Dobbiamo a una citazione di Cicerone (De amicitia, 64) questo frammento di una tragedia per noi perduta di Ennio. Il concetto è un luogo comune della letteratura classica di ogni epoca e non è estraneo neppure alla letteratura biblica: «Non si riconoscerà l’amico nella prosperità e non si celerà il nemico nelle avversità» (Siracide, 12, 8).
Il sentimento dell’amicizia è stato profondamente esaltato dalla civiltà classica, che lo ha strettamente connesso, già nel nome, all’amore: gr. philía = «amicizia», phileîn = «amare»; lat. amicitia vs amare e amor. Agli italofoni, e più in generale ai parlanti una lingua neolatina l’osservazione può sembrare banale; eppure non è così, per esempio, nelle lingue del ceppo germanico: ted. Freundschaft = «amicizia», lieben = «amare»; ingl. Friendship = «amicizia», to love = «amare» e love = «amore».
L’Iliade omerica ci presenta la prima coppia celebre di amici: il profondo legame affettivo tra Achille e Patroclo è non solo uno dei temi, ma uno dei motori dell’azione di quel poema. Ma Achille e Patroclo sono solo l’archetipo di una serie di coppie amicali maschili immortalate dalla letteratura classica (Oreste e Pilade, Teseo e Piritoo, Eurialo e Niso… ). Tra i pochi testi che celebrano l’amicizia (e l’amore) tra donne spiccano i frammenti lirici della poetessa greca Saffo, esteticamente ammirati, ma spesso oggetto di malcelata riprovazione moralistica e di ricorrenti ironie, laddove ben poche ne suscita l’amicizia omerica di Achille e Patroclo, benché gli specialisti abbiano sviscerato i legami tra amicizia, omosessualità e pedofilia nel mondo classico.
Altre coppie letterarie sono quelle formate da uno scrittore e da un suo amico. Cicerone e Attico, Seneca e Lucilio, Orazio e Mecenate sono tra gli esempi più noti: se nei primi due casi il ricordo della loro amicizia è affidato agli epistolari, per Orazio sono la sua poesia e la sua stessa vita a darne testimonianza, fino all’attimo estremo della morte: «quel giorno porterà la rovina a entrambi» (Odi, II, 17, 8-9), aveva previsto; e sopravvisse a Mecenate di soli due mesi.
È naturale che un sentimento così profondamente avvertito dovesse anche suscitare un ampio dibattito filosofico. In effetti, uno dei temi prediletti dell’etica epicurea e di quella stoica era l’indagine sull’origine dell’amicizia: a questo tema Cicerone dedicò il dialogo Laelius, de amicitia, in cui confuta la tesi epicurea, secondo cui l’amicizia trae origine dalla ricerca di un reciproco tornaconto. Eppure Epicuro parlava talora con afflato poetico dell’amicizia e attribuiva grande importanza a uno scrupoloso vaglio degli amici. Oggi sembra invece che, più che alla qualità (pochi amici ma fidati), si punti alla quantità. In una canzone degli anni Settanta, Dario Baldan Bembo sostiene che «L’amico è / qualcosa che più ce n’è meglio è» (Bembo-Giacomelli-Bardotti– Bongiorno [sì, si tratta proprio del vecchio Mike!]); e nei social network si sollecita l’amicizia dei naviganti del web, e tanto più si ritiene di aver successo, quanto maggiore è il numero dei propri «amici» (Facebook) o dei propri followers (Twitter)