Racconti in movimento

Sulla scia di un trend mondiale, anche nel nostro cantone si moltiplicano le manifestazioni legate alla danza
/ 05.12.2016
di Giorgio Thoeni

Come avvicinarsi alla danza contemporanea? A questa domanda ha voluto recentemente rispondere il danzatore, coreografo e performer Filippo Armati con un progetto di mediazione culturale declinato in palcoscenico e dal titolo esplicito: Personal Interpretation Of Dance. Uno spettacolo visto al suo debutto al Teatro Sociale di Bellinzona. Si è trattato di una sorta di rilettura «didattica» senza prosopopea scolastica e quantomeno originale, attraverso la quale Armati ha associato alcune chiavi di lettura del soggetto in questione mettendole in relazione all’esperienza personale: la sua e quella di alcuni altri interpreti di casa nostra. Approcci raccontati in prima persona, in cui gli artisti svelano la loro storia artistica, il loro attaccamento alla danza, il loro modo di associarla alla propria sensibilità culturale. Il tutto cucinato per un discorso che vuole far capire la dimensione artistica attraverso una sequenza di performance nelle quali al gesto danzato si accompagna un racconto in prima persona. Una formula semplice che si prefigge di creare un ponte dialettico per avvicinare la danza contemporanea a chi non ha familiarità, parlando nello stesso tempo a coloro che non sono totalmente digiuni.

Così, sulla scena nascono e si confrontano cinque storie. Quella dello stesso Armati, ironico «ballerino» con il compito di aprire la via ai professionisti ospiti. Da Elena Boillat che sceglie di raccontare il suo rapporto con lo spazio partendo da una linea tracciata sul palco, alla coreografa siberiana Maria Vlasova, con Armati all’origine del progetto. Dall’intensa performance nella parte centrale di Lorena Dozio, in simbiosi con le riflessioni di Pier Paolo Pasolini, Didi Huberman e Noé Soulier, allo storico corollario di Nunzia Tirelli con la sua ricerca sui codici di Laban, alla radice della danza contemporanea. Un confronto interessante e aperto che a Bellinzona si è concluso con una gioiosa uscita di scena collettiva sugli applausi in un ideale disimpegno sulle note della «dance» di Diana Ross.
Si replica il 23 dicembre al Teatro Foce di Lugano.

In viaggio con il Piccolo principe

Alzi la mano chi non ha letto o mai sentito nominare Il piccolo principe. L’opera letteraria pubblicata nel 1943 e tradotta in moltissime lingue, da allora ha nutrito la fantasia di tutte le generazioni successive grazie alla vicenda del suo piccolo protagonista. Una storia che è diventata metafora di amicizia, tolleranza e amore sia per grandi che per piccini e che Patrizia Barbuiani ha voluto riscrivere per la scena affiancando le avventure del piccolo principe a quelle del suo autore. Ne è nato Antoine de Saint Exupéry. Piccolo grande principe. Suddiviso in due parti, vede Patrizia Barbuiani nel ruolo di narratrice mentre un eclettico Markus Zohner e la giovane attrice e ballerina Yun Huang animano le scene, ora legate alla vita dell’aviatore ora ad alcuni episodi significativi del romanzo. È un incrocio fra teatro di movimento, pantomima, danza, narrazione e recitazione.

Un misto in cui la formula drammaturgica della Barbuiani risulta efficace e ben studiata, mentre i differenti piani d’ascolto, con i passaggi fra una scena e l’altra e i duetti del gigante Zohner con la minuta e agile Yun Huang si espongono a una resa teatrale a nostro avviso ancora perfettibile. La valenza didattica di questo lavoro è indubbiamente una risorsa che merita di essere ulteriormente sviluppata.