Tessere legami

A Nyon, per la sua 38esima edizione, è tornato il Far° festival des arts vivants
/ 05.09.2022
di Giorgia e Muriel Del Don

Anche quest’anno il sempre accattivante far°, festival dedicato alle arti dello spettacolo, in programma ad agosto a Nyon, ha invitato il pubblico, gli artisti ma anche gli «addetti ai lavori» a creare una necessaria e liberatoria complicità.

Faire connivence, il titolo che Anne-Christine Liske ha scelto per la sua prima edizione alla guida della «fabbrica dei sogni» riassume bene le sue intenzioni: creare un luogo d’incontro fra artisti e pubblico, ma anche di dialogo e condivisione fra spazio (spesso naturale o per lo meno esterno alle classiche mura delle sale da spettacolo), artisti e spettatori. In un contesto particolarmente delicato, marcato dai postumi della pandemia e dai cambiamenti climatici, le arti dello spettacolo si interrogano sulla loro funzione, sul bisogno di tessere, in maniera ancora più forte, dei legami fruttuosi con gli spettatori, di condividere con loro emozioni e racconti che da personali diventano universali. Solo l’arte e le arti dello spettacolo più in particolare sono infatti in grado di creare ponti fra realtà coabitanti che altrimenti non riescono a dialogare. L’umano, l’animale ma anche il vegetale e le piccole particelle invisibili che ci circondano entrano allora in contatto grazie allo sguardo sensibile ed estremamente preciso dell’artista che fa cadere le barriere difensive che li separano. Come la sua predecessora Véronique Ferrero Delacoste, direttrice del festival per dodici anni, di cui ha ereditato buona parte della programmazione di quest’anno, Anne-Christine Liske (in carica da febbraio 2022) è particolarmente attenta alle problematiche ecologiche e sociali che si ritrovano in molti degli spettacoli di questa 38esima edizione. Si sono dunque privilegiate le creazioni sul posto capaci di instaurare una reale comunione fra spazio naturale, realtà sociale e produzione artistica, creazioni che ci aprono gli occhi sulla fragilità del nostro ecosistema sfidando un antropocentrismo invadente ed egemonico.

Sebbene la programmazione di quest’anno torni a occupare gli spazi fisici dei teatri, i temi affrontati vanno dal viaggio onirico del finlandese Mikko Niemistö e il suo Odd Meters allo spiritismo del sublime Figuring Age di Boglárka Börcsök e Andreas Bolm che riescono a farci viaggiare lontano, oltre lo spazio scenico, al di là del nostro corpo fisico, nei meandri del sogno (ad occhi aperti). Se per undici giorni il far° trasforma la città di Nyon in capoluogo delle arti della scena dove confluiscono artisti fra i più innovativi e audaci della scena contemporanea, non bisogna dimenticare però le iniziative che nutrono, durante tutto l’anno, le creazioni presentate. L’affascinante «fabbrica far°» declina infatti le sue attività su tre livelli: la creazione, l’accompagnamento artistico e la mediazione, incoraggiando gli artisti a interrogare il concetto di performatività attraverso pratiche sempre più audaci e ibride.

Punta di diamante di questa edizione sono state le tre performer italiane Sara Manente (risiedente in Belgio da molti anni), Annamaria Ajmone e Sara Leghissa. Accomunate dal desiderio di abbattere le frontiere fra le specie, i generi e le pratiche artistiche, hanno avuto la possibilità, durante le residenze fatte a Nyon, di immergersi e studiare un ecosistema che rappresenta la base dei loro lavori. Tutte e tre condividono la stessa inquietudine: la crisi ecologica che sta trasformando in profondità il nostro quotidiano, una crisi che le spinge ad esplorare mondi a noi connessi ma troppo spesso sottovalutati: quello dei funghi (MOLD di Sara Manente), e quello animale (La notte è il mio giorno preferito di Annamaria Ajmone e Rettilario di Sara Leghissa). Attraverso le loro performance, le discussioni con personalità del campo scientifico o esperte in micologia e «semplici» osservatori della fauna selvatica, le artiste italiane hanno sviluppato conoscenze approfondite che ritrasmettono in modo performativo attraverso il corpo, la musica, le luci e gli oggetti che abitano il palcoscenico.

MOLD rende visibili le complesse relazioni che i funghi tessono fra di loro e con il terreno che li nutre (e che loro stessi contribuiscono a nutrire). Poco interessati ai concetti di «stampo»o «norma» che condizionano profondamente la vita di noi umani, i funghi ci insegnano a proliferare liberamente, a espanderci percorrendo vie sconosciute. Una dinamica che Sara Manente, insieme al suo partner in crime Marcos Simoes e all’artista belga Gitte Hendrikx, mette in scena attraverso un complesso confondersi di corpi che creano innesti sempre nuovi. Il proliferare di costumi sgargianti (di Sofie Dunez) che si sovrappongono come strati di pelle di un alieno e uno humor (molto belga) sottile ma benvenuto ci trasportano in un universo sconosciuto ma terribilmente affascinante.

La notte è il mio giorno preferito, attraverso lo studio del comportamento del lupo, gioca invece con il concetto di preda, sull’inversione dei ruoli fra osservatore e soggetto osservato (o braccato). Sempre interessata a impadronirsi fisicamente, a fare sue specie vegetali e animali, Annamaria Ajmone riflette sul concetto di alterità, ci fa vivere l’attesa di una caccia notturna e fantasmagorica di un animale che sfugge alla vista nutrendo miti ancestrali. Anche Sara Leghissa con Rettilario gioca con la dualità fra osservatore e soggetto osservato, fra esterno e interno, libertà e cattività, offrendoci un’immersione originale (e sonora) nell’universo di un animale «addomesticato».

Sperimentale senza diventare mai snob, il far° ha saputo ancora una volta equilibrare rigore artistico e coinvolgimento del pubblico. Un’impresa che richiede certamente una buona dose di coraggio.