Bibliografia
Andrea Fazioli, Friedrich Glauser. Le vacanze di Studer, tr. di Gabriella de’ Grandi. Edizioni Casagrande, 2020

Lo scrittore ticinese Andrea Fazioli (andreafazioli.ch)


Un gioco di specchi sulla collina di Ascona

Andrea Fazioli in dialogo ironico con Friedrich Glauser
/ 29.03.2021
di Pietro Montorfani

Non un’impresa semplice quella a cui si è accinto Andrea Fazioli, stimolato da una proposta quasi «indecente» dell’editore Casagrande di Bellinzona, nel continuare e portare a conclusione un manoscritto lasciato incompleto da Friedrich Glauser, il cosiddetto Ascona Roman. Ha potuto farlo grazie alla lunga esperienza di scrittore noir (meno noir di Glauser, d’accordo, diciamo grigio scuro) che gli ha permesso di trovare la chiave, il giusto meccanismo per gestire una materia che a prima vista deve essergli parsa alquanto caotica: l’abbozzo di un romanzo poliziesco ambientato negli anni Venti nei dintorni del Monte Verità e subito interrotto dall’autore, che per giunta offrì tre diversi incipit della stessa storia, con differenze sostanziali nei dettagli delle scene e nei nomi dei personaggi.

La vita tormentata di Glauser, tra legione straniera e internamenti forzati in cliniche psichiatriche, non favorì la conclusione dell’opera. Che fare? Un sano distacco ironico e una vasta conoscenza delle tecniche del genere «giallo», favorita anche dalla sua esperienza di docente nelle scuole di scrittura, hanno permesso a Fazioli di uscire in qualche modo dall’impasse e continuare così quel lontano lavoro del primo autore svizzero di romanzi polizieschi.

A conti fatti, dei 34 capitoli brevi che compongono il libro, sono di Glauser soltanto sette della prima sezione, più due montati ex novo a partire da brani originali prelevati qui e là, da carteggi e altri testi pubblicati in varie sedi in anni recenti. Il resto è opera dello scrittore di Bellinzona, che partendo da un binario dato (in realtà tre) immagina una storia dentro una storia dentro una storia, il cui cuore gravita attorno a un manoscritto ritrovato che potrebbe, chissà, essere proprio quello di Glauser, e a una ragazza straniera trovata morta nei boschi sopra Ascona.

La maestria di Fazioli si palesa proprio laddove il plot sembrerebbe essere il più tradizionale e scontato possibile – da Manzoni in giù – perché nel susseguirsi dei capitoli è facile illudersi che il manoscritto di Glauser si allunghi e si complichi, arrivando quasi a lambire i nostri giorni, in una girandola di personaggi veri e fittizi che comprendono lo stesso Fazioli, ma anche una redattrice di Casagrande, qualche personaggio storico (la pittrice Marianne von Werefkin e alcuni dei più noti balabiott) e naturalmente l’immancabile commissario Studer, principale creazione letteraria di Glauser, le cui vacanze vengono funestate da un misterioso delitto.

Dire di più equivarrebbe a togliere ai lettori il piacere della scoperta, che deve essere stata anche dell’autore (novecentesco) nei suoi sporadici contatti con la stralunata realtà asconese, tra riti ancestrali e danze apotropaiche, non meno che del continuatore contemporaneo che si è voluto documentare a fondo per completare con cognizione di causa, usando di fatto quasi la stessa materia, una storia ambientata in un ben preciso contesto culturale (ticinese soltanto per geografia, molto lontano invece dalla realtà locale, di allora come di oggi).

Chi conosca lo stile di Fazioli lo vedrà crescere in questo ultimo libro, prendere spazio e forza pagina dopo pagina, man mano che il testo si allontana dai brani originali di Glauser per addentrarsi in una diversa dimensione, salvo rientrare nell’alveo del primo romanzo non appena si palesi un nuovo frammento. È un gioco consapevole, dentro e fuori da un tempo storico, in un’epoca – per fare soltanto un esempio – che conosceva appena le impronte digitali, ma non ancora le indagini genetiche sul DNA. Qualcosa di simile in fondo aveva provato Andrea Camilleri, con il giovane Montalbano e con i più datati gialli in costume, nella Sicilia del secondo Ottocento.

Il finale funambolico delle Vacanze di Studer, a tratti ironico e a tratti invece molto serio, con tanto di sosta in chiesa e una quasi-redenzione del colpevole, non scioglie tutti i nodi (o forse sì?) e lascia nei lettori più curiosi la voglia di tornare allo Start e ripercorrere di nuovo tutti i passaggi di questo originale esercizio di filologia creativa, per ricostruire gli incastri narrativi e capire bene chi ha scritto cosa, se Glauser, Fazioli o la traduttrice (bravissima) Gabriella de’ Grandi. Provare per credere: «Nella mia vita di nomi diversi ne ho avuti anch’io... Un’amica mi chiamava Momo, all’università ero Spig... e oggi molte persone non sanno se sono Spiegel o Spigl. Io dico sempre che sono quello al cui nome mancano due “e” per essere puro come uno specchio... ammesso che gli specchi siano puri».

Chi lo ha scritto? Sulla copertina uno splendido quadro del 1909, opera di una delle protagoniste di questo romanzo fatto di molti specchi.