Bibliografia
Joanna Rakoff, Un anno con Salinger, Vicenza, Neri Pozza

La locandina del film


Salinger, dietro le quinte

Nel romanzo di Joanna Rakoff (ora anche film) il rapporto tra una grande agenzia letteraria di New York e il leggendario J.D. Salinger
/ 14.02.2022
di Blanche Greco

Per chi ha conosciuto e amato New York bighellonando per Manhattan pensando alle storie del cinema hollywoodiano degli anni 60, 70, con Barbra Streisand, Robert Redford, Jane Fonda e poi ancora dietro a Woody Allen tra crimini e oroscopi cinesi, leggere Un anno con Salinger di Joanna Rakoff, (Neri Pozza), è come tornare a casa.

Ma questa è solo una delle magie di questo libro in cui Joanna racconta il suo 1996 vissuto pericolosamente tra amori difficili, sogni da ragazza speciale con ambizioni da poetessa e un lavoro ottenuto per caso alla Harold Ober Associates, forse la più antica agenzia letteraria di Manhattan che aveva nel suo Olimpo, oltre a Fitzgerald, Dylan Thomas, Faulkner, Langston Hughes, anche il mitico J.D. Salinger, l’autore del Giovane Holden, «Jerry», come lo chiamava la sua capa, la ieratica Direttrice.

«Anni dopo, un editore conquistato da un mio articolo su quel periodo» – ci ha raccontato Joanna Rakoff giornalista e scrittrice dalla sua casa di Cambridge (USA) – «mi propose di farne un libro. Quella era stata un’epoca irripetibile: era poco prima che il trillo dei cellulari ci accompagnasse ovunque e che l’era digitale scompigliasse le abitudini di quella New York colta e un po’ snob che avevo conosciuto all’Agenzia. Per me, cresciuta fuori dal centro come Woody Allen, Manhattan era un luogo incantato con i suoi grattacieli e i portieri in livrea, 5th Avenue, Lexington Avenue, Park Avenue... passavo tra i negozi eleganti e ogni tanto mi fingevo una di quelle clienti danarose che incontravo, allora pasteggiavo al Pub del Waldorf Astoria, o negli alimentari imparentati con Tiffany, con costose prelibatezze microscopiche.

Ma c’erano anche cose di quel periodo che volevo dimenticare, come il ragazzo col quale stavo, orribile, come alcune delle scelte che feci all’epoca e che ancora mi rimproveravo. Poi ho cominciato a scrivere e ho ritrovato lo spirito della ventenne che ero stata: luminosa, ingenua, curiosa, testarda e senza un soldo, una piccola “apprendista” che si scontrava con la vita, fuori e dentro all’Agenzia dove imperversavano le leggi del mio capo e gli umori di Salinger».

Joanna era Assistente della Direttrice, il suo regno contava un dittafono a pedale, una macchina da scrivere elettrica e una pila di centinaia di lettere settimanali inviate dai lettori a Salinger che da anni rifiutava qualsiasi contatto con l’esterno, lasciandone a Joanna la lettura e una risposta standard di ringraziamento e di rifiuto a ulteriori contatti. Ma tra queste c’erano lettere struggenti e per le quali a volte c’erano risposte firmate Joanna, inviate con il terrore di venire licenziata, o peggio ancora, odiata. E poi c’erano le telefonate di Jerry, amato e temuto fantasma, che scatenavano il panico nell’atmosfera felpata dell’Agenzia tutta librerie, poltrone in pelle, moquette e luci soffuse, e dove la volgarità dei neon e dei primi computer era bandita nel nome di abitudini e riti immutabili.

«Era un lavoro prestigioso e che adoravo, ma a parte l’abbigliamento da “ragazza perbene” che sfoggiavo grazie al vecchio guardaroba di mamma, avevo orari da incubo e un salario da sopravvivenza. Perché a New York quello era uno dei lavori appannaggio delle ragazze di famiglia ricca e dell’ambiente. Ma per me fu un anno di acrobazie finanziarie e alimentari».

Le feste, le delusioni amorose, le amiche che rinunciano ai sogni letterari newyorkesi per il matrimonio, o per impieghi più remunerativi in provincia; lo stringente codice del politically correct; gli incontri ravvicinati con il mondo dell’editoria e con quello degli scrittori; segreti, simpatie e disincanto, Un anno con Salinger racconta la società newyorchese dell’epoca all’interno di un romanzo di formazione: «Salinger era la fama e il mistero personificati, i suoi rapporti col mondo li teneva l’Agenzia, di conseguenza il mio capo e quindi io con molti batticuori e missioni quasi da agente segreto; in compenso lui era molto gentile, s’interessava a me e ai miei sforzi poetici, cosa insolita tra i clienti dell’Agenzia.

Fu allora che lessi i suoi romanzi per la prima volta, mi commossi e capii meglio gli stuoli di lettori che gli scrivevano, anche se poi per anni mi sono identificata con il pessimismo di Franny (Franny e Zooey), e scoprii che quello era uno dei «magoni» che condividevo con mio padre. Pochi anni fa invece, rileggendo le opere di Salinger ho capito le mie scelte di allora e ho smesso di giudicarle».

Niente più rimpianti, né rimorsi per Joanna Rakoff che ha collaborato anche alla trasposizione cinematografica di Un anno con Salinger con il regista Philippe Falardeau, una commedia newyorkese dove è impersonata dalla bella Margaret Qualley e la Capa ha i modi alteri di Sigourney Weaver. «Il mondo che racconto, oggi non c’è più», conclude Joanna, «nel giro di un anno il computer e le mail cancellarono lettere, macchine da scrivere e molti rapporti umani, ma crearono nuovi posti di lavoro meglio remunerati nei media, scardinando parte dei privilegi di classe newyorkesi. Per l’Agenzia fu un terremoto, per me l’inizio di una nuova vita».