Dove e quando
Alex Dorici. Portugal al cubo #729. Buchmann Lugano, Via della Posta 2 – Lugano. Fino a fine aprile 2018. Orari: da ma a ve 13.00-18.00, sa 13.00-17.00. www.buchmanngalerie.com


Tra spazio e geometria

A Lugano una personale dedicata alle opere di Alex Dorici, tutte realizzatecon le ceramiche portoghesi azulejos
/ 05.02.2018
di Alessia Brughera

Niente più dell’azulejo rappresenta l’architettura e le arti portoghesi: piastrella in ceramica dalla superficie smaltata e dalla forma tradizionalmente quadrata, decora chiese, palazzi, scalinate, piazze, fontane e panchine, fin da quando, nel Trecento, viene introdotta nella penisola iberica dagli arabi. Se in un primo momento questi ornamenti, obbedendo alle leggi islamiche, riproducevano solo forme geometriche e piante stilizzate, a partire dalla seconda metà del Cinquecento, periodo in cui la loro fabbricazione si distacca dalle maestranze arabe per passare nelle mani dei ceramisti locali, i motivi astratti vengono via via abbandonati a favore di riproduzioni figurative. Complice la diffusione in tutta Europa della tecnica italiana e fiamminga della maiolica, grazie alla quale si potevano realizzare piastrelle piatte anziché in rilievo, in questo periodo il Portogallo è tutto un proliferare di manifatture di azulejos, concentrate soprattutto nelle città di Lisbona, Porto e Coimbra. Le piccole raffinate decorazioni divengono così l’elemento caratterizzante del Paese, legandosi nei secoli alla sua storia artistica senza mai conoscere parabole discendenti.

Numerosi sono gli artisti che oggi impiegano l’azulejo nella loro ricerca saggiandone le potenzialità in chiave contemporanea e apprezzandone il requisito di manufatto ricco di fascino e tradizione. Tra questi vi è il luganese Alex Dorici, classe 1979, conosciuto in ambito elvetico e internazionale per la sua particolare predilezione per lo spazio urbano e per i materiali semplici e poveri, con cui dà vita a un’arte capace di trasformare i luoghi che appartengono alla vita quotidiana della gente.

La scelta di utilizzare un elemento sofisticato e con una valenza storica importante come l’azulejo può sembrare poco usuale per l’artista, abituato com’è ad avere a che fare con cartoni, nastri adesivi, cordami, tubi in pvc e prodotti industriali di scarto destinati alla distruzione. Eppure questa decisione è giustificata, da una parte, dalla volontà di volgere lo sguardo alla propria vicenda personale, recuperando le origini portoghesi della madre, dall’altra di far evolvere la propria indagine artistica mediante nuovi mezzi espressivi.

Le piastrelle quadrate diventate protagoniste di alcune delle sue creazioni più recenti, si inseriscono difatti alla perfezione in un percorso coerente che sa avventurarsi nella sperimentazione di materiali diversi ma che sa altresì mantenere ben saldi i propri concetti fondanti.

A poche settimane dalla chiusura della mostra monografica che il Museo Villa Pia di Porza ha dedicato a Dorici, la rassegna intitolata Portugal al cubo #729, allestita nelle sale della Galleria Buchmann di Lugano, presenta alcune opere realizzate esclusivamente con gli azulejos, testimonianza di come l’artista continui a portare avanti il suo lavoro teso all’indagine dello spazio.

Dorici ha concepito per questa esposizione un’installazione site specific di grandi dimensioni, composta da più di settecento piastrelle, a cui si aggiunge una serie di più piccole composizioni eseguite sempre con gli azulejos presi nella loro convenzionale struttura quadrata di pochi centimetri.

Nascono così «paesaggi geometrici» dalle prospettive ambigue e dalla forte connotazione grafica in cui le forme e i volumi si accostano e si sovrappongono tra loro a delineare visioni dinamiche che alterano la percezione dello spettatore. Le opere di Dorici non seguono le regole euclidee, non percorrono i sicuri tracciati della matematica, si muovono invece in un campo libero dove quelle stesse norme vengono evocate ma al contempo trasgredite a favore di canoni personali.

L’artista si muove tra bidimensionalità e tridimensionalità, decostruendo e analizzando lo spazio per restituirlo secondo coordinate inedite che rendono i suoi lavori proiezioni ingannevoli del reale. Tra i solidi distorti e interrotti che prendono vita dall’accostamento delle piastrelle di colore bianco, blu e azzurro appaiono le forme care a Dorici, quelle che da sempre appartengono alla sua ricerca, come il cubo, ad esempio, figura perfetta ed emblema della stabilità che per l’artista incarna l’idea di un involucro sicuro dove poter trasferire e custodire esperienze, emozioni e pensieri.

Si coglie, nelle opere esposte a Lugano, lo stesso principio che guida Dorici quando interviene nel contesto urbano: lo spazio viene da lui concepito come qualcosa da stravolgere, da riconfigurare e infine da riconsegnare in una veste nuova, lontana dalla consuetudine e pregna di significato. L’azulejo diviene per Dorici uno strumento per mettere in scena visioni scandite e governate da una geometria utopica, rappresentazioni di una realtà altra che racchiudono estensioni alternative in grado di stimolare l’occhio e la mente.