Scommettere al femminile

A Roma va affermandosi un festival letterario in cui le donne sfidano la realtà
/ 24.09.2018
di Laura Marzi

Il festival di scrittrici a Roma inQuiete si svolgerà dal 4 al 7 ottobre, nell’isola pedonale del Pigneto. inQuiete è un progetto della Libreria delle donne Tuba e dell’Associazione MIA, che nasce dal desiderio di dare spazio e visibilità alla scrittura delle donne, che nonostante i grandi passi avanti continuano a essere meno lette, perché in generale è rimasto vivo il luogo comune, almeno in Italia, che quella femminile sia una produzione minore.

Le organizzatrici del festival hanno voluto dare una risposta proprio a questi pregiudizi. Le abbiamo incontrate, hanno fra i 33 e i 43 anni, sono: Barbara Leda Kenny, socia della libreria delle donne Tuba e caporedattrice di ingenere.it, Viola Lo Moro, socia della libreria delle donne Tuba, attivista lesbo femminista, Francesca Mancini, che ha lavorato molti anni nell’editoria e attualmente si occupa di pubbliche relazioni ed eventi per ActionAid Italia, Barbara Piccolo, socia della libreria delle donne Tuba e libraia e Maddalena Vianello, professionista della progettazione e organizzazione culturale che attualmente lavora all’Assessorato alle Pari Opportunità della Regione Lazio.

Cosa significa organizzare un evento culturale così strutturato, non essendo all’interno di una istituzione? 
Il fatto che inQuiete, festival di scrittrici a Roma (www.inquietefestival.it) sia un festival indipendente ci concede una grandissima libertà, che ha un prezzo molto alto da pagare. Ogni anno tratteniamo il respiro fino all’ultimo giorno perché non sappiamo se saremo in grado di sostenere tutte le spese con il crowdfunding che finanzia inQuiete. Una buona mediazione è però possibile e noi l’abbiamo trovata nel rapporto con Biblioteche di Roma e il suo presidente Paolo Fallai. Ha rischiato con noi fin dalla prima edizione, mettendo in chiaro che non sarebbe entrato nel merito della programmazione del festival e del nostro lavoro e ha mantenuto la parola senza mai lasciarci sole.

La passione quando si organizza un evento culturale è fondamentale, ma quando si tratta di un festival così grande, basta?
La passione per la letteratura delle donne e il femminismo sono state le molle da cui il progetto è nato e poi cresciuto: può molto, ma l’impegno è grande. Non mancano notti insonni, riunioni fiume, fine settimana di lavoro intenso e qualche tensione. Tutte noi trascuriamo altri aspetti delle nostre vite soprattutto quando il festival si avvicina, ma evidentemente ne vale la pena.

Quanto è ancora importante l’associazionismo femminile in Italia?
Fare rete con le altre donne è fondamentale. Per noi non avrebbe potuto essere altrimenti. inQuiete si regge sulla generosità della comunità di cui fa parte. Non mi riferisco solo alle donazioni in denaro per noi essenziali. Siamo circondate da donne e uomini che si mettono a disposizione in tantissimi modi. Il tempo è forse la cosa più preziosa che ciascuno di noi ha e inQuiete vive in gran parte grazie al tempo donato. inQuiete è un progetto politico e a Roma è connesso a molte realtà con cui condividiamo una visione di città dove la cultura e la politica delle donne possano ridisegnare nuovi confini e dal basso riappropriarsi dello spazio pubblico. Non sono solo parole.

Quest’anno abbiamo scelto di posizionare il secondo palco del festival dove di solito staziona la camionetta dell’esercito. Crediamo che la cultura possa garantire la fruizione di uno spazio urbano molto meglio dei mitra. E in questa visione non siamo certo sole. inQuiete ha fra i suoi partner la Casa Internazionale delle donne di Roma, la Casa delle donne Lucha y Siesta e l’Angelo Mai, tutti spazi oggi minacciati di sgombero da parte del Comune di Roma che noi consideriamo imprescindibili.

Quale è stata finora la più grande soddisfazione?
Forse qualche ora dopo l’inaugurazione della prima edizione di inQuiete, quando abbiamo dovuto correre ai ripari perché le sedie che avevamo affittato non bastavano a contenere nemmeno la metà delle persone arrivate. Anche in questo caso la nostra comunità ci è venuta in soccorso. Nel giro di qualche ora al Pigneto si sono materializzate sedie, panche e poltroncine. È un’immagine simbolica di come inQuiete funziona.

Il sistema di finanziamento col crowdfunding si è rivelato sufficiente a organizzare un festival di tale successo?
Il sistema del crowdfunding è la formula che fino a oggi ci ha permesso di andare avanti grazie alla generosità delle donazioni che ciascuno fa secondo le proprie possibilità. È una grande emozione vederlo crescere giorno dopo giorno. Naturalmente, è faticoso, perché non possiamo programmare con certezza.

Ogni anno è una scommessa. Sufficiente? No, non lo è. Il festival è del tutto gratuito, ha una programmazione molto densa e abbiamo moltissime spese. Siamo sempre con l’acqua alla gola. Cerchiamo degli sponsor sensibili che non vogliano imbrigliare la nostra libertà, ma che credano in questo progetto e desiderino sostenerlo. Fare cultura ed essere femministe vuol dire anche essere scomode. Se qualcuno ha voglia di scommettere su di noi, noi siamo pronte.