Proviene da una citazione di Mario Rigoni Stern il titolo dell’ultimo romanzo a fumetti di Teresa Radice e Stefano Turconi pubblicato dalla Bao Publishing: La terra, il cielo, i corvi. Ma questo non stupirà i lettori della coppia di autori. Scrittrice e sceneggiatrice lei, disegnatore e illustratore lui, entrambi nati a metà degli anni ’70 ed entrambi formatisi all’Accademia Disney, Radice e Turconi hanno sempre accompagnato le loro opere – di cui ricordiamo almeno lo stupendo Il porto proibito (Bao Publishing, 2015) – con rimandi letterari, consigli musicali o cinematografici, e più in generale suggerimenti artistici di ogni tipo. Un valore aggiunto che non solo permette di esplorare nuovi territori, ma prolunga la loro stessa opera in altre opere, dimostrando una volta di più quanto sia vitale e necessario il dialogo fra le varie discipline artistiche.
Non fa eccezione quest’ultimo, affascinante romanzo, ambientato nella Russia del 1943, che narra la rocambolesca fuga di tre improbabili personaggi da una base militare sulle isole Solovetskij, nel Mar Bianco: un italiano, un tedesco e un russo (loro prigioniero). La storia sembra «l’inizio di una barzelletta», come si legge nelle prime pagine, «peccato che non fa ridere per niente». Il libro propone del resto già in entrata un audace flashforward che potrebbe ricordare Gabriel García Márquez e Cent’anni di solitudine: «Mi chiamo Attilio Limonta, classe 1919. Vengo da un paese sui monti del Lago di Como. E questa è la storia di come sono morto».
La terra, il cielo, i corvi diventa così un’esplorazione continua: dalla morte, la sofferenza e la guerra, presente in tutta la sua assurdità, al silenzio della neve e dei boschi; dalla calorosa umanità di alcuni incontri, alla difficoltà di comunicare e capirsi. E se a trascinare il lettore sono in un primo momento le splendide tavole acquarellate di Turconi, per sua stessa ammissione ispirate dall’olandese Rien Poortvliet (illustratore fra l’altro dell’indimenticabile libro Gnomi, scritto da Wil Huygen), a immergerlo definitivamente nell’avventura dei tre personaggi è una scelta autoriale felice e coraggiosa al tempo stesso: quella di mantenere le lingue d’appartenenza.
Nel testo, dunque, l’italiano di Attilio s’incrocia con il tedesco di Fuchs e il russo (traslitterato, così da suggerire un ulteriore universo di suoni) di Vanja. Certo, s’intuisce abbastanza presto che la distanza linguistica non è insormontabile, e che i protagonisti si capiscono più di quanto vogliano (far) credere, ma l’impasto linguistico continua come un mantra a colorare le pagine, ricordandoci che «la lezione di prossimità offerta dalle storie – così Teresa Radice e Stefano Turconi in un Messaggio ai lettori – ha valore salvifico, è esercizio di empatia: scoprirsi affini agli altri in quanto diversi, ritrovarsi guardando oltre sé».
Ritrovarsi guardando oltre sé
La nuova graphic novel del duo Radice/Turconi
/ 02.11.2020
di Yari Bernasconi
di Yari Bernasconi