nel 1919 sarebbe toccato anche al figlio Carl Ferdinand, sparito nel nulla nel medesimo cantone.

Oggi, il mistero della vita austera e discreta di Brader, congedatosi con appena un silenzioso inchino dopo aver realizzato un’opera unica quanto misconosciuta, non fa che enfatizzare l’unicità non solo del suo lavoro, ma anche dell’amore che provava per il mondo intorno a sé – un amore tuttora trasmesso a chiunque abbia la fortuna di (ri)scoprirne l’opera.