L'album è disponibile anche in vinile rosa. Le date del suo tour europeo prevedono anche tappe in Svizzera.


Tanto impegno... Ebbasta!

Il trapper Sfera Ebbasta è stato recentemente ospite di uno showcase alla RSI – il suo disco Rockstar, uscito il 19 gennaio, ha già conquistato il doppio disco di platino
/ 12.03.2018
di Enza Di Santo

Pronte davanti all’entrata degli studi della RSI di Besso, lunedì 5 marzo già alle 18.30, quattro giovani ragazze emozionate e trepidanti, aspettavano di poter assistere allo showcase delle 21.00 di Sfera Ebbasta.

L’artista della trap, in vetta alle classifiche web per visualizzazioni, nonostante l’apparenza rilassata, ha ben chiari valori e obiettivi: tatuatissimo, con la scritta «famiglia» sulla mano sinistra, quella del cuore, e «soldi» sulla mano con cui firma i contratti, precisa che per poter fare la musica che si vuol fare, bisogna lavorare molto e impegnarsi con costanza. Sfera è come una rockstar, super presente nel panorama musicale attuale, ha tirato fuori dalla nicchia la trap. Tran Tran, ultima traccia del disco Rockstar conta 43 milioni di visualizzazioni su YouTube e 4 dischi di platino.

Il ghiaccio iniziale dell’intervista si rompe con le presentazioni e alle parole «Azione, Migros Ticino» il trapper si mette a ridere.

Perché ti fa ridere?
Perché ho visto i cartelloni e mi ricorda Migos (un gruppo trap, NdR).

Mi potresti spiegare cos’è la trap per te?
È un genere a cui mi sono appassionato da ragazzino sentendo tutti i vari rapper americani che già facevano anche trap.

A chi ti sei ispirato di più? Chi ascoltavi?
Chif Keef, Rick Ross, Gucci Mane, ne ascoltavo davvero tanti. In America il sound, le tematiche e tutto il contesto sono diversi. Ne ho preso spunto e ispirazione e ho trasportato il suono nel contesto italiano. Per me, la trap vera e propria è quella che fa Gucci Mane, però non la saprei definire. Posso dire che è la nuova wave (onda) su cui vengono pensate le nuove canzoni hip pop: è una wave trap, la musica che esce oggi, più o meno, è ispirata a questo tipo di sound. Poi una roba può essere più pop, una roba più scura, magari più aggressiva, oppure più latineggiante tipo Tran Tran.

Perché questo genere piace tanto?
È molto più musicale rispetto al rap di una volta. Per dire, tutte le mie canzoni, sono composte di frasi corte, semplici, che capisce chiunque. ll sound è cantilenato, di conseguenza rimane in mente come se fosse un continuo jingle, penso sia proprio una questione di sound.

È vero che va verso il pop?
Una cosa è pop quando il «popolo» inizia ad ascoltare prevalentemente quella, ma non va verso il «pop» inteso come genere... si vuole sempre etichettare la musica. Pop, trap,... ogni cosa deve avere un nome, ma è solo musica.

I trapper fanno musica per ragazzini? Cosa ne pensi?
I ragazzini ascoltano anche i cantanti dei talent. All’inizio avevo un seguito di ragazzi della mia età. Ora, il trap sta diventando nazionalpopolare, attira tutti i tipi di fan. Ho un pubblico prevalentemente di giovani, perché è un «genere» nato di recente, ed è diretto a loro. Inoltre apprezzano maggiormente il contorno: Instagram, video, tatuaggi, capelli colorati, soldi... Nello specchio dei social network si vedono solo i ragazzini, perché gli adulti non postano tanto, però ci sono anche loro.
Non mi da fastidio, i ragazzini di oggi cresceranno e influenzeranno il pubblico di domani.

A proposito dei tuoi «colleghi», c’è qualche artista della scena trap che secondo te è molto valido, ma attualmente magari sottovalutato?
Un ragazzo valido che ancora non è al 100 per cento di quello che arriverà ad avere è sicuramente DrefGold.(Rapper Bolognese, ospite speciale durante lo showcase, NdR)

Ghali, Rkomi, ma anche Gue Pequeno sono di Milano e dintorni, dove sono gli altri centri nevralgici della scena trap in Italia?
Capo Plaza è di Salerno e attualmente è uno dei più forti. DrefGold è di Bologna. Senza raccontarci favole, a Milano si concentrano la maggior parte di uffici, contatti, manager e case discografiche, c’è tutto. Se si vuole lavorare veramente, allora ci si trasferisce, altrove forse è più difficile.

