Dove e quando
Canova/Thorvaldsen. La nascita della scultura moderna, Milano, Gallerie d’Italia, Piazza della Scala 6. Fino al 15 marzo 2020. Orari: ma-do, 9.30-19.30 (gio. fino alle 22.30; lu. chiuso). Costo: 10 € (mostra + collezione permanente). www.gallerieditalia.com

Bertel Thorvaldsen, Pastorello, 1823-1826, marmo di Carrara (Manchester Art Gallery; foto T. Stiano)


Titani della bellezza a confronto

Fino al 15 marzo, con Canova e Thorvaldsen sono sul palcoscenico delle Gallerie d’Italia le più belle statue del neoclassicismo europeo che attirano folle affascinate
/ 17.02.2020
di Tommaso Stiano

Le Gallerie d’Italia, nate dal «Progetto Cultura» in via d’espansione della Banca Intesa Sanpaolo, hanno già diverse sedi nella vicina Penisola e sono riconosciute a livello europeo per le prestigiose esposizioni che realizzano da alcuni decenni. Nella sede milanese di Piazza della Scala, fino al 15 marzo 2020, mettono in scena l’«Olimpo di marmo», una lunga carrellata di opere contrassegnate da un’unica caratteristica: la bellezza incarnata nella pietra. È una bellezza di antica memoria reinterpretata magistralmente dalla verve neoclassica dai massimi esponenti della scultura vissuti tra Sette e Ottocento: l’italiano Antonio Canova (1757-1822) e il danese Albert Bertel Thorvaldsen (1770-1844). Con un anglicismo, oggi li chiameremmo archistar dello scalpello ma erano già celebri e celebrati nella loro epoca quando si confrontavano dal vivo a Roma, dove il veneto Canova si era trasferito nel 1781 e dove Thorvaldsen era giunto nel 1797 direttamente da Copenaghen.

Proprio nell’Urbe laziale i due artisti avevano messo a dimora i loro immensi studi con uno stuolo di aiutanti documentati in mostra dai quadri esposti tra le statue. Oggi la competizione tra i due maestri non è più così vivace come allora, il confronto è più statico, ma non meno estatico, è la prima volta che alcuni loro capolavori vengono presentati appaiati per una gara estetica volta a raccontare somiglianze, affinità, differenze dentro un’aura di armonia che affascina il visitatore. «Questa mostra ci dà l’occasione irripetibile di vedere assieme opere che furono concepite insieme a Roma ma poi lasciarono la Città eterna, la sede delle arti tra Settecento e Ottocento, per raggiungere le loro illustri destinazioni internazionali: le corti o le collezioni di tutta Europa» (Stefano Grandesso, curatore mostra), e infatti, l’allestimento è frutto della collaborazione con il Thorvaldsens Museum di Copenaghen e il Museo Statale Ermitage di San Pietroburgo oltreché di vari prestiti concessi dai musei italiani, esteri e da collezioni private: nelle 17 sale, sotto i riflettori, ci sono 160 opere tra statue e quadri.

Canova e Thorvaldsen hanno affrontato spesso i medesimi soggetti della mitologia greca e romana: il primo – dicono gli esperti – con una finezza e una sensibilità latina, il secondo con un approccio più rigoroso e rispettoso della classicità; entrambi hanno dato inizio alla scultura moderna, come esplicita il sottotitolo della mostra, guadagnandosi l’appellativo di «classici moderni» che hanno regalato ai posteri capolavori immortali.

Canova lavorava con tanti collaboratori che però non erano artisti, erano piuttosto degli sbozzatori delle opere che lui progettava; finita la forma grezza, il maestro si isolava in una stanza al riparo da sguardi indiscreti e trasformava il marmo in vera opera d’arte dando al soggetto quell’eleganza e quella leggerezza che in mostra si apprezza, ad esempio, nel vestito di Ebe divinità greca della gioventù, oppure nei volti e nella farfalla degli amanti adolescenti Amore e Psiche. L’atelier romano di Thorvaldsen era invece animato da aiutanti-allievi che con le mani in pasta (anzi nella pietra) imparavano l’arte della scultura, ecco perché tra le opere del loro maestro sono presenti a Milano anche alcuni lavori di pari bellezza dei suoi discepoli, come Flora e il Fauno in atto di suonare di Pietro Tenerani.

Nel prolifico ventennio di lavoro a Roma i due protagonisti dell’esposizione, prendendo spunto dall’antichità, hanno saputo reinterpretare, ognuno con la propria originalità, quei temi universali dell’esistenza come la vita e la morte, le ansie e le gioie dell’innamoramento, la breve fase della giovinezza innocente, il fascino della bellezza che non muta solo negli dei e argomenti storici come le gesta di Alessandro Magno. Tutti temi che si materializzano davanti ai nostri occhi meravigliati nei due gruppi delle Tre Grazie (Bellezza, Intelligenza e Abbondanza), nel Pastorello di Thorvaldsen e nel Pastore dormiente di Gibson, nei vari Amorini e Cupìdo, nella Venere del Canova, nei Ganimede e in molte altre opere compresi alcuni bassorilievi, busti e opere pittoriche. Ce n’è quanto basta per uscire dalle sale meravigliati da tanta bellezza in mostra.

E per chi non è sazio, al Museo di Roma in Trastevere, fino al 15 marzo c’è Canova. Eterna bellezza con 170 lavori dello scultore veneto e di altri autori, presentato nel numero 03 di «Azione».