Dove e quando
Milano, Teatro Elfo Puccini, fino al 14 novembre. Lugano, LAC, 3-4 dicembre. luganolac.ch


Spunta il giorno, Parigi è salva

Dialogo notturno tra un diplomatico e un generale
/ 01.11.2021
di Giovanni Fattorini

25 agosto 1944, poco prima dell’alba. In un salotto (trasformato in stanza da lavoro) del lussuoso Hôtel Meurice, il generale Dietrich von Choltitz, governatore generale di Parigi, si accinge a rendere operativo un ordine impartito da Hitler: radere al suolo la città. Attraverso una porta-finestra, che dà su un balcone affacciato sulle Tuileries, giungono i rumori delle raffiche di mitra e dei colpi d’arma da fuoco sparati dai resistenti parigini e dai soldati nazisti. Mentre le truppe alleate sono quasi alle porte della capitale, i rinforzi tedeschi sono bloccati a 120 km di distanza, e von Choltitz dispone di soli duemila uomini.

Dopo aver congedato il suo attendente (al quale ha affidato una lettera da consegnare alla moglie che si trova a Baden-Baden), e dopo che il capitano Werner Ebernach, ufficiale del genio, gli ha illustrato il piano per ridurre in macerie la città, von Choltitz rimane solo. All’improvviso, la luce elettrica balugina, si spegne per un attimo, si riaccende. Nella stanza è comparso un uomo. Si chiama Raoul Nordling: è il console generale di Svezia a Parigi. Ha raggiunto la stanza salendo la scala segreta di cui Napoleone III si serviva per incontrare la sua amante, Miss Howard, nome d’arte di Elisabeth Aryet.

Agente di uno stato neutrale, Nordling è latore di una lettera-ultimatum del generale Leclerc, che von Coltitz straccia senza nemmeno aprirla. Con questo gesto, che sembra escludere drasticamente ogni possibilità di dialogo, ha invece inizio un confronto la cui tensione drammatica è legata di volta in volta al contenuto e al tono delle argomentazioni, allo sviluppo degli avvenimenti esterni, all’emergere di informazioni riguardanti la vita e la personalità dei due interlocutori.

Nordling (che è nato e vive da sempre a Parigi) è animato dal proposito di salvare la città che ama e i suoi abitanti. A tal fine, invita il governatore a valutare ciò di cui è sicuramente consapevole: la bellezza e il fascino davvero unici della città, l’altissimo numero di civili che morirebbero senza colpa, il fatto che la guerra, per la Germania, è ormai manifestamente perduta, e che lui, von Choltitz, dispone di un numero troppo piccolo di soldati, quasi tutti giovanissimi. Il generale respinge queste argomentazioni. Dice di essere un ufficiale, e il discendente di una famiglia di tradizioni militari: è quindi suo dovere rispettare scrupolosamente gli ordini ricevuti.

Quanto alla prossima strage di civili, invita Nordling a ricordare le tonnellate di bombe al fosforo che gli alleati hanno sganciato su Amburgo e Berlino. Rivela infine di essere sotto il ricatto di una legge recentemente firmata da Hitler, la Sippenhaft, in forza della quale i famigliari degli ufficiali che si rifiutano di eseguire gli ordini ricevuti vengono messi a morte. Nord-ling lo assicura di essere in grado di far arrivare la sua famiglia sana e salva in Svizzera. Allo spuntare del giorno, von Choltitz cancella l’operazione e firma il documento di resa.

Diplomazia (Diplomacie) è un lungo atto unico di Cyril Gely rappresentato per la prima volta a Parigi nel 2011. Nel 2014, Volker Schlöndorff ne ha diretto una trasposizione cinematografica interpretata da Niels Arestrup e André Dussolier, gli stessi che avevano ricoperto i ruoli di von Choltitz e Nordling nella messinscena parigina. Il film (sceneggiato da Gely e Schlöndorff) è ambientato all’interno e all’esterno del Meurice; l’opera teatrale si svolge invece per intero nel salotto della suite occupata dal governatore. Lo spettacolo firmato da Elio De Capitani e Francesco Frongia mette efficacemente in risalto l’unità di luogo, tempo e azione. Il ritmo varia, ma la tensione drammatica non viene mai meno.

Col procedere del dialogo, lo sviluppo degli avvenimenti esterni, e il disvelarsi della dimensione privata, la bruschezza autoritaria e sprezzante di von Choltitz (Elio De Capitani) lascia progressivamente il campo alla stanchezza, al lucido disincanto, all’amarezza, all’alternarsi di fiducia e diffidenza, di timore e speranza. All’inizio, il console svedese interpretato da Ferdinando Bruni ha intonazioni ironiche e un po’ arroganti che sembrano inadatte all’impegno gravoso che si è assunto. Ben presto però sa essere diplomaticamente severo, suasivo, pungente, appassionato. Peccato che non di rado disattenda una regola del bon ton, rivolgendosi a von Chotlitz con le mani affondate nelle tasche dei pantaloni: un atteggiamento da cui il console cinematografico si astiene rigorosamente.