Sono sempre tante le aspettative rispetto al secondo romanzo, specie se il primo ha suscitato riconoscimenti importanti e prestigiosi premi letterari. Non fa eccezione il caso di Emanuela Canepa, che dopo aver vinto il Premio Calvino con L’animale femmina nel 2017, ha scritto adesso Insegnami la tempesta.
Il romanzo racconta di due donne. Matilde ha diciotto anni, resta incinta e quando lo comunica ai genitori chiede loro di non farle altre domande: chi sia il padre, se abbia intenzione di tenere il bambino… Emma, la madre, reagisce a questa richiesta di tempo e di discrezione con rabbia, innescando un allontanamento della figlia che decide di andare via di casa. Matilde ha infatti le idee chiare rispetto al proprio futuro universitario, desidera con forza studiare ingegneria biomedica, ma deve comprendere se e come questo progetto così importante per lei, che le permetterebbe anche di lasciare Roma e la casa dei genitori, sia compatibile con l’ipotesi di avere un bambino.
Questa incomprensione si situa all’interno di un rapporto, quello tra la ragazza e sua madre, che fin da quando Matilde era bambina si è costruito sulle fondamenta di un’incompatibilità. Emma e sua figlia non sanno abbracciarsi, sorridersi, parlare, non si sanno raccontare le cose di tutti i giorni, di certo non quelle importanti: esiste fra di loro un distacco, una differenza che attraversa i loro corpi e connota come del tutto infecondo ogni tentativo di scambio, di dialogo. Si tratta certamente dell’aspetto più interessante di questo romanzo di Canepa: il racconto della relazione di una madre e di una figlia che non sono fatte affatto della stessa pasta.
È un tema molto raccontato, si sa. Canepa lo fa a partire dalla cifra narrativa che ha contribuito a renderla una delle promesse della letteratura italiana contemporanea, dando cioè corpo al conflitto tra Matilde e Emma. L’autrice non fa ricorso a ragioni psicologiche per dire della relazione fra le due, ma costruisce la storia raccontandoci le immagini della loro vita.
Emma anche è rimasta incinta molto giovane di un ragazzo conosciuto in vacanza e mai più rivisto. Aveva deciso di abortire, ma poi non era stato possibile e, una volta nata, Matilde è diventata il centro della sua esistenza: Emma si è dedicata alla cura di sua figlia, abbandonando i suoi progetti, lasciando infine l’università.
Certo, questa rinuncia forzata alla propria ricerca della felicità si candida come ragione perfetta dell’astio fra loro, ma è quella che si dice una causa apparente. Se ci fosse quell’unione che Emma vede tra le altre madri e le altre figlie, avrebbe potuto dirsi che aveva rinunciato a tutto per Matilde, ma che ne era valsa la pena. Invece la distanza fra di loro, incolmabile, quella forma di estraneità che non può trovare soluzioni rende ogni loro incontro una fonte di attrito e frustrazione per Emma.
Canepa racconta allora l’assenza della sacralità, quando essa lascia il posto all’eventualità che una madre e una figlia non vadano d’accordo. Lo fa a partire da un punto di vista interessante e cioè quello di una donna di quarant’anni, mentre di solito le coetanee di Emma in questo tipo di storie sono eterne figlie che faticano ad accedere alla vita adulta.
Esiste un padre, infine, nel romanzo di Canepa, o meglio due: quello di Emma, figura orribile nella sua banale e sfilacciata ostilità e Fausto, l’uomo che ha deciso di prendersi cura di Matilde quando Emma era incinta, ma di un altro uomo. Si tratta di un personaggio che ha tratti di santità per la pazienza con cui riesce a stare nel campo di battaglia che è la relazione fra Emma e Matilde, ma che si macchia di un peccato universale: non capisce la sua compagna, o meglio sua moglie si sente incompresa da lui. Anche fra loro si instaura quindi una dinamica di estraneità che isola Emma all’interno del suo nucleo familiare: Fausto e Matilde vanno infatti particolarmente d’accordo. In questo modo Canepa mette in luce un aspetto dell’esperienza della maternità e della cura più in generale che genera infinita sofferenza ed evidentemente le sta molto a cuore: «tutto quello che Emma aveva fatto per amore, era invisibile e non contava niente».
Tempeste famigliari
La distanza tra una madre e una figlia nel nuovo romanzo di Emanuela Canepa
/ 14.12.2020
di Laura Marzi
di Laura Marzi