Come sei arrivato al successo? Raccontaci il tuo percorso...
Quando avevo 11 anni ho iniziato ad ascoltare il rap. A 13 anni ho cominciato a scrivere le prime cazzatine e fare i primi freestyle. A 16 anni già cercavo di capire come fare a registrare. Dai 18 in poi ho fatto le mie esperienze: caricavo pezzi su Youtube, che non si filava nessuno e ho visto le porte chiuse. Non sono arrivato fresco, non mi è bastato fare una sola canzone per arrivare a essere Sfera Ebbasta. Il mio lavoro vero e proprio è iniziato con Charlie (Sfera si riferisce al suo produttore Charlie Charles, incontrato un po’ per caso, NdR). Ci siamo messi all’opera e abbiamo deciso di fare la musica come la volevamo noi. Piano piano, con il primo video pubblicato in rete abbiamo raggiunto 10’000 visualizzazioni in un mese. Ne abbiamo prodotti 11 in 10 mesi, e ad ogni video le visualizzazioni crescevano, raddoppiavano. Il giorno dopo la pubblicazione di Panette sono stato contattato da varie etichette, stava succedendo qualcosa. È stata una strada lunga.

Sei stato tenace, cosa ti ha motivato?
Sentivo che tra il rap italiano e quello estero c’era un enorme dislivello e mi chiedevo come fosse possibile che nessuno lo colmasse. Io ho sempre cercato di fare pezzi per colmare quel vuoto con beat, sporche e ritornelli.

Sono poche le donne sia nel rap e nella musica trap...
Meno male. In America sono molto più avanti, ci sono donne e fanno bene trap, perché non hanno problemi nell’esprimersi senza pudore. Cardi B o Nicki Minaj sul beat dicono cose molto esplicite. In Italia, e capisco perché le ragazze non lo vogliano fare, l’opinione pubblica le mangerebbe. Finirebbero col doversi continuamente difendere per i loro atteggiamenti, spiegare perché hanno cantato certe cose o girato un video troppo spinto. Se invece una cantante si mostra mezza nuda, ma fa le canzoni «come si deve», allora tutto a posto... c’è ancora ipocrisia, di conseguenza finché non ci sarà coerenza, la vedo difficile.

Come funziona il processo di produzione?
Io spesso scrivo senza base, mentre sono in giro. Ormai nella mia testa so come combinare le parole in modo che possano essere adattate a qualsiasi base modificandone il flow.
Altre volte Charlie mi propone un beat e lavoro su quello, oppure ho io la melodia e Charlie estrae il beat.

Ma vi aspettavate questo boom?
Io e Charlie abbiamo idee molto chiare che difficilmente si allontanano dalla realtà. Avevamo scritto su un foglio quando ci aspettavamo il primo oro, quando il primo platino e quando il doppio platino. Sapevamo senza saperlo che sarebbe stato una bomba! Però pensavo avremmo spaccato nella norma, che ci avremmo impiegato 5-6 mesi, invece abbiamo esagerato!

Un fenomeno in Italia, ma anche in Francia, vi aspettavate anche questo?
Il featuring con SCH in Francia è disco d’oro, come pure il remix di Ice Cream. Avevamo già fatto un tour europeo, eravamo sconosciuti, ma con quei due o tre puntini che il pubblico più attento aveva notato... e mi riferisco agli appassionati, ma anche a blog e testate giornalistiche.

Il rap a Marsiglia è sempre stato piuttosto avanti...
In Francia in generale sono stati sempre un passo avanti a noi, fino a... Sfera Ebbasta! Ci sono comunque tanti trapper e rapper forti, ma il sound è rimasto un po’ bloccato tra Booba e il flow alla Kaaris. Forse solo in Inghilterra hanno ancora la chiave giusta, hanno una lingua bellissima.
In Italia si sente che il genere è nuovo, e non ci sono solo io, siamo tanti con tante varietà, con diversi mood, è figo!

Con chi vorresti collaborare?
Mi piacerebbe collaborare con tanti artisti stranieri. In Italia, ho collaborato con tutti quelli con cui volevo farlo, manca solo Rkomi, lui è davvero bravo.

Vivi solo nel presente o hai già in programma qualcosa per il futuro?
Per ora vogliamo portare questo disco il più lontano possibile, è appena uscito, ogni giorno si presentano nuove possibilità.