Molto spesso vi è, da parte degli amanti di musica angloamericana, una sorta di malcelata intolleranza verso i maggiori fenomeni commerciali quali, ad esempio, i cosiddetti «teen idol» sempre più spesso ai vertici delle classifiche internazionali. Eppure, un’analisi più attenta delle ragioni dietro al grande successo di taluni artisti o formazioni porterebbe alla luce motivi senz’altro più complessi e sfaccettati di quanto possa apparire di primo acchito – come nel caso della statunitense Taylor Swift (classe 1989), che, dopo i promettenti esordi come country singer nel lontano 2006, ha letteralmente sbancato la scena pop mondiale, divenendo nel giro degli ultimi anni una delle artiste più vendute e premiate di tutti i tempi.
Oggi, questo nuovo Midnights, decimo lavoro dell’artista, è già un album da record, essendo divenuto in pochi giorni il disco più venduto del 2022 – un risultato a cui non è probabilmente estraneo il fatto che il nuovo CD rappresenti il ritorno di Taylor al pop più puro e radio friendly, ma anche a un progetto per molti versi di più ampio respiro e maggior profondità, trattandosi di un concept album che, come il titolo suggerisce, ruota attorno al tema della notte, e delle riflessioni e introspezioni che essa porta con sé.
In effetti, Midnights è un’opera dalle molte sfaccettature – a partire dall’estetica smaccatamente anni 70 che ne caratterizza copertina e packaging, fino alle interessanti contaminazioni elettroniche, pervase dall’uso di sintetizzatori squisitamente vintage, e alle tonalità vagamente datate (si veda, ad esempio, il sound apertamente retrò dei delicati Sweet Nothing e Mastermind). Il tono «elettro-pop»del disco risuona infatti evidente fin dalla traccia di apertura del CD, Lavender Haze, che però suona un po’ troppo come il classico pezzo da discoteca ben poco memorabile; anche Bejeweled e Midnight Rain (quest’ultimo inaugurato da un interessante campionamento digitale) non riescono a convincere del tutto, principalmente perché troppo simili a mille altri brani di impostazione easy listening. Molto più intriganti risultano invece Maroon, intensa ballatona romantica che certo farà battere il cuore di ogni fan adolescente, e l’ironico e vivace Karma, dal sapore apertamente anni 80. Ma il vero «centro perfetto» è costituito da Anti-Hero, interessante soprattutto per il testo, sorta di intima confessione che esplora tematiche spinose quali la depressione e il narcisismo covert, e l’immane difficoltà a convivere con tali patologie: «sono io, ciao – sono il problema, lo sono io / tutti concordano»; una presentazione che, dopotutto, potrebbe calare a pennello per molti di coloro costretti a combattere continuamente contro sofferenze di natura psichica.
Del resto, l’impressione è che l’elemento più riuscito di questo album risieda proprio nella componente lirica: i testi della Swift sono qui parecchio più originali e profondi di quanto ci si potrebbe normalmente aspettare da un semplice «fenomeno da classifica», e mostrano un’intensità che, pur nella sua apparente semplicità e sintesi, riesce a colpire nel segno – si veda l’intimismo di un brano autobiografico quale la bonus track Would’ve, Should’ve, Could’ve (disponibile nella versione extended del CD), apparentemente riferito alla relazione che la Swift intrecciò con John Mayer quando aveva appena diciannove anni; o il sapore agrodolce di una ballata allusiva eppure liberatoria come You’re On Your Own, Kid, sorta di inno all’empowerment femminile per fanciulle infelici: «sei sola, ragazza – lo sei sempre stata / ma puoi farcela ad affrontare tutto ciò».
Del resto, il tema dell’emancipazione femminile ritorna prepotentemente anche in un pezzo tagliente e aggressivo quale Vigilante Shit, sostenuto, tuttavia, dall’intelligente ironia che Taylor sa inserire in ogni testo; un tratto che risalta pure nella traccia di chiusura, la satirica Mastermind, e nell’agrodolce Snow On the Beach, interessante collaborazione con Lana Del Rey in cui il contributo della cantante californiana riguarda soprattutto la composizione (il duetto tra le due artiste consiste qui nella sola sovrapposizione delle voci nel coro).
Certo, l’unico vero limite di quest’album sta forse nella relativa banalità di certi arrangiamenti: di fatto, nonostante la Swift sperimenti con molteplici sonorità elettroniche, campionamenti e rimaneggiamenti digitali, raramente le melodie dei singoli brani brillano per vera originalità, e, forse per questo, non troppe tra esse rimangono impresse nella memoria dell’ascoltatore. Ciononostante, l’innegabile forza evocativa delle liriche fa sì che Midnights rappresenti uno sforzo di sicuro successo per i moltissimi fan dell’artista, i quali non potranno rimanere delusi dalla bruciante sincerità mostrata dalla loro eroina, pronta a mettersi a nudo davanti a loro come poche coetanee sarebbero disposte a fare. Il che, in fondo, basterebbe a rendere questo CD memorabile, e non solo per gli ammiratori di vecchia data di Taylor Swift.