Sguardi al femminile

Libri – Fotografie d’epoca dell’Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla scelte e interpretate da 45 donne: ne abbiamo incontrate tre
/ 14.12.2020
di Valentina Grignoli

Cosa accade quando uno sguardo femminile si poggia su di un’immagine seppia che racconta scene d’altri tempi, soffermandosi sulle donne che l’hanno preceduto? Si aprono mondi, storie di un passato sospeso, ricordi, emozioni. Si immaginano destini diversi, forse più lievi, a volte anche vestiti di romantica tragedia, immersi come sono nell’affascinante alone che avvolge la fotografia d’epoca. Questo però è il primo sguardo.

Se ci si ferma quell’attimo in più, andando oltre la fotografia, sorgono spontanee alcune considerazioni, il confronto è inevitabile e sì, a volte ci si accorge che quel passato non è poi così lontano e diverso dal nostro presente. Può il mondo di ieri raccontare e motivare battaglie e rivendicazioni e aprire gli occhi sul presente? Certamente, e lo dimostra il bel volume curato dall’Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla, Uno sguardo al femminile, nel quale 45 donne conosciute o meno alle nostre latitudini sono state invitate dall’Associazione dell’archivio a leggere e poi scrivere una selezione di altrettante immagini della Collezione. Ne è scaturita un’opera corale che canta un passato intersecando ricordi personali che si fanno universali, parole in prosa o poesia, tra il racconto e il resoconto. Ma non si ferma qui, lo sguardo è anche attenta e polifonica riflessione riguardo la condizione della donna che cambia – o no? – nel tempo.

Il libro si compone di 45 fotografie d’epoca che ritraggono donne e uomini, bambine e bambini, in Capriasca o emigrati, al lavoro o in posa. Tra quelli scelti per questo articolo vi sono i racconti di donne al lavatoio (Sarah Rusconi – portavoce di Amnesty International Svizzera) o tra i fili del bucato (Pepita Vera Conforti – esperta nella formazione di adulti), donne assenti dalla scena di festa (Aldina Crespi – giornalista e consulente in comunicazione) e forti portatrici boschive (Anna Felder – scrittrice). Con queste autrici ho cercato di andare oltre il racconto.

Come scegliere una fotografia, tra le tante proposte?
«Cercavo un legame con le riflessioni teoriche e politiche di questo periodo sul ruolo delle donne, in particolare sul lavoro non pagato, che le donne donano gratuitamente da sempre a tutta la società», racconta Pepita Vera Conforti. La sua riflessione viene completata da Aldina Crespi: «Mi sono concentrata su quelle che – per qualche ragione – si agganciavano anche alla mia storia. Situazioni, oggetti, qualsiasi elemento che rimandasse a qualcosa di conosciuto. E in effetti quella che ho scelto racconta un vissuto famigliare, anche se per me lontano nel tempo e nello spazio (Argentina, 1900)». Un vissuto personale parla anche alla scrittrice Anna Felder: «mi sono soffermata su quelle, non poche, che raccontano una storia, un’esperienza, un’emozione anche mia, vissuta nella mia lontana infanzia, sùbito ravvicinata: le vacanze a Roveredo Capriasca».

È stata una scelta non facile, per le autrici, come afferma Sarah Rusconi, che ricorda: «Era il mese di aprile scorso, in pieno lockdown, il periodo ha influito. Sono per professione molto attenta ai diritti umani, ma non volevo un appiglio scontato. Al contempo non volevo concentrarmi sulle tematiche più dure che trattiamo ad Amnesty, volevo qualcosa di più leggero. In quei giorni ero molto sensibile alla questione del lavoro domestico e quindi la mia attenzione è caduta sulle donne al lavatoio: il bucato rimane prerogativa femminile, ancora oggi».

Ogni fotografia colpisce chi la guarda per un particolare nascosto, uno sguardo, un’emozione, un’assenza, raccontando qualcosa di diverso: «La donna sul sentiero al margine del bosco, con il rastrello in mano e il suo sproporzionato carico di foglie sopra la testa – come trasportasse il bosco intero – ha risvegliato in me la fortissima impressione, quasi lo spavento provato da bambina incontrando sui monti di Roveredo quella silenziosa enormità di bosco in marcia, stipato a dismisura nella gerla, che all’ultimo momento, incrociandomi, mi diceva “ciao” con una voce che non riconoscevo. Allora, bambina, non conoscevo Shakespeare, non sapevo che una visione simile di un bosco in marcia, in tutt’altro contesto appare nel Macbeth: “Mi è parso che il bosco incominciasse a camminare”...» racconta Anna Felder. È lo sguardo, poi, che attira l’attenzione di Pepita Vera Conforti, «quello di due donne già altrove a lavoro finito, come se il gesto di stendere i panni fosse solo uno dei tanti della giornata». In un contesto di emigrazione, Aldina Crespi cerca, senza trovarle, delle figure femminili in una situazione «dove certamente le donne non potevano mancare. L’asado, un momento famigliare, che segue un lavoro collettivo, nella campagna Argentina. Mi ha raccontato una storia a metà, monca, come se dalla fotografia fosse stato staccato un pezzo che però, da qualche parte, c’è. Eccome se c’è».

Cosa lega queste fotografie con il tempo presente? La condizione della donna è cambiata?
Sempre per Aldina Crespi: «È stata scattata a inizio Novecento in un altro continente, senza donne. Vogliamo accostarlo a una fotografia del Consiglio di Stato ticinese del 2020?». Per Pepita Vera Conforti molte cose sono cambiate «soprattutto dal profilo legislativo e dalla possibilità di azione delle donne. Si può immaginare anche solo 50 anni fa un’operazione editoriale come questo libro? Anche se oggi siamo consapevoli che i comportamenti, le parole, le immagini nelle quali siamo avvolti tutti tradiscono ancora gli stereotipi che riproducono discriminazioni di genere».

Un cambiamento, per Anna Felder, anche dal punto di vista del progresso: «Oggi, per quanto possibile, la schiena della donna è meno a rischio. Gli attuali sofisticati apparecchi di aspirazione e soffiatura del fogliame, accanto a tosaerba e motoseghe, vogliono supplire clamorosamente alle troppe fatiche di falci e rastrelli, di braccia e fiati umani, femminili soprattutto. A scapito, magari, del sacrosanto silenzio, dei suoni e delle voci naturali». Nella stessa direzione Sarah Rusconi, che, pur sottolineando la liberazione delle donne da una grande fatica – il lavoro al lavatoio – sul libro scrive: «Oggi “i panni sporchi si lavano in famiglia”, tutti. La lavatrice trattiene il bucato tra le mura domestiche, richiudendo l’intimità delle famiglie nelle case e limitando anche le occasioni di una socialità tutta al femminile».

E una foto antica oggi, come ci parla?
È una tempesta di immagini quella nella quale secondo Aldina Crespi ci troviamo: «Ci piovono addosso con tale frequenza che ormai non ci rendiamo più conto di quello che raccontano. Non ci pensiamo quasi mai. Lasciamo che scivolino via in un flusso continuo, che seguiamo distratti. Una “vecchia” fotografia invece ci chiede attenzione, tempo, ci ferma e ci regala valore». Per Anna Felder poi «nell’immagine sfocata leggiamo la patina del tempo: la fotografia è datata, ferma in quel momento di quell’anno; eppure eterna nel suo racconto».

Informazioni
Uno sguardo al femminile a cura dell’Archivio audiovisivo di Capriasca e Val Colla, 2020. Per ordinarlo scrivere a info(at)acvc.ch o chiamare allo 091 943 26 59 (Lu e Ma). www.acvc.ch