Quando, nel 2012, l’appena ventunenne Tom Odell fece il suo debutto nelle chart internazionali con un successo immediato quale il riuscito EP d’esordio Songs From Another Love, in molti pensarono che il giovanissimo britannico rappresentasse in tutto e per tutto un prodotto commerciale di sicuro successo. Del resto, di primo acchito, il cherubinico Tom poteva facilmente apparire come un nuovo «bel maledetto», provvisto della stessa faccia da schiaffi e aura ribelle di un James Dean dell’era digitale, perfetto idolo «ready-made» per stuoli di ragazzine adolescenti, stanche delle solite boy band.
Eppure, a volte le apparenze ingannano, in quanto il buon Tom (inglese D.O.C., di Chichester) si è rapidamente dimostrato un artista di tutto rispetto: infatti, sebbene forse non particolarmente originale dal punto di vista del songwriting, ha però avuto l’intelligenza di impostare la propria produzione artistica sul connubio voce-pianoforte, anziché, come d’abitudine, sul ben più convenzionale accompagnamento alla chitarra, ciò che lo ha reso unico e degno di nota tra innumerevoli colleghi esordienti, oltre a permettergli di esplorare una gamma espressiva personale e carica di vibrante emotività.
Non solo: in questo nuovo album, che giunge due anni dopo l’interessante conferma offerta dall’ultimo CD (Wrong Crowd), Odell decide di operare un’ulteriore evoluzione, reinventando gli arrangiamenti pianistici sulla base di nuove suggestioni. Jubilee Road dimostra infatti, fin dalla sua title track, il desiderio, da parte di Tom, di infondere la sua musica di forti accenti gospel, unendo così il sound dell’amato pianoforte a cori femminili nel più puro spirito afroamericano; una scelta non facile, che però Odell mostra di saper gestire come un musicista consumato, dando vita a un gusto ibrido di grande potenza e intensità. Caratteristiche evidenti, peraltro, fin dall’irresistibile If You Wanna Love Somebody, primo singolo estratto dall’album e accompagnato da un semplice quanto efficace videoclip «intimista».
Certo, è probabile che chi segue Tom Odell fin dai suoi esordi possa rimanere perplesso davanti a quest’improvvisa insistenza spiritual, soprattutto dal momento che ciò può rischiare di rendere le composizioni «manierate».In effetti, per quanto Jubilee Road sia caratterizzato da un’estrema cura non solo nell’esecuzione, ma anche nell’interpretazione e negli arrangiamenti, sembra a tratti mancare della visceralità che caratterizzava i primi due album di Tom – quella forma di rabbiosa confessione, tramite la quale il giovane cantautore era in grado di mettersi a nudo con grande onestà, tratteggiando nelle proprie canzoni sentimenti anche molto violenti e destabilizzanti.
Così, alcuni dei brani di Jubilee Road mostrano un’inevitabile ripetitività negli arrangiamenti: si vedano i pur gradevoli Son of an Only Child e You’re Gonna Break My Heart Tonight, o il più tradizionalmente romantico Half as Good as You, collaborazione a due voci con l’ottima Alice Merton. Non è quindi un caso che le tracce più riuscite siano, infine, proprio quelle in cui Odell si riserva di attingere maggiormente al proprio gusto personale, come con le travolgenti atmosfere jazzate di China Dolls e, su un piano più soft, l’intensa ballata Queen of Diamonds, dal sapore più cantautorale rispetto agli altri pezzi. Eppure, non mancano incursioni in territori diversi: si veda, su tutti, l’accattivante Don’t Belong in Hollywood, che ricorda gli exploit anni 80 di Billy Joel, uno dei pochi performer di successo ad aver sempre prediletto il pianoforte su ogni altro strumento; e anche il toccante (seppur non originalissimo) Wedding Day e l’irresistibile Go Tell Her Now mostrano una forza e un vigore espressivo rinfrancanti, sebbene non presenti in ogni traccia di Jubilee Road.
Tuttavia, nonostante le esitazioni, quest’album dimostra come il giovane Odell possa già vantare un livello qualitativo di tutto rispetto, sia come performer che come compositore. Soprattutto, colpisce il suo essere totalmente avulso dalle facili quanto troppo rassicuranti soluzioni orecchiabili e «trendy» che caratterizzano molti dei musicisti pop della sua generazione. In tal senso, Tom può essere soddisfatto dei risultati raggiunti finora, che lo hanno reso uno dei più interessanti e promettenti tra i giovani nomi della scena internazionale; ed è quindi legittimo confidare che sappia proseguire su questa strada, magari stupendo il proprio pubblico con nuove e differenti contaminazioni stilistiche.