«La più grande, eccezionale, irripetibile, imperdibile, passerà alla storia…», aggettivi e locuzioni iperboliche abbondano sulla stampa europea e internazionale. E tutto per soli 28 dipinti di piccolo formato e una mostra dal titolo che più breve non si può: Vermeer. La mostra al Rijksmuseum di Amsterdam ha assunto sin dalla presentazione un carattere cosmopolita e, al di là delle sfiziose e un po’ malevoli considerazioni sulla cultura di massa (solo cassa?), ha davvero l’aria di essere irripetibile. I promotori sono riusciti a far confluire ad Amsterdam 28 dei 37 quadri riconosciuti alla mano del genio di Delft. Mai prima d’ora sono stati esposti insieme così tanti Vermeer, nemmeno il pittore stesso ha potuto godere di simile abbondanza nella sua bottega perché i dipinti presero presto il largo e oggi li troviamo nei grandi musei a Dresda, New York, Berlino, Francoforte, Dublino, Washington, Londra, Edimburgo, Parigi e Tokyo, città che li hanno dati in prestito per l’esposizione attuale. Nei Paesi Bassi ne rimasero solo sette: quattro appartengono alla collezione del Rijksmuseum – La Lattaia, Donna in blu che legge una lettera, Stradina di Delft e Lettera d’amore – che ovviamente sono in mostra così come Diana e le sue Ninfe, Veduta di Delft e il celeberrimo La ragazza con l’orecchino di perla provenienti dal Mauritshuis dell’Aja. In poche parole, oggi agli appassionati d’arte si presenta l’incredibile possibilità di ammirare in un solo luogo tre quarti dei capolavori di Vermeer ma, ahinoi, è già stato annunciato il tutto esaurito fino alla chiusura del 4 giugno malgrado l’estensione degli orari dalle 9.00 alle 23.00.
Fatta eccezione per gli scorci paesaggistici in Veduta di Delft e Stradina di Delft della seconda sala, i suoi dipinti sono sempre ambientati in interni domestici, a volte spogli, altre ricchi di elementi come i preziosi tappeti con funzione di tovaglia, il tendaggio che dà profondità alle scene, i copricapi e le perle che testimoniano gli scambi commerciali con l’Oriente. Tutte le sue opere emanano un grande senso di quiete, di serenità, è un mondo permeato dal silenzio che contrasta un poco con la folla di visitatori accorsi alla mostra. Tali sensazioni sono accentuate da una fonte di luce caravaggesca che fissa morbidamente l’istante sulla tela: la serva che versa il latte, una donna che legge o scrive una lettera, un’altra che pesa le perle o che suona, il geografo che misura con il compasso, il giovane che paga La mezzana per appartarsi con una prostituta, La merlettaia con il filo ben teso mentre ricama. In questo modo, normalissimi gesti di vita quotidiana diventano straordinari, diventano arte e catturano l’attenzione dei presenti. Le sue splendide figure, quasi tutte femminili, ci rendono testimoni della vita signorile di quattro secoli fa, degli oggetti di uso comune, dell’arredamento, delle abitudini. Con un perfetto utilizzo della luce, quasi sempre proveniente da finestre poste sulla sinistra, il maestro di Delft riesce a dare profondità agli interni e a focalizzare il nostro sguardo sull’essenza del dipinto, come le lettere scritte o lette dalle donne. La padronanza della prospettiva e il suo realismo danno «la sensazione che tu sia lì, assieme a quella persona, in quella stanza» (Taco Dibbits, direttore del Rijksmuseum) a vivere l’intimità della casa.
Vermeer proveniva da una famiglia della media borghesia calvinista e si era convertito al cattolicesimo per sposare Catharina Bolnes; non era ricco, anzi è morto pieno di debiti, viveva con l’amata consorte e undici figli a suo carico nel ghetto cattolico di Delft, ciò nonostante non ha mai risparmiato sui materiali utili alla sua arte, come il lapislazzuli dell’Afghanistan, una pietra più cara dell’oro che macinata genera il blu oltremare che usava per gli splendidi azzurri de La lattaia, della Donna in blu che legge una lettera o del turbante turco sulla Ragazza con l’orecchino di perla, la «Monna Lisa olandese» dal morbido volto che ci lancia un’occhiata penetrante mentre sostiamo nella sua stanza. Questo artista del pennello amava anche curare minuziosamente i dettagli delle sue tele tanto da farle sembrare ai nostri occhi un’istantanea fotografica ante litteram: un vaso finemente decorato, il calice e gli altri simboli della religione in Allegoria della fede cattolica, la perla all’orecchio, la bilancia in mano, la carta geografica alla parete, il pane nella cesta, gli strumenti musicali ben caratterizzati… un piacere per la vista.
Vermeer piace per il senso che i suoi quadri infondono, per la luminosità e i colori vivaci, per lo stile fotografico e la cura dei dettagli, «per la bellezza, una bellezza per cui mancano le parole, una bellezza capace di fermare il tempo, qualcosa di incredibilmente attuale perché, proprio in un momento così velocizzato, sentiamo sempre di più il bisogno di rallentare il nostro tempo» (T. Dibbits). Non possiamo dire se sia la mostra del secolo su Vermeer ma è senza dubbio una retrospettiva coinvolgente e a chi non si è affrettato a prendere i biglietti consigliamo una visita sul sito dove la sezione dedicata https://www.rijksmuseum.nl/nl/johannes-vermeerCloser to Johannes Vermeer offre un’immersione digitale nella mostra.