The National, il lavoro migliore

Dieci anni di irrefrenabili malinconie: un inaspettato album dal vivo celebra l'anniversario di uno dei lavori più riusciti (e nichilisti) dei The National
/ 27.08.2018
di Benedicta Froelich

Fin dalla sua istituzione, nel 2007, il Record Store Day – celebrato in tutto il mondo ogni terzo sabato di aprile – ha rappresentato una valida occasione per festeggiare e supportare il sempre più minacciato settore dei negozi di dischi indipendenti: una roccaforte composta da miriadi di «porti sicuri» ancora sparpagliati attraverso il globo, ormai letteralmente attanagliati dallo strapotere delle catene di megastore internazionali. Tanto che, come a voler sottolineare la propria solidarietà nei confronti di questi «ultimi avamposti», negli anni più recenti svariati artisti si sono prodotti in esibizioni speciali o nella registrazione di dischi in onore della ricorrenza; proprio come, il 21 aprile scorso, ha fatto l’ormai apprezzatissima rock band statunitense dei The National, dando alle stampe un progetto succoso quanto inaspettato – un live album intitolato semplicemente Boxer – Live in Brussels: nientemeno che la riproposizione dal vivo, registrata nel novembre 2017 sul palco del celebre auditorium belga Forest National, di un lavoro seminale quale l’eccellente Boxer, pubblicato dalla band nel lontano 2007. E poiché il decennale dell’opera coincide con quello del Record Store Day, il gruppo capitanato da Matt Berninger ha deciso di celebrarlo tramite l’esecuzione integrale (traccia per traccia, seguendo l’ordine imposto dalla tracklist originale) del disco che, per la formazione di Cincinnati, ha rappresentato il quarto sforzo creativo dopo l’esordio del 2001.

Per la gioia dei fan, da pochi giorni questa registrazione è, infine, disponibile online e su supporto CD – del resto, la maggior parte degli estimatori dei The National ha sempre considerato Boxer uno dei lavori migliori della band: un disco che racchiude in sé tutte le tematiche da sempre care al songwriting amaro e disincantato di Matt e compagni, a partire dalla costante riflessione sull’ineluttabile futilità dell’umana esistenza, fino alla predilezione per gli struggenti affreschi sull’intrinseca inadeguatezza di ogni relazione sentimentale. Certo, il fatto che questo live set presenti una versione dell’opera scevra da grandi alterazioni o sorprese potrebbe suonare come un limite per gli ascoltatori più esigenti, considerando come i potenziali riarrangiamenti e ritocchi effettuati dalla band si riducano, in realtà, a poca cosa; eppure, per molti tra gli estimatori dei The National (e chi scrive si colloca tra questi ultimi), tale apparente mancanza costituisce piuttosto un pregio, dal momento che permette di concentrarsi sulle sfumature e i dettagli dell’interpretazione dal vivo, e su come essi tingano le canzoni di rinnovati, diversi significati e suggestioni – intessendo atmosfere in alcuni casi ancor più rivelatrici che nelle versioni originali. È il caso, ad esempio, di un piccolo capolavoro come lo struggente Slow Show, il quale nulla ha perso della propria dolorosa (eppure irresistibile) vena di romantico fatalismo, e che qui beneficia di una coda strumentale ben più vigorosa che nell’incisione in studio; oppure, ancora, dell’amaro e satirico Squalor Victoria, il cui spirito sarcastico finisce per assumere accenti hard rock e quasi punk.

Soprattutto, si riscontrano, in queste versioni dal vivo, una maggiore chiarezza e trasparenza nel modo in cui Matt pronuncia e scandisce le liriche dei brani, e non solo: l’intera esibizione è come ammantata da una sorta di calma trattenuta, che infonde ogni pezzo di maggiore concentrazione e solennità – probabilmente anche in virtù del fatto che la maturità acquisita dalla formazione nei dieci anni trascorsi dall’incisione di Boxer è ora riflessa appieno in questa odierna rilettura; si vedano, in tal senso, le versioni intense (e ancor più dolenti) del già malinconico Racing Like a Pro e dello straziante Green Gloves, o, ancora, la lacerante ballata Gospel, che chiude con efficacia il disco. Dopotutto, come lo stesso Berninger confessa nei brevi intermezzi parlati tra un brano e l’altro dello show, Boxer è senz’altro definibile come «un album triste»; eppure, si tratta di una tristezza luminosa e appagante, in grado di offrire proprio la rilettura del mondo e delle umane esperienze in cui la formazione è maestra – disillusa e dolente, eppure, allo stesso tempo, lucida e ricca di un sano, e malgrado tutto irrefrenabile, impulso vitale.

Così, in ultima analisi non si può che essere d’accordo con l’opinione già espressa da molti fan nei vari dibattiti online: sebbene questo Live in Brussels non regali grandi sorprese, costituisce comunque un altro centro perfetto per i The National – i quali ne emergono come un gruppo in forma smagliante, contraddistinto dalla disinvolta professionalità e abilità di sempre, rivestite inoltre di una sicurezza priva di qualsiasi sforzo o esitazione; e dato che oggigiorno non capita spesso di incontrare rock band dotate della medesima raffinatezza e maturità di Matt e colleghi, un album come questo, per quanto forse un poco prevedibile, rimane un dono quantomeno prezioso.