Dove  e quando
Fino al 28 marzo all’Opernhaus con il Ballett Zürich. www.opernhaus.ch


Tutt’altro che addormentata

Una Bella addormentata che non si desta al bacio del principe
/ 26.10.2020
di Marinella Polli

Sempre tassative le misure eccezionali adottate dall’Opernhaus in questi tempi di Corona. Mascherina obbligatoria per i 900 spettatori ammessi, contact tracing, punti di ristoro chiusi, orchestra a distanza, ma ascoltata live in teatro via cavo in fibra ottica. Come per il recente Boris Godunov, risultati sonori al di là di ogni previsione anche alla première della Bella addormentata di Čajkovskij con nuove coreografie di Christian Spuck, peraltro realizzate facendo rispettare regole severe anche all’interno della troupe.

La Bella Addormentata, dunque, varato a Pietroburgo nel 1890, su libretto di Ivan Vsevolozhsky basato sull’omonima fiaba di Perrault, e primo balletto di Čajkovskij su coreografie del già famoso Marius Petipa. La partitura molto descrittiva di situazioni e caratteri quindi musicalmente «prestabiliti» ha ispirato generazioni di coreografi di alta levatura che ne hanno comunque fatto oggetto delle più svariate interpretazioni.

Ce ne ricordiamo due zurighesi diverse tra di loro e anche da questa di Spuck: una più tradizionale di Uwe Scholz nel 1985, e l’indimenticabile di Mats Ek nel 2011/ 2014, la cui azione si svolgeva nel famigerato Platzspitz di Zurigo. Anche questa nuova versione è modernizzata: per esempio non vi sono i personaggi di altre fiabe come il Gatto con gli stivali, Cappuccetto rosso, Cenerentola, Pollicino, inclusi dal librettista e quasi sempre presenti come divertissement alla fine del balletto; vi sono tuttavia dei divertissement nel prologo e in altri momenti.

Ma c’è di più: Spuck pone l’accento sul processo di emancipazione di Aurora, sia dai genitori (che nel prologo rubano alle fate la carrozzina con la neonata), sia, come donna, da ogni stereotipo culturale. Aurora non si desta al bacio del principe, ma solo a quello di Carabosse. Resasi poi conto del suo potere (di fata, di donna?) fa riaddormentare tutti prima di decidere autonomamente se accettare l’amore di Désiré, e sarà quindi lei a baciare lui.

Conflitto generazionale, amore e sessualità ed emancipazione, dunque, ma anche l’assenza di una netta cesura fra bene e male. Carabosse non è la strega cattiva, il male, né una figura interamente negativa; è sensibile, vulnerabile e vuol bene ad Aurora, al punto che sarà proprio il suo bacio sincero a svegliarla. William Moore è davvero magnifico nel ruolo. Gli è pari Jan Casier quale Fata dei Lillà con l’onnipresente borsetta lilla, più indaffarata direttrice di scena che fatina tutta bontà e sorrisi. Ottima Michelle Willems nei panni che le calzano a pennello di Aurora: minuta e leggera, credibile come bimba iperprotetta, come adolescente, infine come giovane donna che sa quello che vuole. E bravo anche Esteban Berlanga quale principe Désiré.

Un Ballett Zürich, insomma, di elevato livello tecnico e artistico e meritevole del titolo di Compagnia di ballo dell’anno insignitogli dalla prestigiosa rivista «Tanz» (che ha inoltre definito il balletto di Spuck La piccola Fiammiferaia produzione dell’anno). Quasi una coreografia nella coreografia, la scena girevole di Rufus Didwiszus, un labirinto di interni e di porte, belli i costumi variopinti di Buki Shiff, Anni Cinquanta nel prologo e nel primo atto e, paradossalmente, ottocenteschi nel secondo.

Resta ancora da dire della Philarmonia Zürich diretta da Robertas Servenikas che ha reso tutto il colore fra il francese, lo slavo e il wagneriano della ricca partitura, malgrado l’ordine dei numeri musicali sia stato modificato; e malgrado la citata situazione d’emergenza.