Sulle tracce di Alien

Fantascienza, horror, e infine thriller
/ 03.04.2017
di Fabio Fumagalli

** Life – Non oltrepassare il limite, di Daniel Espinosa, con Jake Gyllenhaal, Rebecca Ferguson, Ryan Reynolds, Hiroyuki Sanada, (Stati Uniti 2017)

Parte bene, Life – Non oltrepassare il limite. Con uno spaccato, immobile e prolungato di quella che un tempo era sufficiente definire la volta celeste. Al cospetto, da sempre affascinante, dei milioni di stelle e galassie apparentemente immobili, ma fra le quali appare, improvvisamente e a malapena, un minuscolo punto luminoso in movimento. Si tratta di una Stazione Spaziale Orbitante, con a bordo un equipaggio internazionale in procinto di compiere la scoperta più attesa da anni, la prova dell’esistenza della vita su Marte.

Parte bene, insomma, il film: anche perché, da quel momento in poi, il regista (Daniel Espinosa, cileno d’origine, nato in Svezia, al suo sesto lungometraggio, ma con Hollywood che sembra essersi accorta di lui) s’impone di non più abbandonare gli interni dell’immensa astronave. Accompagnando per mano lo spettatore – con eleganza e profusione di mezzi tecnici – in un minuzioso esame dei suoi anfratti più reconditi, gli permetterà di scoprirne il futurismo tecnologico e soprattutto di fargli assaporare la vertigine dovuta all’assenza di gravità. Saranno questi i primi segnali di una dilagante inquietudine dovuta, ma solo in parte, a uno spazio materialmente e psicologicamente claustrofobico.

A mutare quel vago malessere in più tangibile angoscia ci penserà la natura, assai meno inoffensiva del previsto, dei reperti prelevati su Marte, appartenenti a una sorta di mollusco che il biologo di bordo riporterà in vita... A quel punto ecco il mostro dalla crescita e l’aggressività inarrestabili.

Lo spettatore è riportato a questo punto alla più celebre delle invasioni spaziali, quella dell’Alien (1978) di Ridley Scott. Sarebbe infatti ingiusto risalire fino a 2001: Odissea nello spazio di Kubrick o alla fantascienza più recente di Interstellar (2014) in cui Nolan riflette su certi interrogativi scientifici attuali. Espinosa non è Kubrick, né Nolan, ma è per altri motivi che un film apparentemente nato sotto una buona stella finisce «soltanto» in una onorevole deriva. Più che fantascienza, quella di Life voleva essere soltanto fantahorror? Nulla di più probabile, soprattutto quando, da un riferimento più che legittimo ad Alien, da un’elegante attenzione formale che si riaggancia encomiabilmente a quella del Gravity di Alfonso Cuaron, il film prende la strada più spiccia. Che, a quel punto, diventa quella a rischio quasi inevitabile di approssimazione, del thriller. Della «ce la faranno i nostri Eroi a tornare sulla terra?» Un interrogativo al quale non intendiamo rispondere.