(Foto M. Pasquali)


Un Barbiere à la page

Al LAC di Lugano il trionfo memorabile del Barbiere di Siviglia; nomi di spicco alle Settimane Musicali di Ascona
/ 10.09.2018
di Enrico Parola

Si sono spenti ieri gli applausi per il Barbiere di Siviglia, il capolavoro di Rossini con cui la lirica ha fatto il suo debutto al LAC ed è tornata dopo lunghi decenni a Lugano. Un debutto felice, salutato da un grande consenso del pubblico e un costante sold out non solo alla prima di lunedì scorso ma anche nelle repliche andate in scena fino a domenica. Per i tanti che frequentano le stagioni concertistiche (Lugano Musica e Orchestra della Svizzera Italiana) ma non quella di teatro, la prima sorpresa e il più evidente piacere è stato vedere il palco del LAC non come conchiglia acustica ma come spazio scenico.

Uno spazio esibito volutamente in tutta la sua volumetria: le scene, create da Guido Buganza, contornavano i tre lati con porticati e altri elementi architettonici (con tanto di statue) disegnate in bianco e azzurro, nel mezzo un enorme clavicembalo come elemento architettonico, con scale ai lati della tastiera e la coda a far da palco, mentre case, stanze e ambienti che avrebbero dovuto occupare la scena erano evocate dai soli profili, parallelepipedi al neon che scendevano dall’alto. Il movimento dei diversi piani è stata una scelta insistita del regista Carmelo Rifici, che guida la programmazione in prosa ma non è nuovo al teatro d’opera: insegne che calano dall’alto, scale e porte che entrano dai lati e caschi da permanente dal retro, personaggi e oggetti che emergono dal pavimento.

Il Conte d’Almaviva spunta dal cembalo, esilarante l’emersione di Figaro su una sedia da barbiere dorata, mentre dal fondo quattro clienti entrano su sedie uguali ma bianche. Il colore aureo non è solo il simbolo della regalità del Barbiere nel suo negozio, ma rimanda alla febbre dell’oro che nella visione di Rifici è il vero, assoluto motore delle azioni di tutti i personaggi ad eccezione di Rosina.

La folla che prima accompagna e poi intralcia la serenata del Conte al verone di Rosina smania esageratamente per le monete e le banconote elargite dal nobile, durante l’aria in cui Figaro dichiara quanto l’oro sia capace di ispirargli piani ed espedienti («All’idea di quel metallo») ecco comparire (licenza registica: non è indicato nell’originale ed è una felice invenzione di Rifici) da un pozzo la personificazione dell’oro, una ragazza in abiti aurei che si dinoccola suadente e suggerisce al barbiere il piano da dettare al Conte. Non è un dettaglio: Figaro non è qui il furbo e rivoluzionario burattinaio, bensì anch’egli una maschera manovrata dalla cupidigia.

Tra i pregi di questo allestimento c’è quello di evitare il provincialismo: il rischio era che l’opera a Lugano debuttasse in una versione tradizionale ma dal sapore provinciale, un’imitazione in scala ridotta della Scala o di un altro grande teatro d’opera; invece la versione di Rifici-Buganza si pone in confronto con il teatro d’oggi (il neon richiama lo stile di Damiano Michieletto, uno dei registi lirici attualmente più à la page) e risulta appetibile per un pubblico internazionale e per altri palcoscenici. La parte musicale vedeva protagonista Diego Fasolis con i suoi Barocchisti, per un Rossini filologico che il maestro ticinese sta portando con successo in tutto il mondo, assieme a dive come Cecilia Bartoli.

Il suono è sempre bello, talvolta di una morbidezza mozartiana e in alcuni momenti venato da un pathos degno di Donizetti; Fasolis conosce Rossini nel profondo e ne vuole far risaltare il lato più intimo e nostalgico, ma la pacatezza ritmica che ne consegue va a scapito, in alcuni momenti (cadenze, concertati), del ritmo teatrale, che perde la verve e la brillantezza trascinante tipiche del linguaggio rossiniano.

Ottima la prova del Coro della RSI, discreta quella dei solisti: il timbro più convincente è quello del Conte d’Almaviva (Edgardo Rocha), appassionato e nobile a un tempo; poderoso il Figaro di Giorgio Caoduro, brillante nella recitazione ma con poche sfumature tra i fortissimi tonitruanti del «Largo al factotum» e i piani del registro mediano non sempre ben udibili; volonterosa soprattutto negli acuti la Rosina di Lucia Cirillo, ma anche lei non certo ineccepibile nelle sfumature e nelle mezze tinte. Riccardo Novaro ha recitato un Bartolo simpatico e credibile, anche se non sempre la voce seguiva le intenzioni dei gesti.
Nel complesso uno spettacolo godibile e un primo passo promettente sulla via della lirica.

Grandi note ad Ascona 
Anche le Settimane Musicali di Ascona hanno compiuto il primo passo nella 73a edizione, giovedì scorso, con l’orchestra zurighese della Tonhalle diretta da Krystof Urbanski in Schumann e Brahms. Stasera al Collegio Papio il secondo appuntamento, sostenuto dal Percento Culturale di Migros Ticino, con Jérémie Rhorer sul podio dell’Orchestra della Svizzera Italiana a dirigere un programma in cui si riassume il tema delle Settimane: «Vogliamo omaggiare Bach avvicinandoci a lui senza paraocchi dogmatici» illustra il direttore artistico Francesco Piemontesi.

«Ci saranno interpreti di riferimento mondiale come Ton Koopman e la sua Amsterdam Baroque Orchestra con la Messa in Si minore e Mahan Esfahani con le Variazioni Goldberg, ma proponiamo anche brani di Bach trascritti da compositori novecenteschi e opere di autori che da Bach furono ispirati». Ad esempio György Ligeti e Mendelssohn, stasera rappresentati dal Concerto per violino e orchestra (solista Augustin Hadelich) e dalla sinfonia «Scozzese», mentre tre corali di Bach echeggiano nelle trascrizioni di Ottorino Respighi. Venerdì sarà Piemontesi ad affrontare Corali, Fughe e Cantate trascritte da Busoni.

Il 21 ancora Mendelssohn con la sinfonia «Italiana» interpretata dall’Orchestra Nazionale della Rai; in programma anche il Concerto per violoncello di Dvorak con Enrico Dindo. Spiccano due serate mozartiane con Heinz Holliger sul podio della Kammerorchester Basel e con la stella del violino Renaud Capuçon accompagnato dalla Mahler Chamber Orchestra. Gran finale il 15 ottobre con Markus Poschner e la Osi impegnati nella Messa da Requiem di Verdi.