Nel lontano 1933, lo scrittore e avventuriero T.E. Lawrence ebbe a rimarcare in tono esasperato quanto poco bastasse a farsi una buona, come una cattiva, reputazione – e come entrambe fossero, infine, assolutamente inutili. Una riflessione che sembra calzare a pennello per una figura controversa come quella del fenomenale scultore svizzero Ernest Durig, il quale, proprio in quegli anni, fu protagonista di una parabola umana e artistica destinata a causare grande perplessità anche in epoca moderna.
Si può dire che, a tutt’oggi, siano davvero poche le certezze riguardo alla misteriosa figura di Ernest Durig
Nato a Zurigo nel 1894, Durig era, ironicamente, figlio di un poliziotto; ma l’irrequietezza tipica dell’artista lo tormentava fin dall’infanzia, tanto che, appena diciottenne, giunse in autostop a Parigi, dove diede per la prima volta prova di quell’impavida testardaggine che gli avrebbe permesso di farsi strada nel mondo dell’arte: riuscì infatti ad attirare l’attenzione di un mito come Auguste Rodin, al quale divenne totalmente devoto, al punto da seguirlo in un viaggio a Roma nel 1915. Così, dopo una parentesi come guardia svizzera in Vaticano, Ernest si fermò per qualche tempo in Italia, a Firenze, dove avrebbe vissuto avventure rocambolesche, ritrovandosi perfino internato in manicomio a causa della propria evidente eccentricità.
Ma fu allora che giunse la vera svolta nella vita del nostro aspirante scultore: infatti, nulla poteva ormai fermare le ambizioni di Durig, il quale, da quel momento in poi, decise di investire tutto sul dettaglio più saliente del proprio curriculum, ovvero lo status di «ultimo allievo di Auguste Rodin» – a riprova del quale poteva offrire una fotografia scattata a Roma, che lo ritraeva accanto all’anziano Maestro. Negli ultimi anni, in molti hanno messo in dubbio la veridicità delle asserzioni di Durig, insinuando ch’egli fosse nulla più che una conoscenza casuale di Rodin; a tutt’oggi, è solo uno dei tanti enigmi che circondano la figura sfuggente dell’artista zurighese.
Quel che è certo è che da quel momento, le porte del bel mondo si aprirono davanti a Durig, la cui intraprendenza avrebbe spesso condotto a disavventure quasi comiche – come quella volta che, durante il periodo trascorso a Berna, poco dopo il matrimonio con una facoltosa poetessa presentatagli da Rainer Maria Rilke, egli decise di farsi pubblicità posizionando abusivamente alcune monumentali sculture lungo un ponte cittadino, solo per vederle gettare nel fiume dalla polizia appena poche ore dopo.
E se il mancato riconoscimento delle sue qualità da parte del mondo rimaneva un problema reale per l’ancora misconosciuto scultore svizzero, fu proprio la frustrazione per lo scarso riscontro economico a suscitare in Durig la grande intuizione destinata a rivelarsi una delle migliori truffe artistiche di sempre. Nel 1934, Ernest decise infatti di fornire al pubblico una prova tangibile del proprio legame con Rodin: una serie di disegni di cui, a suo dire, il Maestro gli aveva fatto dono come pegno di amicizia, e che avrebbe esposto in diverse mostre negli Stati Uniti. Il fatto che all’epoca si conoscesse ancora poco dello stile grafico di Rodin fece sì che talune incertezze nel tratto apparissero frutto dell’estro dello scultore francese; e del resto, fu solo dopo la morte di Durig che, con il ritrovamento tra i suoi effetti personali di circa 150 disegni a firma di Rodin, la reale portata della sua opera di falsario venne infine alla luce.
Proprio da tale scoperta nasce il dilemma del trattamento oggi riservato dall’opinione pubblica a Ernest – il quale, dopo il successo delle mostre da lui promosse, era riuscito a imporsi come scultore di discreta fama, in grado di vantare meriti artistici grazie al proprio lavoro personale. Di fatto, vi fu un tempo in cui lo stesso uomo che oggi viene ricordato soltanto come abile falsario era invece oggetto di entusiastici articoli sulla stampa statunitense: nel 1928 Durig aveva infatti deciso di lasciare la natìa Europa per l’America, stabilendosi a Washington D.C. Negli States, Ernest avrebbe tenuto mostre personali di tutto rispetto, e suscitato una certa ammirazione da parte dei contemporanei, come avvenne con l’imponente monumento alla Pace da lui eretto nella cittadina di Greenwood (Wisconsin) nel ’37; e quando, nel ’39, si recò con la famiglia nel New Hampshire in vista di un’importante mostra a Boston, la gente di Portsmouth fu così orgogliosa della sua visita da mettergli a disposizione uno studio privato in città. Furono quelli gli anni in cui Ernest ottenne le commissioni più importanti, anche grazie alla sua insistenza nel rincorrere le maggiori personalità di allora affinché posassero per lui: tra le sue opere più note si ricordano il busto di Mussolini e quelli dei presidenti americani Hoover e Truman, quest’ultimo provvisto di occhiali rimovibili.
Purtroppo, dopo le morti premature della moglie e dell’amata figlia adottiva Rosemarie, Ernest ebbe un crollo emotivo, e nel 1962 si spense in solitudine e povertà; ma la sua fama sembrò rimanere salda – almeno fino al ’65, quando un famigerato articolo apparso sul settimanale «Life» lo condannò come «truffatore». Certo, forse è vero che, in quanto privo di reali guizzi stilistici o immaginifici, il lavoro di Durig è appena dignitoso, seppur tecnicamente ineccepibile; e benché l’autore si possa oggi definire come vanaglorioso, è difficile non provare una certa simpatia per il disperato bisogno di plauso e riconoscimento che lo animava, e che, infine, gli ha permesso di concludere la sua vita da artista rispettato – proprio come aveva, in fondo, sempre sognato.
Si può dire che, a tutt’oggi, siano davvero poche le certezze riguardo alla misteriosa figura di Ernest Durig: eppure, qualunque sia stata la natura dei suoi rapporti con Rodin, una sola cosa appare innegabile – ovvero, il fatto che egli aveva realmente appreso molto dal suo supposto mentore; e che, ironicamente, sono stati proprio tali insegnamenti a permettergli di rimanere nella storia come uno dei migliori, nonché più celebri, falsari d’arte di sempre.